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Sasanello gravinese

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I sasanelli sono dolci specifici e originari della zona di Gravina in Puglia, a base di farina, zucchero, vincotto, buccia di arancia grattugiata, cannella, chiodi di garofano e cacao. In taluni casi si possono trovare ricoperti da un leggero strato di mandorle o con uvetta sultanina all'interno.
I sasanelli sono dolci caserecci dal colore molto scuro che tutte le famiglie di medio e basso ceto preparavano in occasione delle feste o per i matrimoni.
È un biscotto soffice e gustoso adatto anche alla dieta vegana.
L'impasto dei sasanelli è costituito da vino cotto, ovvero sciroppo di fichi secchi. In passato il vincotto veniva preparato dal mosto d'uva appena vendemmiata, di seguito messo a decantare. Al giorno seguente viene presa la parte più limpida, messa dentro un pugno di cenere raccolta in un sacchettino di cotone a riposare per una notte. Al mattino il mosto viene posto in una pentola e portato ad ebollizione, continuando a farlo bollire a fuoco lento sino a raggiungere una densità vigorosa. La mutazione c'è stata con l'avvento del vincotto di fichi che meglio si sposava con la ricetta tradizionale. Pertanto, pur lasciando il nome vincotto, l'ingrediente per il preparato del sasanello resta il vincotto di fichi. Il biscotto-dessert tipico della tradizione pugliese appare di forma tondeggiante di colore scuro a consistenza piuttosto soffice.
Ogni festa ha radicati nella società i suoi rituali dessert particolari. Dolce, ai nostri occhi rustico, ma tra i più raffinati e ricchi della cultura tradizionale, confonde le sue origini con quelli di altri elaborati dolci della pasticceria rituale.
Diverse regioni italiane, soprattutto al sud rivendicano la paternità in parallelo con il mustazzolo, biscotto simile, ma con diversi ingredienti e peculiarità. La produzione di biscotti simili resta concentrata nei territori delle regioni: Puglia, Sardegna, Calabria, Sicilia, Lazio e Campania con specificità regionali. Nell'anno 2012 l'Associazione Culturale Murgiamadre che si occupa di valorizzazione delle produzioni tipiche del territorio dell'Alta Murgia è riuscita ad ottenere il PAT con la XII revisione dell'atlante dei prodotti tipici.

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Rosacatarre

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Le rosacatarre o rosachitarre sono dolci tipici Molisani riconosciuti come PAT diffusi in particolar modo della città di Larino in provincia di Campobasso.
Sono solitamente preparati per le festività Natalizie insieme ai Caragnoli.
Il nome deriva dalla forma: si tratta di strisce di pasta a base di farina, uova e olio che vengono avvolte su se stesse ad imitare i petali della rosa, quindi vengono fritte e intinte nel miele bollita (od in alcune cucine una mescola di miele e acqua, per un sapore meno zuccherato).


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Raffiuoli

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I raffiuoli, o, in maniera italianizzata, raffioli, sono dolci natalizi tipici della tradizione della cucina napoletana. Sono fatti di una pasta simile al pan di Spagna e ricoperti di una glassa bianca a base di zucchero. Hanno forma ellittica.
I raffiuoli, sono spesso venduti, nella tradizione napoletana, insieme a mustaccioli, roccocò e susamielli.
Questo dolce deve il suo nome ai ravioli di pasta fresca tipici del Nord Italia, infatti fu proprio a loro che nel Settecento, le monache benedettine del monastero di San Gregorio Armeno, si ispirarono, dando vita a questo “raviolo” dolce.

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Pitteddhre

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Le pitteddhre sono dolcetti pugliesi tradizionalmente preparati per le feste natalizie nella zona di Lecce.
Le pitteddhre sono dolci simili a crostatine, dalla forma di piccolo vassoio dai bordi rialzati, guarnite con confettura d'uva preparata con uva locale di varietà negroamaro addolcita con mela cotogna che localmente prende il nome di mostarda, oppure mezzelune di pastafrolla, il cui ripieno può essere la stessa mostarda oppure, secondo altre fonti, ricotta e miele mentre sulla superficie sono cosparse da sciroppo detto cottu che viene preparato all'epoca della vendemmia con il mosto e la mela cotogna.

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Pitta di San Martino



La Pitta di San Martino è un dolce natalizio tipico della Provincia di Reggio Calabria.

Ricetta

Ingredienti

  • Pasta di pane
  • uovo
  • strutto
  • zucchero
  • cioccolato amaro fondente
  • fichi secchi
  • noce sgusciate
  • uva passa
  • mosto o vino cotto

Preparazione

  1. Tagliare tutti gli ingredienti a pezzettini
  2. impastarli con il vin cotto
  3. fare dei panetti e infornare a 180° per 30 minuti
  4. dopo cotti spennellarli col vin cotto.
  5. Aggiungere all'impasto una spolverata di garofano, cannella, e cacao amaro.
  6. Una volta freddi tagliarli a fette.




