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Da dove arriva la ricetta originale del Tiramisù?

Tiramisù è la quinta parola della cucina italiana più conosciuta all’estero, la prima per i dolci.

Etimologia della parola Tiramisù: sollevami, rinforza il mio corpo → deriva del dialetto trevigiano “Tireme su”, italianizzato in Tiramisù negli ultimi decenni del secolo scorso.



  • La memoria storica della “Gioiosa Marca” ricorda che il Tiramisù nasce a Treviso nella seconda metà del 700/800

Una tradizione locale verbale ci ha tramandato che il nostro dolce sarebbe stato ideato da una geniale “maitresse” di una casa di piacere ubicata in centro storico a Treviso.

La “Siora” padrona del locale avrebbe ideato questo dolce afrodisiaco e corroborante per offrirlo ai suoi clienti alla fine delle serate allo scopo di rinvigorirli e risolvere i problemi connessi ai doveri coniugali al momento del loro rientro in famiglia.

Si narra che nel locale, quando gli uomini scendevano le scale un po’ provati, un’ avvenente maitresse preparava questo dolce e li ammoniva in codesto modo: “desso ve tiro su mi”. Da qui origine del nome.

E’ nato così il Tiremesù un “viagra naturaledell‘800, offerto ai clienti della maison del diletto.

In piazzetta Ancilotto in centro a Treviso un’antica locanda del tempo, l’attuale ristorante Le Beccherie, ha adottato questo dolce nel proprio menù per i clienti. Tiramisù dolce unico anche per l’iter delle sue origini: un “percorso inverso” dalle case alle locande, ai ristoranti, alle pasticcerie.

A supporto di questa storia leggendaria è la composizione degli ingredienti del Tiramisù, tutti nutrienti e ipercalorici: uova, zucchero, savoiardi, mascarpone, caffè e cacao. Anche la ricetta e la sua semplice preparazione avvalorano questa tesi, non bisogna essere un cuoco stellato per preparare questo dolce; chiunque è in grado di farlo e senza strumenti particolari.

Nel corso dei secoli, un velo di pruderie e di vergogna popolare ha nascosto la vera origine del Tiramisù. Difatti non viene ricordato nei libri fino alla caduta del conformismo legato al perbenismo storico avvenuto nella seconda metà del ‘900.

Testimonianza della presenza di questo dolce, nei secoli scorsi, sui tavoli imbanditi di casa nostra sono le nonne e bisnonne ultraottantenni. Queste signore ci raccontano che preparavano con arte e passione questo dessert per famiglia e amici, ben prima degli anni 1950. Prima della diffusione dell’elettricità e dei primi frigoriferi questo dessert, non a lunga conservazione, era consumato e conosciuto solo nella provincia di Treviso e zone limitrofe.

Alcuni aspetti peculiari tramandati a voce testimoniano in modo inconfondibile l’origine veneta e trevigiana del dolce. La ricetta deriverebbe dallo “sbatudin” un composto di tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero, utilizzato comunemente dalle famiglie contadine trevigiane come ricostituente o per i novelli sposi. A questo è stato poi aggiunto mascarpone, caffè e cacao che tutti i nostri familiari ricordano di aver gustato fin da bambini prima dell’ultima guerra mondiale.

Ancor oggi, secondo usi e costumi trevigiani, si porta in dono alle donne puerpere, ai bambini e alle persone in stato di debolezza i biscotti savoiardi. Biscotti di forma oblunga, soffici, leggeri e facilmente digeribili. Prima della produzione industriale dei biscotti savoiardi si preparava questo dessert con biscotti friabili, spugnosi fatti in casa e nelle famiglie più povere con focaccia o pane vecchio imbevuto di caffè.

Il Tiramisù dei giorni nostri è un’evoluzione della tradizione locale di Treviso, è un dolce anche per i bambini ecco perché la ricetta tradizionale non contiene liquore.

Lo scrittore trevigiano Giovanni Comisso ( 1895-1969 ) è stato il letterato e anche il testimone più informato sulla ricetta del Tiramisù. Il poeta Comisso ha scritto nelle sue memorie e raccontato agli amici più stretti che sua nonna discendente del Conte Odoardo Tiretta era una devota del Tiramisù, anzi del Tirame-sospiro-sù, come Lei chiamava questo dessert e spesso consumava abitualmente come cena invernale. Da questi ricordi storici si evince che codesto dolce e ricetta erano conosciuti a Treviso già nell’1800.

