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Gulab jamun

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Il Gulab jamun ((HI): गुलाब जामुन, (UR): گلاب جامن, letteralmente bacche di rosa) è un tipico dolce dei paesi del subcontinente indiano tra i quali India, Pakistan, Sri Lanka, Nepal e Bangladesh.
Il termine gulab jamun proviene dal persiano gulab, "acqua di rose", in riferimento all'omonimo sciroppo, e dalla parola hindi jamun, un frutto del sud-est asiatico, simile per dimensioni e forma.

Storia

Il gulab jamun nasce da un dessert arabo, il Luqmat Al-Qadi (in arabo "morso del giudice"), che divenne popolare nel subcontinente indiano durante la epoca Moghul. Inoltre, il dolce divenne popolare nelle zone di lingua turca, seguendo l'espansione dell'Impero ottomano.

Preparazione

Il Gulab jamun consiste sostanzialmente in un impasto di latte in polvere, solitamente latte Khoa, e farina, che viene poi fritto in immersione a bassa temperatura, circa 148°. Viene poi immerso in uno sciroppo aromatizzato al cardamomo, acqua di rose, kewra e zafferano, talvolta anche miele.

Consumo

Il Gulab jamun viene solitamente consumato durante le feste o le celebrazioni come il matrimonio, il Diwali e le celebrazioni musulmane della ʿīd al-fiṭr e ʿīd al-Aḍḥa.

Varianti

Il colore marroncino del Gulab jamun è dato dallo zucchero nel latte in polvere khoya o nel pane. In alcune varianti lo zucchero viene aggiunto direttamente nell'impasto che, dopo la frittura, dà come risultato una colorazione estremamente più scura variando il nome del dolce in kala jamun, jamun nero. Lo sciroppo di zucchero può inoltre essere sostituito dallo sciroppo d'acero che conferisce un sapore meno dolce e più aromatico. Esistono inoltre molte altre varianti, sia nel colore che nel sapore più o meno aromatizzato dall'uso di determinate spezie.



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Halva

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La parola halva (traslitterata anche come halwa, halvah, halava, helva, halawa, in ebraico חלבה ,in greco Χαλβάς in russo e ucraino халва) deriva dell'ebraico antico e significa dolce. La parola halva si impiega per definire molte varietà di dolci. Questo tipo di dolce è molto popolare da India, Pakistan e Persia, per arrivare al mediterraneo orientale, passando per le cucine dei Balcani. Esistono altri tipi di halva basate sull'impiego di pasta di tahina, una pasta a base di sesamo. Questo tipo è molto più popolare nell'est del Mediterraneo, tra cui la Grecia, dove esistono due tipi diversi di halva. Nei paesi dell'est Europa in Ucraina in particolare è molto diffuso anche l'halva a base di semi di girasole, aromatizzato con diversi gusti; caffè, vaniglia, cacao, in molti casi anche miscelati fra loro come variegati.
La maggioranza delle halva sono confezioni dense elaborate con paste alimentari diverse, e che vengono successivamente addolcite con zucchero o miele. Tuttavia, a partire da questa semplice composizione, si ha un'ampia gamma di varietà di prodotti. Per esempio, la halva di semolino è gelatinosa e quasi semi-trasparente, mentre la halva di sesamo e quella di girasole è secca e leggermente friabile e si scioglie in bocca.
La halva di sesamo è diffusa in Israele, nei Balcani, in Polonia, nel Medio oriente ed in altre zone del mediterraneo orientale. Gli ingredienti principali sono semi di sesamo o pasta di tahini, con zucchero o miele. Altri ingredienti secondari usati nell'elaborazione della halva di sesamo sono il pistacchio (o altra frutta secca), pasta di cocco, succo di arancia (o limone), vaniglia o anche cioccolato.
Per quanto riguarda le tradizioni religiose ebraiche, la halva è quasi sempre considerata adatta (kasher), e poiché non contiene carne o latte può essere tranquillamente consumata dopo un pasto di carne o latticini, rispettando le regole alimentari ebraiche (Kasherut). La halva israeliana solitamente non contiene farina o semolino, ma è fatta con tahina (pasta di sesamo), glucosio, zucchero, vaniglia ed altri aromi naturali.