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Pitta 'mpigliata

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La pitta 'mpigliata è un dolce tipico calabrese, originario di San Giovanni in Fiore ma molto diffuso in tutta la provincia di Cosenza. È un dolce preparato sia nel periodo pasquale, sia in occasione del Natale; è ormai consumato in gran parte della Calabria. A Catanzaro il dolce è preparato per il Natale e identificato con il nome di pitta'nchiusa. Il nome deriva dall'ebraico e dall'arabo pita, che significa schiacciata.
Il periodo al quale si fa riferimento della nascita della pitta 'mpigliata è il 1700. Il dolce veniva preparato soprattutto per le cerimonie nuziali, come riferisce un documento notarile di San Giovanni in Fiore, risalente al 1728.
Esistono alcune varianti della pitta 'mpigliata nelle quali ci sono delle variazioni sulla frutta secca, sul tipo di miele usato, e alcuni eseguono l'impasto con il cognac invece di utilizzare il vermouth, in ogni caso il dolce mantiene sempre la sua forma tipica e viene servito con la classica forma a pitta (ossia a pizza, forma piatta e rotonda). Vi sono comunque oltre alla forma a pitta, quella a rosellina (o rosetta), la forma allungata tipo torrone e la forma a “cullura” (ciambella).
A San Giovanni in Fiore, da alcuni anni si svolge una manifestazione promozionale, che ha lo scopo di elevare ad interesse nazionale, il dolce silano. Attraverso la manifestazione si stabilisce ogni anno il record mondiale della pitta 'mpigliata più lunga del mondo.
Ingredienti: Farina di grano duro, zucchero, Olio extravergine di oliva, spremuta d'arancia dolce, vermouth oppure vino dolce, cannella, chiodi di garofano, bucce d'arancia essiccate e macinate finemente e un bicchierino di liquore aromatico (paisanella in particolare, grappa tipica silana); per il ripieno: noci, uva sultanina, mandarinetto, liquore aromatico misto, chiodi di garofano, cannella e zucchero.
La pitta è fatta di sfoglie di pasta di grano duro che viene schiacciata con un mattarello e distesa all'interno di una teglia metallica e circolare. La prima sfoglia dev'essere abbastanza grande da ricoprire il fondo dell'intera teglia; successivamente, iniziando dal centro si inizia a riempirla con delle sfoglie circolari, con l'uva passa e le mandorle al loro interno. Una volta riempito ogni spazio della teglia con queste "girelle", viene infornata a 180 °C per circa un'ora e un quarto. All'uscita alcuni usano bagnarla con il Vermut, altri aggiungono un po' d'olio di oliva, altri ancora del miele. Per la cottura alcuni usano i forni di casa, ma un'altra usanza tipica è quella di recarsi nei panifici del luogo nella settimana precedente le festività. Poiché le teglie, a volte, essendo simili tra di loro tendono a confondersi con le altre, ognuno mette un segno di evidenza per distinguerle (un confetto, un ramoscello di ulivo, uno stuzzicadenti.
In collaborazione con Legambiente, che da anni promuove il progetto “Lemilledop”, e la Camera di Commercio di Cosenza, nel 2006 è stato avviato il processo per l'ottenimento del marchio D.O.P. per la pitta 'mpigliata, come riconoscimento per il dolce tipico sangiovannese. Questo per garantire la Denominazione di origine protetta del dolce, dopo che lo stesso negli ultimi decenni, si è molto diffuso in tutta la Regione. Il marchio D.O.P., sarebbe la garanzia del fatto che la pitta 'mpigliata è il dolce tipico di San Giovanni in Fiore.

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Pieroghi

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I pieroghi (sing. pieróg) sono una tradizionale pietanza della cucina polacca. Esistono anche nelle altre cucine dell'Est Europeo (Slovacchia, dove vengono chiamati pirohy, Ucraina, Bielorussia, Lituania e Russia, dove si chiamano Russkie pirogi) e in Ucraina nella zona della Bucovina, dove sono chiamati varenyki. È un piatto tipico che a seconda delle tradizioni regionali offre una varietà immensa di sapori e modi di servire.
I pieroghi sono simili ai ravioli con diversi ripieni, sia salati sia dolci. Sono come tortine di pasta chiuse, come un "pie" inglese. Le varietà salate sono tradizionalmente servite con pancetta affumicata, lardo e/o cipolla saltata in padella; in Russia sono spesso serviti con condimento di panna acida (smetàna in russo e ucraino śmietana in polacco, smantana in rumeno). La versione dolce, dal ripieno di frutta, è spesso accompagnata da salse pasticcere o pangrattato mescolato nel burro. Questi ultimi non vanno confusi con i varenyki. I più comuni metodi di cottura sono la bollitura e la frittura.
Esistono altre varianti: Pierogi z kapustą i grzybami (con ripieno di crauti e funghi), Pieroghi Ruskie (con ripieno di patate e formaggio fresco di tipo quark), Pierogi z Serem (con ripieno di un formaggio tipico chiamato bryndza).
Le origini della pietanza risalgono all'era medievale. Già nel XIII secolo i pieroghi erano quotidianamente presenti sulle tavole delle corti polacche ed in versione più povera erano i pasti dei sudditi. Oggi sono parte indispensabile della cucina tipica polacca e non mancano durante le festività natalizie. In tale occasione la pietanza viene preparata senza carne; in particolare durante il cenone della Vigilia di Natale i pieroghi vengono serviti come una delle dodici pietanze previste dalla tradizione.