La storia ed evoluzione di questo dolce ci insegna a nobilitare i cibi poveri.

Come spesso accadde nelle Leggende si trovano diversi punti di Verità: il Tiramisù è nato a Treviso, in Italia.


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Che autorizzazioni sono necessarie per vendere torte fatte in casa?


Per vendere al pubblico devi avere una licenza per la vendita di alimenti. Una volta queste licenze erano difficili da ottenere, ora è più semplice, ma comunque vanno richieste (se non sbaglio in comune) e c'è della burocrazia da seguire.

Per produrre le torte invece devi avere un laboratorio a norma, quindi come minimo devi passare l'ispezione dell'ASL. Ci sono delle specifiche nome da rispettare. Inoltre devi preoccuparti del lato contabile, la vendita va tassata, ma quello dipende dal tipo di attività che avvii.

Non è come nei film, la produzione e la distribuzione di alimenti è un settore molto regolamentato. Non basta fare delle torte in cucina e poi mettere un banchetto per strada dove venderle.

 




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Parrozzo

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Il parrozzo (o panrozzo) è un tipico dolce pescarese, associato alle tradizioni gastronomiche del Natale (ma non solo). È molto diffuso soprattutto nella zona orientale dell'Abruzzo.
Ha ottenuto il riconoscimento di prodotto alimentare tradizionale della regione Abruzzo, nella tipologia "Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria, e della confetteria".

Origini
Il parrozzo fu ideato e preparato nel 1920 da Luigi D'Amico, titolare di un laboratorio di pasticceria a Pescara. D'Amico ebbe l'idea di fare un dolce dalle sembianze di un pane rustico anche detto pane rozzo (da cui è derivato il nome “Pan rozzo”), che era una pagnotta semisferica che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad essere conservata per molti giorni. D'Amico fu ispirato dalle forme e dai colori di questo pane e riprodusse il giallo del granoturco con quello delle uova, alle quali aggiunse la farina di mandorle; invece, lo scuro colore dato dalla bruciatura della crosta del pane cotto nel forno a legna fu sostituito con la copertura di cioccolato.
La prima persona alla quale Luigi D'Amico fece assaggiare il parrozzo fu Gabriele d'Annunzio, che, estasiato dal nuovo dolce, scrisse un madrigale “La Canzone del parrozzo”
È tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c'avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce… e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce…”. Gabriele D' Annunzio

Preparazione e ingredienti
Il “parrozzo” è fatto con semolino o, in alternativa, la farina gialla o farina bianca con fecola, zucchero, mandorle tritate, essenza di mandorla amara, buccia di arancia o buccia di limone ed è ricoperto di cioccolato fondente.
Il dolce è ottenuto impastando la farina gialla, con uova e mandorle tritate e la buccia di arancia o limone. Si versa l'impasto in uno stampo semisferico preferibilmente di alluminio e lo si cuoce nel forno. A cottura ultimata, quando il dolce è ormai freddo, lo si ricopre con il cioccolato fondente fuso.

Produzione industriale
Luigi d'Amico parrozzo Sas (Manoppello)
Attualmente il parrozzo è prodotto anche in forma industriale dalla azienda fondata dall'ideatore di questo dolce. Il confezionamento in atmosfera modificata permette, infatti, di conservare il prodotto per circa quattro mesi.
Tale società industriale è la Luigi d'Amico parrozzo Sas di Manoppello, provincia di Pescara, ma il dolce è diffuso anche a Pescara stessa. Botteghe varie di parrozzo sono diffuse nei borghi dell'area pescarese come Loreto Aprutino, Città Sant'Angelo e Penne. Anche in provincia dell'Aquila il parrozzo è in parte diffuso, particolare a Tagliacozzo.





