Tra i vicoli di Siena, quando l’autunno si fa più corto e le ombre più lunghe, si diffonde un profumo speziato, caldo e antico. È quello del Pan co’ Santi, il “pane dei santi”, un dolce rustico che accompagna la festa di Ognissanti e il ricordo dei defunti. La sua fragranza mescola pepe, miele, vino e noci in un abbraccio che sa di case contadine, di forni a legna e di devozione familiare. Non è un semplice pane dolce: è una preghiera impastata a mano, una pagina di cultura toscana che unisce spiritualità, gusto e memoria.
Le origini del Pan co’ Santi risalgono almeno al Seicento, anche se alcune cronache locali suggeriscono che versioni simili circolassero già nel Medioevo, quando i fornai senesi preparavano pani arricchiti per le festività religiose. Il nome deriva proprio dai “santi” – noci e uvetta – ingredienti simbolici che rappresentano abbondanza e rinascita.
Nel calendario contadino, il periodo tra la fine di ottobre e i primi di novembre era tempo di bilanci e di riti: si ringraziavano i santi per la raccolta, si commemoravano i defunti e si accoglieva il freddo imminente con cibi energetici. Le famiglie preparavano il pane arricchito con frutta secca, un lusso rispetto al pane quotidiano, da condividere con amici e parenti.
Ogni famiglia custodiva una propria ricetta, tramandata di generazione in generazione. Le donne lo impastavano la vigilia di Ognissanti, spesso dopo aver benedetto gli ingredienti. Alcuni mettevano nell’impasto un pizzico di pepe “per scacciare gli spiriti maligni”, altri spennellavano la crosta con uovo e miele “per addolcire la memoria dei morti”.
Con il passare dei secoli, il Pan co’ Santi è divenuto emblema di Siena al pari del Panforte e dei Ricciarelli, ma mantiene un carattere più umile e domestico. È un dolce di casa, non di bottega, simbolo della convivialità e del rispetto per il tempo che passa.
Il Pan co’ Santi appartiene alla categoria dei pani dolci lievitati. Si distingue per il suo equilibrio tra dolcezza e speziatura: non è stucchevole, e la nota di pepe nero conferisce profondità e calore. L’impasto è compatto, profumato di vinsanto, con una crosta dorata e sottile che racchiude un cuore ricco di noci e uvetta.
Tradizionalmente, il dolce veniva cotto nei forni comuni dei rioni senesi, dove le famiglie si alternavano portando i propri impasti segnati con una croce o un simbolo per riconoscerli. La stessa croce, spesso incisa sul pane prima della cottura, aveva un significato propiziatorio: un gesto per affidare ai santi e ai propri cari defunti la protezione della casa e del raccolto.
Ingredienti per due pani da 700 g
500 g di farina di grano tenero tipo 0
15 g di lievito di birra fresco
250 ml di vinsanto (oppure metà vinsanto e metà acqua tiepida)
100 g di zucchero
70 g di miele di castagno
80 g di strutto (in alternativa, 60 g di olio extravergine d’oliva)
150 g di noci sgusciate
150 g di uvetta sultanina
1 cucchiaino raso di pepe nero macinato fresco
1 tuorlo d’uovo per spennellare
Un pizzico di sale
Preparazione passo dopo passo
1. La macerazione dei “santi”
Metti
l’uvetta a bagno nel vinsanto per almeno 30 minuti. Le noci,
invece, vanno spezzettate grossolanamente: non troppo fini, devono
rimanere percepibili all’assaggio. Questo passaggio è cruciale,
perché la frutta secca e il vino dolce saranno l’anima aromatica
del dolce.
2. L’impasto
In una ciotola grande, sciogli
il lievito di birra in metà del vinsanto tiepido (se la temperatura
ambiente è bassa, scalda leggermente). Aggiungi un cucchiaio di
zucchero e un po’ di farina, creando un preimpasto morbido. Copri
con un panno e lascia riposare per circa 20 minuti, fino a quando non
compariranno le prime bolle.
A parte, setaccia la restante farina e disponila a fontana su una spianatoia o in una planetaria. Versa al centro il preimpasto, il miele, lo strutto (o l’olio), il pepe e il resto dello zucchero. Inizia a impastare aggiungendo gradualmente il vinsanto rimasto fino a ottenere una massa liscia e omogenea. Unisci infine noci e uvetta ben strizzate, amalgamandole delicatamente.