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Jalebi

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I jalebi, o imaratee o jilawii (ed a volte jalibi) è un dolce tipico della Persia e delle zone del Subcontinente indiano come l'India, il Pakistan, lo Sri Lanka, il Nepal, ed il Bangladesh. Sono fatti di pastella fritta in forma di pretzel o a forma circolare, che vengono poi inzuppati nello sciroppo.
Questi dolci vengono serviti caldi o freddi. Hanno una consistenza interna leggermente gommosa ed una superficie esterna più dura per via dello zucchero cristallizzato che fa da rivestimento esterno. Allo sciroppo spesso sono aggiunti o sostituiti altri prodotti come il succo di limone, l'acqua di rose o altri aromi come il kewra.
Un dolce simile è l'imarti, che è di colore arancione-rosso e di sapore più dolce e viene realizzato negli stati dell'India settentrionale, inclusi Uttar Pradesh, Rajasthan e Madhya Pradesh. Il chhena jalebi, è invece una varianete fatta con il chhena, popolare in alcune zone come Rajasthan, Bengal, e Orissa, benché la sua forma può essere molto diversa da luogo a luogo.
In India i jalebi vengono serviti come dolci delle feste, specialmente durante le festività come il Giorno dell'indipendenza e la Festa della Repubblica, durante le quali vengono serviti in uffici governativi, strutture di difesa e altre organizzazioni. Similarmente, il jalebi è uno dei dolci più popolari in Pakistan. Viene usato come rimedio per il mal di testa in alcune parti del Pakistan, dove viene servito dopo averlo fatto riposare nel latte bollente.

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Kheer

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Il kheer (hindi: खीर, punjabi: ਖੀਰ, bengali: ফিরনি, urdu: کھیر; anche conosciuto come payasam பாயசம் in tamil) è un dolce tradizionale dell'Asia meridionale cucinato con riso o grano spezzato, latte, zucchero e aromatizzato con cardamomo, uva passa, zafferano, pistacchi o mandorle.



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Pitha

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La Pitha ((AS) পিঠা, (BN) পিঠ, (OR) ପିଠା piṭha) o Pithe ((BN) পিঠে piṭhe) è una sorta di pane dolce, servito come spuntino o dessert, facente parte delle cucine bengalesi ed indiane e diffuso in tutta l'Asia meridionale, in particolar modo negli stati di Assam, Orissa, Bengala Occidentale, Bihar, Jharkhand, e tutte le regioni a nordest dell'India. Le pithe sono tipicamente a base di farina di riso, anche se se ne trovano con farina di frumento. Più raramente si trovano pitha a base di farina di palma o di ol, una farina ricavata da una radice commestibile locale.

Preparazione
Le pithe sono principalmente formate da una pastella di farina di riso o frumento. Una volta formata viene talvolta farcita con altri ingredienti dolci o salati. Quando è ripiena prende il nome di khol (letteralmente "contenitore"), mentre il ripieno viene chiamato pur.
Le pithe salate vengono solitamente farcite con verdure, come il cavolfiore, cavolo, ravanelli o patate, che vengono solitamente fritte, fatte al forno o stufate per poi essere schiacciate e pestate. Una volta fredde le patate vengono lavorate fino a farle prendere la forma di una piccola polpetta, per poi essere inserite dentro la pitha come farcitura.
Le pithe dolci includono invece zucchero, jaggery (un tipo di zucchero locale), datteri o sciroppo di palma. Vengono farcite con noci di cocco, noci di ancardi o pistacchi grattugiati e verdura o frutta candita. Vengono in genere insaporite con l'ulteriore uso di spezie, come il cardamomo o la canfora naturale.
A seconda del tipo di pitha che si sta preparando, essa può essere fritta in olio o nel burro ghee, arrostita lentamente sul fuoco, stufata, o cotta su un piatto caldo.
Le pithe vengono spesso servite durante la colazione o come spuntini assieme al tè, altre volte invece come dolci o dessert o in occasione di feste.