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Pan di ramerino

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Il pan di ramerino è un panino, non troppo grande, morbido e dolce fatto con pasta di pane, uva sultanina (zibibbo) e rosmarino. All'impasto spesso viene aggiunto anche del latte e delle uova.
Di origine medievale, ha, nei suoi ingredienti, certamente avuto un'evoluzione. Si pensi allo zucchero per esempio. Legato tradizionalmente al periodo antecedente la Pasqua, in tempi non molto lontani, il Pan di ramerino lo si trovava in vendita nei forni fiorentini e del circondario solamente il giorno del Giovedì Santo, già benedetto dai parroci della zona. Oggi, il Pan di ramerino lo si può trovare in vendita anche in altri periodi dell'anno.
Il Pan di ramerino viene fatto lievitare per circa un'ora e poi fatto cuocere, fin tanto che l'olio con il quale è stato precedentemente spennelato (con il rametto di rosmarino fresco) non gli dà il tipico colore brunito e lucido in superficie.
All'aspetto si presenta come una piccola pagnottella circolare con un taglio a croce che serve per favorirne la lievitazione.

Curiosità
Il ramerino è il nome che si usa in Toscana per la pianta del rosmarino. Da questa pianta tipicamente mediterranea, che si trova in abbondanza sulle assolate colline fiorentine, nasce uno dei dolci tipici di Firenze e delle zone limitrofi.





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Arancini (dolce)

Arancini - dolce tipico marchigiano.JPG



Gli arancini sono un dolce di Carnevale tipico delle Marche ed in particolare di Ancona.


Preparazione

Sono preparati tradizionalmente nelle case private nel periodo di carnevale, ed è possibile acquistarli nelle panetterie e nelle pasticcerie.
Viene preparato facendo una sfoglia simile a quella usata per la pasta all'uovo, sulla quale si distribuisce succo e buccia di arancia grattugiata. Poi la sfoglia viene arrotolata e successivamente tagliata a fette, in modo da ottenere delle girelle. Le girelle vengono fritte e passate nel miele.
Tra i numerosi siti internet che riportano la ricetta di questo dolce si citano qui:
  • Ricetta degli arancini marchigiani con 700 g di farina
  • Ricetta degli arancini marchigiani con 600 g di farina.
Di questo dolce esiste una variante in cui la buccia d'arancia è sostituita da quella di limone. Recentemente si è diffusa l'usanza di cuocere gli arancini al forno, anziché friggerli.


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Pan meino

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Il pan meino, pan de mej in lombardo (letteralmente "pane di miglio"), è un dolce tipico lombardo, diffuso specialmente nelle province di Milano, Lecco e Como.
Si tratta di una focaccia aromatizzata ai fiori di sambuco.


Storia e descrizione

Vi sono due leggende circa la nascita di questo dolce: la prima narra che il pan meino fu inventato nella prima metà del XIV secolo dagli abitanti delle campagne milanesi per festeggiare la sconfitta dei briganti allora presenti per le campagne milanesi ad opera di Luchino Visconti. La seconda fa risalire l'invenzione del dolce a semplice accompagnamento alla tazze di panna tradizionalmente offerte alla popolazione dai lattai nel giorno di San Giorgio, loro protettore: il 23 aprile è quindi tradizionalmente preparato il pan meino.
La ricetta del dolce prevede farina gialla mischiata a farina bianca con uova, latte, panna, burro, zucchero e soprattutto fiori di sambuco che conferiscono il particolare aroma alla preparazione. Al tutto viene data una forma circolare schiacciata per passare quindi alla cottura.



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Pandolce

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Il pandolce genovese o semplicemente pandolce (in ligure pandöçe o pan döçe, nel sanremese pan du bambin), spesso detto anche panettone genovese, è un prodotto tipico soprattutto del Genovesato, ma anche del resto della Liguria.
È un dolce comune durante le festività natalizie: di forma circolare ne esistono due versioni "alto" e "basso", secondo la tradizione ne va tenuta da parte una fetta per i poveri e una per il giorno di San Biagio, il 3 febbraio. Storicamente la prima versione è stata la "alta", lievitata naturalmente e con tempi di preparazione molto lunghi, mentre solo alla fine del 1800 con l'introduzioni di lieviti chimici è nata la versione "bassa" molto più veloce da preparare.