3. La prima lievitazione
Forma una palla,
incidila con una croce e lasciala riposare in una ciotola unta
d’olio, coperta con pellicola, per circa due ore in un luogo
tiepido. L’impasto dovrà raddoppiare di volume.
4. La formatura
Dividi l’impasto in due
parti uguali. Dai a ciascuna la forma di una pagnotta rotonda o
leggermente ovale. Disponile su una teglia foderata con carta da
forno, coprile con un canovaccio e lascia lievitare ancora per
un’ora.
5. La doratura e la cottura
Spennella la
superficie con il tuorlo d’uovo sbattuto, quindi inforna a 180°C
(forno statico) per circa 35-40 minuti. La crosta dovrà essere
dorata e lucida, ma non troppo dura.
6. Il riposo
Il Pan co’ Santi
migliora con il tempo: lascialo riposare almeno 24 ore avvolto in un
panno pulito. Gli aromi si fonderanno, e la consistenza diventerà
più morbida e fragrante.
Alcuni pasticceri sostituiscono parte delle noci con nocciole o mandorle, oppure aggiungono fichi secchi tagliati a dadini per una versione più ricca. In alcune zone del Chianti, si utilizza vino rosso corposo al posto del vinsanto, conferendo al pane un tono più deciso e meno dolce.
Negli ultimi anni è nata anche una variante pasquale, chiamata “Pane santo pasquale”, che rilegge la ricetta tradizionale con l’aggiunta di scorze d’arancia candite e una glassa di mandorle. Ma il vero Pan co’ Santi resta quello autunnale, legato alle giornate corte, ai ricordi familiari e alle tavole imbandite per Ognissanti.
Tra tutti gli ingredienti, il pepe nero è quello che dà al Pan co’ Santi la sua personalità inconfondibile. Non serve in grandi quantità, ma la sua presenza è essenziale: accentua la dolcezza del miele e dell’uva passa, stimola il palato e regala una leggera nota balsamica che fa pensare al camino acceso e al vino che bolle nel paiolo.
Il pepe, un tempo spezia preziosa, veniva usato nei dolci delle grandi occasioni. La sua aggiunta trasformava un semplice pane in un dono, un’offerta, un simbolo di prosperità e rispetto per i santi e gli avi.
Il Pan co’ Santi trova nel vinsanto il suo compagno ideale. Un calice di Vin Santo del Chianti Classico DOC amplifica le note di miele e noci, mentre la morbidezza del vino avvolge la speziatura del pepe. Per chi preferisce contrasti più decisi, un rosso toscano maturo – come un Chianti Riserva o un Nobile di Montepulciano – si sposa perfettamente con le versioni meno dolci.
Se servito come dessert, accompagna bene anche formaggi erborinati o pecorini stagionati: un equilibrio tra dolce e sapido che racconta la complessità della tradizione senese. E nelle mattine fredde di novembre, una fetta tostata di Pan co’ Santi con un caffè nero o un bicchiere di latte caldo riporta alla mente le colazioni d’infanzia nelle case di campagna.
Ogni fetta di Pan co’ Santi è una piccola lezione di tempo e di memoria. In un’epoca di dessert industriali e di sapori standardizzati, questo dolce invita alla lentezza e alla consapevolezza. Richiede cura, attesa, rispetto per gli ingredienti. È un dolce che non si improvvisa: si prepara come un rito, con mani che conoscono la farina e occhi che misurano la lievitazione più del cronometro.
Il Pan co’ Santi non è solo un alimento: è un legame tra generazioni, un pane che parla di fede, di lavoro, di famiglia. Ogni novembre, le cucine senesi si riempiono di profumo e di ricordi, e quel profumo diventa il vero segno del tempo che passa, del ciclo della vita e della gratitudine verso chi ci ha preceduti.
Nella semplicità dei suoi ingredienti, si cela un equilibrio perfetto tra il mondo dei vivi e quello dei santi, tra la concretezza del grano e la leggerezza dello spirito. Mangiarlo è come partecipare a un rito antico che resiste ai secoli, una piccola eternità che si rinnova ogni anno, fetta dopo fetta.






0 commenti:
Posta un commento