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Perché nella pastiera napoletana ci sono sempre 7 striscie di pasta sopra?

La storia della pastiera colloca questo dolce sicuramente in epoca pagana, per celebrare il ritorno della Primavera: la ricotta dolce è la "modernizzazione" delle offerte votive tipiche delle cerimonie politeiste, a cui sono stati aggiunti il grano, simbolo di ricchezza e fecondità, e le uova, simbolo di vita nascente. La prima volta che il termine "pastiera" è comparso su un ricettario è stato alla fine del ‘600 grazie ad Antonio Latini. Si tratta di un dolce molto lontano da quello che vediamo oggi sulle nostre tavole. Più simile a una torta rustica, la ricetta cita grano e ricotta ma sostituisce la pasta frolla con del marzapane e chiede abbondante parmigiano grattugiato, pepe, sale, pistacchi e latte di pistacchi. Latini non fa alcun riferimento al numero di strisce sulla pastiera.



L'esoterismo a Napoli ha un ruolo molto importante nella vita dei suoi cittadini. La fantasia dei partenopei è nota in tutto il mondo e la stessa nascita della città è leggendaria: Parthenia, la sirena che, insieme a Ligea e Leucosia, ha provato ad ammaliare Ulisse col proprio canto, si getta in mare a causa della resistenza di Odisseo, un'onta che non riesce a sopportare. Il corpo finisce sulle sponde rocciose della Palepolis, nominata appunto Parthenope, da qui nasce la città di Napoli.
Ci sono due leggende molto belle sulla nascita della pastiera, la prima legata proprio al culto della sirena, la seconda legata al rapporto profondo tra il mare e Napoli:

  • Secondo la prima leggenda le strisce della pastiera devono essere 7, disposte in modo tale da creare dei rombi. La storia racconta di una sirena "dormiente", come in letargo, che in primavera emerge dalle acque per salutare il popolo della sua città. Come da tradizione, la sirena canta, allietando tutti i napoletani. Questi ultimi, per ringraziare la creatura mitologica, le portano farina, ricotta, uova, grano, acqua di fiori d’arancio, spezie, vaniglia e zucchero. Gli ingredienti, mescolati insieme, formano la pastiera e sono 7, come le strisce che vanno a ricoprire il dolce partenopeo.

  • La seconda leggenda riguarda invece il mare: pare che una volta, sulle spiagge di Mergellina, le mogli dei pescatori abbiano portato sette ceste con ricotta, frutta candita, grano, farina, burro, uova e fiori d’arancio come offerte per il "Mare", così da "ingraziarsi"l'elemento acquatico e far tornare i propri mariti a terra, sani e salvi. Al mattino, quando le donne tornano in spiaggia per riaccogliere gli uomini si accorgono che i flutti d'acqua avevano mischiato tutti gli ingredienti. In una delle ceste è comparsa però una torta tutta nuova: la pastiera appunto.

C'è poi una bufala sulle strisce della pastiera e riguarda invece una pasticceria del centro storico di Napoli. Questa nel 2016 ha messo in giro una voce insieme a un'associazione culturale. Secondo questa storia le strisce rappresenterebbero la "planimetria ippodamea" a scacchiera dell'antica Neapolis. Questa bufala è stata smentita dagli autori stessi, dopo alcuni post molto solerti dello storico Angelo Forgione. Gli autori hanno provato a giustificarsi in malo modo parlando di uno "scherzo" e di "un'ipotesi". Purtroppo, però, il passaparola sui social ha reso "vera" una versione che di reale non ha un bel niente.



La realtà storica è un'altra, perché non c'è alcun ricettario antico che indichi il numero preciso di strisce che vanno sulla torta. La pasta frolla ha un ruolo preciso, non è estetica: in forno la pastiera tende a gonfiarsi, il reticolato di frolla ne blocca la spinta, per questo motivo possiamo mettere tutte le strisce che vogliamo, una scelta che spesso dipende dalla grandezza della pastiera stessa.


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Bamiyeh

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Il bamiyeh (persiano: باميه) è un dessert originario dell'Iran, simile ad una ciambella. È preparato con yogurt e impasto a base di amido, per poi essere fritto ed immerso nello sciroppo. Viene gustato soprattutto nell'Iftar, durante il Ramadan.

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Gaz




Gaz (Persiano: گز‎‎) è un torrone iraniano, conosciuto anche come torrone persiano.

Etimologia

La parola persiana Gaz associata a gaz-angebin che tradotto sarebbe: "linfa di angebin", in riferimento alle specie di tamerisco native della catena montuosa di Zagros ad ovest di Isfahan e Boldaji.