Storia
Nel Regno Unito è chiamato Genoa Cake ("torta di Genova"). Un dolce simile viene prodotto nei paesi dell'Est Europeo e dalla Persia, si chiama paska bread. Secondo una leggenda fu il doge Andrea Doria della Repubblica di Genova, nel '500, a bandire un concorso tra i maestri pasticceri di Genova per un dolce rappresentativo della ricchezza di Genova, nutriente, a lunga conservazione e adatto ai lunghi viaggi per mare.
A Selkirk nel 1859, il panettiere scozzese Robbie Douglas, ha fatto un pandolce genovese e l'ha chiamato Selkirk Bannock. Si tratta di una spugnoso, varietà burrosa, di torta di frutta, a base di farina di grano e contenente una grande quantità di uva passa. Quando la regina Vittoria visitò Sir Walter Scott nipote di Abbotsford lei si dice che abbia preso il suo tè con una fetta di Selkirk Bannock. Oggi, Bannocks Selkirk sono popolari in tutta la Gran Bretagna, e può essere trovato alla maggior parte dei grandi supermercati.

Tradizione
La tradizione antica vorrebbe che andasse portato in tavola dal più giovane della casa, servito con nel mezzo un rametto di alloro, simbolo di fortuna e benessere. Appena portato dal giovane, egli dovrebbe consegnarlo al più anziano di casa per essere tagliato e distribuito. Inoltre, unna fetta va conservata per il primo povero che suona alla porta ed un’altra per il giorno di San Biagio (3 febbraio)

Ingredienti
  • farina
  • burro
  • anice
  • lievito
  • uva sultanina
  • zibibbo
  • zucca candita
  • cedro candito
  • pinoli
  • acqua di bergamotto
  • semi di finocchio
Talvolta nella ricetta viene aggiunto latte o vino Marsala o pistacchi.







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Pandoli di Schio

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I Pandoli di Schio sono dei biscotti tipici della provincia di Vicenza, in particolare dei comuni di Schio e Malo dalla forma simile a dei grossi e tozzi grissini. Vengono prodotti con ingredienti semplici quali farina, burro o strutto, uova e zucchero; sono lievitati e cotti in forno. Vanno consumati da soli oppure inzuppati nel vino o nella cioccolata.
Nella parlata locale "pandòlo", se riferito ad una persona, significa un individuo tonto, goffo, poco furbo. Questo modo di dire fa forse riferimento alla caratteristica dei pandoli di inzupparsi molto velocemente, fino a piegarsi su sé stessi prima di giungere alla bocca.


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Bejgli

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Il Bejgli o, talvolta, Beigli è un rotolo alle noci o ai semi di papavero. È un dolce tradizionale della cucina ungherese, di origine slesiana, consumato in Ungheria nelle feste natalizie e a Pasqua. Tradizionalmente ne esistono solo due versioni, con ripieno alle noci o ai semi di papavero, anche se le varianti sono comuni. La pasta è fatta con lievito, farina, tuorlo d'uovo e burro. Il ripieno ai semi di papavero contiene uva passa, rum, vaniglia e semi di papavero macinati; il ripieno alle noci contiene uva passa, rum, scorza di limone e noci tritate. La pasta viene stesa in un piatto spesso. Dopo aver spalmato il ripieno, la pasta viene arrotolata in un cilindro regolare, spennellata con il tuorlo d'uovo e cotta nel forno.


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Aprire una pasticceria è un business profittevole ?



Dipende che tipo di pasticceria hai un mente e in quale città e zona vuoi aprirla. Dipende dalla tua esperienza nel ruolo e se hai mai gestito o sai gestire una pasticceria. Dipende se hai bisogno di dipendenti e quali, se hai soci e in cosa danno valore aggiunto. Soprattutto, però, dipende dal mercato e da come hai intenzione di muoverti al suo interno. Le variabili da considerare sono così tante che diventa difficile darti una risposta di valore.

Diciamo che in pasticceria i margini sono mediamente abbastanza alti quindi, per quello che alla fine potresti mettere in tasca, potrebbe essere profittevole ma anche questo dipende. Mi spiace non averti potuto dare una risposta più soddisfacente ma ogni idea deve essere valutata singolarmente per avere un punto di vista almeno accettabile.

Il consiglio che posso darti è: approfondisci la tua idea. Prendi carta e penna, inizia a rispondere ai "dipende" che trovi in questa risposta e ampliali cercando di avere un punto di vista più specifico. Ti assicuro che soltanto facendo così potrai trovare già da solo una prima risposta soddisfacente. Poi, se vorrai fare le cose seriamente, ti consiglio di contattare un professionista.


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