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Cupeta: il croccante mediterraneo tra storia e tradizione

La Cupeta, conosciuta anche come copeta, cubbaita o cubbeta, è un dolce che incarna la tradizione dolciaria mediterranea e il legame profondo tra Italia e culture arabe. La sua storia affonda le radici nel XIII secolo, con la prima attestazione documentale risalente al 1287 in Sicilia, quando un cubaydario produceva una conserva dolce a base di mandorle, miele, sesamo e ceci tostati. Il nome stesso, derivato dall’arabo qubbayt, significa “conserva dolce” e riflette la natura originaria del dolce: un prodotto che potesse conservarsi a lungo e diffondersi tra le corti e le comunità locali.

La Cupeta è oggi presente in diverse regioni italiane, tra cui Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Liguria, con varianti locali che ne testimoniano l’adattamento ai gusti e alle disponibilità territoriali. Non è un semplice torrone: è un concentrato di storia, geografia e artigianalità. In Campania, per esempio, la copeta è un torrone bianco compatto con nocciole, mandorle e pistacchi; nel Reatino e in Abruzzo, assume una forma romboidale e una consistenza più morbida, spesso servita su foglie di lauro. In Valtellina, invece, viene schiacciata tra due ostie, assumendo un formato rettangolare, sempre con miele e noci tritate.

Oltre alla sua funzione gastronomica, la Cupeta ha avuto un ruolo simbolico e sociale significativo. Durante il banchetto nuziale di Bona Sforza e Sigismondo I di Polonia nel 1517, il dolce era già parte integrante delle celebrazioni, confermando il suo status di dolce di prestigio. Nel corso dei secoli, la sua presenza nei mercati, nelle feste religiose e nei rituali popolari ha rafforzato il legame tra il dolce e la vita comunitaria.

In molte località del Sud Italia, il termine “cupeta” è diventato sinonimo generico di torrone o croccante: nel dialetto di Ascoli Satriano, ad esempio, indica il torrone, mentre nel Salento può riferirsi a un croccante. Questo testimonia l’evoluzione semantica legata alla diffusione territoriale e alla diversificazione delle preparazioni locali.

La Cupeta si distingue per la sua semplicità apparente e la complessità esecutiva. I suoi ingredienti principali — mandorle, miele e zucchero — rappresentano la sintesi perfetta tra dolcezza naturale e croccantezza, garantendo un prodotto durevole nel tempo e versatile nell’uso. La ricetta tradizionale viene gelosamente custodita dai “maestri copetai” e tramandata di generazione in generazione, simbolo di una cultura artigiana viva e attenta ai dettagli.

Fasi principali di preparazione:

  1. Tostatura delle mandorle:
    Le mandorle vengono leggermente tostate per intensificarne il sapore e renderle croccanti.

  2. Preparazione dello sciroppo:
    Miele e zucchero vengono riscaldati fino a ottenere un composto uniforme e dorato. La temperatura deve essere controllata con precisione per evitare la cristallizzazione precoce.

  3. Incorporazione delle mandorle:
    Le mandorle tostate vengono mescolate nello sciroppo caldo, amalgamando sapore e consistenza.

  4. Formatura:
    Il composto viene steso su superfici oleate o tra fogli di carta da forno e, una volta leggermente raffreddato, modellato nella forma desiderata: rettangolare, romboidale o a losanga, a seconda della tradizione locale.

  5. Raffreddamento e taglio:
    Una volta fredda, la Cupeta viene tagliata a pezzi e, se necessario, confezionata singolarmente. In alcune versioni, come nel Reatino, viene servita su foglie di lauro, che fungono da involucro naturale e decorativo.

Le diverse regioni hanno adattato la Cupeta alle proprie risorse e gusti:

  • Campania: torrone bianco compatto con nocciole, mandorle e pistacchi, dal gusto intenso e croccante.

  • Calabria e Sicilia: spesso arricchita con sesamo o noci, dal sapore più aromatico.

  • Reatino e Abruzzo: consistenza morbida, servita su foglie di lauro, con impasto a base di miele e noci tritate.

  • Valtellina: tra due ostie, simile a un biscotto dolce, molto pratico da trasportare e servire.

Nonostante le differenze, tutte le versioni condividono un principio fondamentale: l’equilibrio tra dolcezza e croccantezza, e la capacità di mantenersi gustose anche senza refrigerazione prolungata.

La Cupeta non è solo un dolce: è un veicolo di significati culturali e sociali. La sua origine araba, attestata già nel XIII secolo, testimonia l’influenza dei mercanti e delle culture mediterranee nella gastronomia italiana. Nel corso dei secoli, ha conservato il suo legame con le festività, soprattutto il Natale, quando il miele ne garantisce la conservazione.

Il dolce ha anche un ruolo rituale e simbolico: durante le feste o i banchetti, rappresenta prosperità, dolcezza della vita e ospitalità. Offrire una Cupeta significa condividere tradizione e calore familiare, trasmettendo un messaggio di continuità e identità.

Per valorizzare al meglio il gusto intenso della Cupeta, si possono scegliere abbinamenti sia dolci che liquidi:

  • Vini dolci: Moscato, Vin Santo o Recioto;

  • Liquori aromatici: amari alle erbe, liquori di nocciole o mandorla;

  • Bevande calde: caffè espresso o tè nero forte, che contrastano la dolcezza senza sovrastarla;

  • Frutta secca: pistacchi tostati o noci, per chi desidera un’intensificazione della croccantezza;

  • Presentazione moderna: polvere di cacao o scaglie di cioccolato fondente sulla superficie per un effetto visivo e aromatico più contemporaneo.

La Cupeta è un esempio perfetto di come semplicità e raffinatezza possano coesistere in pasticceria. Ogni pezzo racchiude storia, cultura e territorio, raccontando la capacità della cucina italiana di assimilare influenze esterne e trasformarle in creazioni uniche.

Dal XIII secolo ai giorni nostri, la Cupeta continua a essere preparata con cura, rispettando la tradizione artigianale, ma aperta anche a reinterpretazioni moderne. È un dolce che lega persone, stagioni e territori, un piccolo croccante mediterraneo che parla di amore, festa e convivialità.



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