Produzione

La linfa dolce e lattiginosa trovata nel tamarisco è legata alla manna biblica. La sostanza bianca e appiccicosa creata dalla Cyamophila astragalicola o dalla C. dicora che ha vissuto su piante Astragalus adscendens ed è raccolto annualmente e combinato insieme ad altri ingredienti tra cui il pistacchio, la mandorla, l'acqua di rose e l'albume dell'uovo. Le versioni moderne di gaz non contengono più la linfa dolce, sostituita dallo zucchero o dallo sciroppo di mais.
La maniera tradizionale di servire il gaz è in pezzi rotondi di circa 4 cm di diametro. Una presentazione moderna invece è in piccoli parallelepipedi Depending on the ingredients mixed in, gaz can have a subtle rose flavor, a nutty taste, or a savory and pungent profile. It can be white, or it can become another color because of the addition of spices (such as saffron) or nuts.

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Zuccherini montanari

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Gli Zuccherini montanari sono dei biscotti friabili tipici della tradizione dell'appennino tra emilia e toscana, sono diffusi soprattutto nelle province di Bologna, Firenze, Modena e Prato.
Vengono preparati seguendo un'antica ricetta che si tramanda di madre in figlia. I biscotti hanno un impasto molto semplice, simili ad una frolla. Viene poi creata una glassatura che lo rende diverso da ogni altro biscotto, attraverso il procedimento degli antichi montanari, che avviene attraverso la bollitura dello zucchero e dell'anice. L'utilizzo dell'anice rilascia un profumo inebriante, tipico di questi biscotti.
Originariamente venivano preparati e offerti agli ospiti per celebrare le feste importanti sulle colline dell'appennino tosco-emiliano quali Natale, Pasqua e soprattutto in occasione dei matrimoni.
In diversi paesi della zona sono tuttora donati agli ospiti dei matrimoni, insieme a bomboniere e confetti, in segno di buon augurio.
L’aggettivo “montanari” è stato aggiunto per distinguerli dagli Zuccherini bolognesi, biscotti ormai quasi in disuso che venivano fatti nella città di Bologna e nella pianura limitrofa, simili a quelli montanari per la forma ad anello ma diversi per consistenza e privi della glassatura.

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Torcetti

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I torcetti (torcèt in piemontese), anticamente torchietti, sono biscotti tradizionali riconosciuti come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano.

Origine
I torcetti erano un tempo più grandi di quelli attualmente commercializzati e venivano cotti nel forno comune del paese mentre si aspettava che questo raggiungesse una temperatura sufficientemente alta per infornare il pane. Il nome deriva dalla forma ritorta dei biscotti, che rappresentano una variante dolce dei grissini.

Diffusione
Vengono prodotti in Piemonte, in particolare nelle Valli di Lanzo, nel Torinese, nel Canavese e nel Biellese.
Molto noti sono anche i torcetti di Saint-Vincent, prodotti in Valle d'Aosta.

Tipologie
I torcetti prodotti nelle valli di Lanzo e nel Canavese occidentale sono più sottili, con la superficie caramellata, una pasta più bianca e un contenuto relativamente basso di burro; quelli prodotti nel Biellese e nei pressi della Serra di Ivrea sono invece più spessi, con una pasta più scura e ricca di burro ma di un colore esterno più chiaro.

Preparazione
Gli ingredienti vengono impastati per ottenere un insieme omogeneo che viene tirato in bastoncini della lunghezza di circa 10 centimetri. Le due estremità del bastoncino vengono quindi unite e i biscotti vengono pennellati con acqua e spolverati di zucchero. Segue una lievitazione di circa due ore, dopo la quale sono cotti in forno per una ventina di minuti. I torcetti vengono infine confezionati in sacchetti di plastica o in scatole di cartone.

Abbinamenti
I torcetti possono essere accompagnati da spumanti come l'Asti o da un passito, come ad esempio il passito di Caluso.





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Tegola dolce

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Le tegole (in francese tuiles) sono dei dolci a cialda tipici della Valle d'Aosta.
Create negli anni '30 dalla famiglia di pasticceri Boch in seguito a un loro viaggio in Normandia.
Recentemente sono apparse sul mercato anche tegole ricoperte di cioccolato.

Diffusione
Oltre alle tegole della Valle d'Aosta vanno citati anche i canestrelli del Canavese originariamente profumati all'anice e successivamente al cacao.