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Pettole



Le pèttole (pèttëlë in dialetto pugliese, zippuli in dialetto calabrese, zeppole in Irpinia, scorpelle a San Severo, sfringioli a Torremaggiore (di forma allungata), pèttuli nel Brindisino, pìttule nel Leccese, pàtt'l nel Materano, pèttule nel Potentino) sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell'olio bollente, tipiche delle regioni Puglia, Calabria, Campania e Basilicata.
A Matera è usanza preparare l'impasto per le pettole dal primo mattino del 24 dicembre per friggerle e consumarle ancora calde verso mezzogiorno come "spuntino" in attesa del cenone della vigilia. Come variante c'è l'aggiunta di alici sott'olio (prima della frittura) o la preparazione di vere e proprie pizzette fritte da condire con pomodoro, basilico e pecorino. Alcune famiglie ripropongono le pettole la mattina del 31 dicembre. A Monte Sant'Angelo nell'impasto si aggiungono anche delle patate lesse affinché la pettola risulti essere più morbida.
A Taranto, nel suo luogo d'origine, le prime pettole vengono fritte la notte del 22 novembre (santa cecilia) per simbolo di dono per i bandisti che la notte girano suonando le tipiche PASTORALI TARANTINE.
Nella zona leccese la prima frittura avviene l'11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e, secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto che coincide quindi con l'arrivo sulle mense del vino nuovo (da non confondere con il vino novello). È costume ancora molto praticato tra i leccesi, per l'occasione, festeggiare Santu Martinu ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura estiva. L'usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale. Nell'area di Taranto (in cui la tradizione della pettola è ancora molto sentita) si preparano nel giorno in cui si festeggia Santa Cecilia, il 22 novembre, e a seguire durante le festività natalizie.
In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere. Questo piatto è noto a Gallipoli a partire dal 15 ottobre giorno in cui si festeggia Santa Teresa d'Avila che introduce nella stessa città il periodo natalizio. Possono essere rustiche o dolci, semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane, oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano utilizzando farina, patata, lievito di birra, acqua e sale, ma ne esiste anche una versione più semplice che non prevede l'utilizzo della patata e comunque la pasta deve risultare piuttosto fluida per poterla versare nell'olio senza fare un panetto solido destinato ad inzupparsi di olio.
La forma può essere quella della "pallottola" oppure di una ciambella, come è tradizione a San Mauro Forte, Ferrandina, Bernalda, Salandra e Pomarico. La ricetta tipica usata a Taranto è quella che le vede cosparse di zucchero, ma anche di sale. In altre zone della Regione è possibile degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà. In Calabria, in particolare a Polistena e in altre cittadine della piana di Gioia Tauro, sono tradizionali dell'8 dicembre giorno dell'Immacolata Concezione per poi essere riproposte per tutto il periodo natalizio o in estate per la presenza dei numerosi turisti; possono essere proposte vuote o ripiene con 'Nduja, alici, baccalà ecc.


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Petrali



I Petrali o Chjinuli sono dei dolci natalizi tipici di Reggio Calabria.
Sono dei dolci di pasta frolla ripieni a forma di mezzaluna, con all'interno un ripieno ottenuto facendo macerare per molti giorni nel vin cotto e nel caffè zuccherato un tritato di fichi secchi, noci, mandorle, uva sultanina, buccia di arancia e di mandarino.
L'esterno è di solito guarnito con una spennellata di rosso d'uovo sbattuto e diavoletti colorati (piccole palline di zucchero colorate); alternativamente possono essere guarniti con glassa di zucchero, con cioccolato fondente o cioccolato bianco.
Tali dolci vengono usualmente preparati e consumati durante le festività natalizie.

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Pepatelli

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I pepatelli (localmente chiamati pappatill) sono dolci natalizi tipici abruzzesi (ma diffusi anche in altre località del meridione) di forma rettangolare, così chiamati per la presenza di pepe nell'impasto.
Fate scaldare il miele a fuoco lento e nel frattempo mescolate. Appena inizierà a sobbollire, aggiungete mandorle tritate, scorza di arancia grattugiata, pepe e farina; questi ultimi due ingredienti, insieme al miele, formeranno l'impasto. Dopo averlo mescolato, versate l'impasto su una teglia e tagliatelo in modo da formare dei rettangoli di lunghezza non superiore ai 10 cm e larghezza di circa 1 cm.

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