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Spekkoek

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Spekkoek (scritto Spekuk in Indonesiano) o più popolarmente chiamata (kue) lapis legit in Indonesia è una torta a strati tipica della cucina olandese. Ebbe origine durante il periodo coloniale nelle Indie Orientali Olandesi, e può essere nata in seguito all'adattamento di una ricetta olandese agli ingredienti locali. La torta è quindi una versione Indische (termine per indicare gli olandesi che hanno vissuto per anni in Indonesia durante il periodo coloniale) della Baumkuchen e contiene spezie come cannella, chiodi di garofano, macis ed anice.
In Indonesia, è un dolce molto popolare, conosciuto come lapis legit, che letteralmente significa torta (molto) ricca. È considerata ricca in quanto per una torta di dimensioni 20x20 centimetri può contenere sino a trenta tuorli d'uovo, mezzo chilo di burro e 400 grammi di zucchero.
Il nome di questo dolce deriva dalla sua struttura a strati, ottenuta sovrapponendo sottilissimi strati di torta l'uno sopra l'altro. Un buon lapis legit può arrivare a contare anche diciotto strati. Questo rende la preparazione dello spekkoek un processo molto intenso ed elaborato. Conseguentemente, il prodotto finale è quindi piuttosto costoso: circa 20 euro al chilo nel 2010. In Indonesia, uno spekkoek di dimensioni 20 x 20 può costare sino a 400.000 rupie. In Indonesia, lo spekkoek viene preparato durante le celebrazioni per il Capodanno cinese, Eid ul-Fitr ed il Natale. È anche servito o dato in regalo durante molte festività locali, ed a volte durante compleanni e matrimoni. Nei Paesi Bassi, si tratta di un tipico dessert abbinato al rijsttafel.

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Perché nella pastiera napoletana ci sono sempre 7 striscie di pasta sopra?

La storia della pastiera colloca questo dolce sicuramente in epoca pagana, per celebrare il ritorno della Primavera: la ricotta dolce è la "modernizzazione" delle offerte votive tipiche delle cerimonie politeiste, a cui sono stati aggiunti il grano, simbolo di ricchezza e fecondità, e le uova, simbolo di vita nascente. La prima volta che il termine "pastiera" è comparso su un ricettario è stato alla fine del ‘600 grazie ad Antonio Latini. Si tratta di un dolce molto lontano da quello che vediamo oggi sulle nostre tavole. Più simile a una torta rustica, la ricetta cita grano e ricotta ma sostituisce la pasta frolla con del marzapane e chiede abbondante parmigiano grattugiato, pepe, sale, pistacchi e latte di pistacchi. Latini non fa alcun riferimento al numero di strisce sulla pastiera.



L'esoterismo a Napoli ha un ruolo molto importante nella vita dei suoi cittadini. La fantasia dei partenopei è nota in tutto il mondo e la stessa nascita della città è leggendaria: Parthenia, la sirena che, insieme a Ligea e Leucosia, ha provato ad ammaliare Ulisse col proprio canto, si getta in mare a causa della resistenza di Odisseo, un'onta che non riesce a sopportare. Il corpo finisce sulle sponde rocciose della Palepolis, nominata appunto Parthenope, da qui nasce la città di Napoli.
Ci sono due leggende molto belle sulla nascita della pastiera, la prima legata proprio al culto della sirena, la seconda legata al rapporto profondo tra il mare e Napoli:

  • Secondo la prima leggenda le strisce della pastiera devono essere 7, disposte in modo tale da creare dei rombi. La storia racconta di una sirena "dormiente", come in letargo, che in primavera emerge dalle acque per salutare il popolo della sua città. Come da tradizione, la sirena canta, allietando tutti i napoletani. Questi ultimi, per ringraziare la creatura mitologica, le portano farina, ricotta, uova, grano, acqua di fiori d’arancio, spezie, vaniglia e zucchero. Gli ingredienti, mescolati insieme, formano la pastiera e sono 7, come le strisce che vanno a ricoprire il dolce partenopeo.

  • La seconda leggenda riguarda invece il mare: pare che una volta, sulle spiagge di Mergellina, le mogli dei pescatori abbiano portato sette ceste con ricotta, frutta candita, grano, farina, burro, uova e fiori d’arancio come offerte per il "Mare", così da "ingraziarsi"l'elemento acquatico e far tornare i propri mariti a terra, sani e salvi. Al mattino, quando le donne tornano in spiaggia per riaccogliere gli uomini si accorgono che i flutti d'acqua avevano mischiato tutti gli ingredienti. In una delle ceste è comparsa però una torta tutta nuova: la pastiera appunto.