Varianti
In pasticceria le cialde sono frequentissime e di solito usate come contenitore o base per ripieni vari.
  • Ricordiamo le lingue di gatto, che di solito accompagnano i gelati in coppa, e i coni per gelati che nella loro versione artigianale sono, persino da soli, delle bontà.
  • Un'altra versione di uso frequente in pasticceria è la coupelle: una cialda variamente aromatizza che viene cotta in modo da preservare una residua elasticità. Viene quindi modellata, usualmente usando il dorso di una ciotola o tazzina, perché si pieghi. Lasciata così sino al raffreddamento mantiene la sua forma di coppetta e diventa quindi il contenitore di creme, come la chantilly o di palline di gelato.
  • Possono venire considerate affini alle cialde anche i cannoli siciliani, che vengono riempiti di ricotta, canditi, ecc.



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Perché il gelato con lo sciroppo si chiama sundae?

È chiaro che "sundae" deriva da "Sunday", il giorno della settimana, ma dopo si parla di leggenda. Tutto quello che sappiamo per certo è che verso il 1910, era comune chiamare "sundae" il gelato in un bicchiere di soda con le tipiche guarnizioni di soda.

Intorno al 1900, il modo tipico di consumare il gelato era con acqua gassata aromatizzata, un "ice cream soda".



La leggenda vuole che l'Illinois abbia vietato la vendita di soda la domenica. Per questo motivo, la domenica si poteva ottenere solo il gelato e gli aromi, non la soda.



Senza soda! Ma con più gelato.


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Stomatico

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Lo stomatico è un dolce tipico di Reggio Calabria.
Si tratta di un biscotto secco, vagamente simile al panpepato, preparato tramite un impasto di zucchero caramellato, farina, olio, ammoniaca per dolci e aromi (usualmente chiodi di garofano e cannella). Successivamente l'impasto è steso su una teglia, tagliato in quadrati spennellati con dell'uovo sbattuto, cosparso superficialmente con delle mandorle e infine infornato.

L'origine del nome
Il nome Stomatico deriva dal greco"to stoma" la bocca.
Dolce derivante dalle influenze greche nella cultura calabrese.

Piparelle
Con piccole differenze nella preparazione tale dolce è noto anche come Pipareddhi o Piparelle, in questo caso le mandorle sono inserite direttamente nell'impasto, che viene tagliato trasversalmente in striscioline.



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Manjū

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Il manjū (まんじゅう) è un dolce tipico giapponese. Ci sono molte varietà di manjū, ma la maggior parte ha l'esterno a base di farina, riso in polvere e grano saraceno e un ripieno di anko, fatto di fagioli azuki bolliti e zucchero. Ci sono diversi tipi di pasta di fagioli utilizzate, tra cui la koshian, la tsubuan e la tsubushian.

Storia
I manjū derivano da un tipo di mochi che esiste in Cina da molto tempo, chiamato originariamente mantou in cinese, ma poi noto come manjū una volta giunto in Giappone. Nel 1341, un inviato giapponese tornato dalla Cina portò dei manjū con sé e iniziò a venderli come Nara-manjū: si dice che questa fu l'origine dei manjū giapponesi. Ora si possono trovare in molti negozi giapponesi di dolci e il loro basso prezzo è una delle ragioni per cui sono famosi tra i giapponesi.


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Ricciarelli

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I ricciarelli sono un dolce tipico senese a base di mandorle, zucchero, albume d'uovo.
I ricciarelli sono fatti con una pasta di tipo marzapane, a grana grossa, molto lavorata e arricchita da un impasto di canditi e vaniglia. La pasta così ottenuta viene cotta in forno per poi prendere la forma di piccole losanghe, leggermente arricciata all'estremità. Hanno la forma del chicco di riso, la superficie rugosa e screpolata viene rivestita di zucchero a velo e poggiano su una foglia di ostia.
Nati nel XIV secolo nelle corti toscane, seguendo antiche origini orientali, si sono poi evoluti in varianti arricchite con cioccolato in superficie. La leggenda narra che fu il cavaliere Ricciardetto Della Gherardesca a introdurre questi dolci, al ritorno dalle crociate, nel suo castello vicino a Volterra. Vengono lavorati tradizionalmente con la macina e lasciati riposare due giorni prima di cucinarli.
Attualmente sono apprezzati soprattutto come dolce natalizio. Si consumano con vini da dessert, in particolare con Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva e con Vin santo toscano.

Marchio IGP
È il primo prodotto dolciario per l'Italia ad avere la tutela europea. Nel marzo 2010, la denominazione Ricciarelli di Siena è stata riconosciuta come indicazione geografica protetta (IGP).
L'autorità pubblica incaricata di effettuare i controlli sulla indicazione geografica protetta Ricciarelli di Siena è la Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Siena.



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