Le pèttole (pèttëlë
in dialetto pugliese, zippuli in dialetto calabrese,
zeppole in Irpinia, scorpelle a San
Severo, sfringioli a Torremaggiore (di forma
allungata), pèttuli nel Brindisino, pìttule
nel Leccese, pàtt'l nel Materano, pèttule
nel Potentino) sono pallottole di pasta lievitata molto morbida
fritte nell'olio bollente, tipiche delle regioni Puglia, Calabria,
Campania e Basilicata.
A Matera è usanza preparare l'impasto
per le pettole dal primo mattino del 24 dicembre per friggerle e
consumarle ancora calde verso mezzogiorno come "spuntino"
in attesa del cenone della vigilia. Come variante c'è l'aggiunta di
alici sott'olio (prima della frittura) o la preparazione di vere e
proprie pizzette fritte da condire con pomodoro, basilico e pecorino.
Alcune famiglie ripropongono le pettole la mattina del 31 dicembre. A
Monte Sant'Angelo nell'impasto si aggiungono anche delle patate lesse
affinché la pettola risulti essere più morbida.
A Taranto, nel suo luogo d'origine, le
prime pettole vengono fritte la notte del 22 novembre (santa cecilia)
per simbolo di dono per i bandisti che la notte girano suonando le
tipiche PASTORALI TARANTINE.
Nella zona leccese la prima frittura
avviene l'11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e,
secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto
che coincide quindi con l'arrivo sulle mense del vino nuovo (da non
confondere con il vino novello). È costume ancora molto praticato
tra i leccesi, per l'occasione, festeggiare Santu Martinu
ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche
abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura
estiva. L'usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule
e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace,
particolarmente di cavallo e di maiale. Nell'area di Taranto (in cui
la tradizione della pettola è ancora molto sentita) si preparano nel
giorno in cui si festeggia Santa Cecilia, il 22 novembre, e a seguire
durante le festività natalizie.
In alcuni comuni del sud-est barese,
come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa
Caterina, il 25 novembre. Si usa ancora prepararle recitando
preghiere. Questo piatto è noto a Gallipoli a partire dal 15 ottobre
giorno in cui si festeggia Santa Teresa d'Avila che introduce nella
stessa città il periodo natalizio. Possono essere rustiche o dolci,
semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane,
oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano
utilizzando farina, patata, lievito di birra, acqua e sale, ma ne
esiste anche una versione più semplice che non prevede l'utilizzo
della patata e comunque la pasta deve risultare piuttosto fluida per
poterla versare nell'olio senza fare un panetto solido destinato ad
inzupparsi di olio.
La forma può essere quella della
"pallottola" oppure di una ciambella, come è tradizione a
San Mauro Forte, Ferrandina, Bernalda, Salandra e Pomarico. La
ricetta tipica usata a Taranto è quella che le vede cosparse di
zucchero, ma anche di sale. In altre zone della Regione è possibile
degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma
volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o
di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà.
In Calabria, in particolare a Polistena e in altre cittadine della
piana di Gioia Tauro, sono tradizionali dell'8 dicembre giorno
dell'Immacolata Concezione per poi essere riproposte per tutto il
periodo natalizio o in estate per la presenza dei numerosi turisti;
possono essere proposte vuote o ripiene con 'Nduja, alici, baccalà
ecc.
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