C'è poi una bufala sulle strisce della pastiera e riguarda invece una pasticceria del centro storico di Napoli. Questa nel 2016 ha messo in giro una voce insieme a un'associazione culturale. Secondo questa storia le strisce rappresenterebbero la "planimetria ippodamea" a scacchiera dell'antica Neapolis. Questa bufala è stata smentita dagli autori stessi, dopo alcuni post molto solerti dello storico Angelo Forgione. Gli autori hanno provato a giustificarsi in malo modo parlando di uno "scherzo" e di "un'ipotesi". Purtroppo, però, il passaparola sui social ha reso "vera" una versione che di reale non ha un bel niente.



La realtà storica è un'altra, perché non c'è alcun ricettario antico che indichi il numero preciso di strisce che vanno sulla torta. La pasta frolla ha un ruolo preciso, non è estetica: in forno la pastiera tende a gonfiarsi, il reticolato di frolla ne blocca la spinta, per questo motivo possiamo mettere tutte le strisce che vogliamo, una scelta che spesso dipende dalla grandezza della pastiera stessa.


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Bamiyeh

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Il bamiyeh (persiano: باميه) è un dessert originario dell'Iran, simile ad una ciambella. È preparato con yogurt e impasto a base di amido, per poi essere fritto ed immerso nello sciroppo. Viene gustato soprattutto nell'Iftar, durante il Ramadan.

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Gaz




Gaz (Persiano: گز‎‎) è un torrone iraniano, conosciuto anche come torrone persiano.

Etimologia

La parola persiana Gaz associata a gaz-angebin che tradotto sarebbe: "linfa di angebin", in riferimento alle specie di tamerisco native della catena montuosa di Zagros ad ovest di Isfahan e Boldaji.


Produzione

La linfa dolce e lattiginosa trovata nel tamarisco è legata alla manna biblica. La sostanza bianca e appiccicosa creata dalla Cyamophila astragalicola o dalla C. dicora che ha vissuto su piante Astragalus adscendens ed è raccolto annualmente e combinato insieme ad altri ingredienti tra cui il pistacchio, la mandorla, l'acqua di rose e l'albume dell'uovo. Le versioni moderne di gaz non contengono più la linfa dolce, sostituita dallo zucchero o dallo sciroppo di mais.
La maniera tradizionale di servire il gaz è in pezzi rotondi di circa 4 cm di diametro. Una presentazione moderna invece è in piccoli parallelepipedi Depending on the ingredients mixed in, gaz can have a subtle rose flavor, a nutty taste, or a savory and pungent profile. It can be white, or it can become another color because of the addition of spices (such as saffron) or nuts.

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Zuccherini montanari

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Gli Zuccherini montanari sono dei biscotti friabili tipici della tradizione dell'appennino tra emilia e toscana, sono diffusi soprattutto nelle province di Bologna, Firenze, Modena e Prato.
Vengono preparati seguendo un'antica ricetta che si tramanda di madre in figlia. I biscotti hanno un impasto molto semplice, simili ad una frolla. Viene poi creata una glassatura che lo rende diverso da ogni altro biscotto, attraverso il procedimento degli antichi montanari, che avviene attraverso la bollitura dello zucchero e dell'anice. L'utilizzo dell'anice rilascia un profumo inebriante, tipico di questi biscotti.
Originariamente venivano preparati e offerti agli ospiti per celebrare le feste importanti sulle colline dell'appennino tosco-emiliano quali Natale, Pasqua e soprattutto in occasione dei matrimoni.
In diversi paesi della zona sono tuttora donati agli ospiti dei matrimoni, insieme a bomboniere e confetti, in segno di buon augurio.
L’aggettivo “montanari” è stato aggiunto per distinguerli dagli Zuccherini bolognesi, biscotti ormai quasi in disuso che venivano fatti nella città di Bologna e nella pianura limitrofa, simili a quelli montanari per la forma ad anello ma diversi per consistenza e privi della glassatura.

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