Quando si parla di Natale nelle valli trentine, il pensiero corre subito al profumo speziato e avvolgente dello Zelten, una torta ricca di frutta secca e canditi che racchiude in sé secoli di storia e di ritualità domestica. Non è solo un dessert, ma un simbolo di convivialità, di famiglia e di legame con il territorio alpino. Chiunque l’abbia assaggiato conosce la sua densità e la sua dolcezza intensa, capaci di raccontare con un solo morso le lunghe serate invernali attorno al focolare, quando ogni ingrediente era prezioso e ogni ricetta diventava un atto di celebrazione.
Lo Zelten è un dolce che affonda le proprie radici nel cuore della cultura mitteleuropea. Il suo nome sembra derivare dal termine tedesco selten, che significa “raramente”, e rimanda al fatto che questo dolce veniva preparato solo in particolari occasioni, soprattutto nel periodo natalizio. In passato, infatti, ingredienti come la frutta secca, i fichi e i canditi non erano di uso comune: si trattava di alimenti costosi e difficili da reperire, riservati alle feste e alle grandi occasioni.
La prima testimonianza scritta risale al XVIII secolo, quando lo Zelten viene citato in alcuni trattati di cucina. Un manoscritto custodito presso la biblioteca comunale di Rovereto descrive dettagliatamente la preparazione del cosiddetto Celteno, nome con cui era conosciuto allora. Già all’epoca, dunque, lo Zelten rappresentava un dolce celebrativo, capace di unire comunità e famiglie intorno al valore della condivisione.
La sua diffusione è stata ampia in tutto il territorio trentino e sudtirolese, fino al Tirolo austriaco. Ogni valle, e spesso ogni famiglia, ha sviluppato la propria ricetta, con varianti che differiscono per proporzioni e ingredienti aggiuntivi: chi predilige più noci, chi arricchisce con datteri o prugne secche, chi aggiunge spezie come cannella e chiodi di garofano. Nonostante queste differenze, lo Zelten resta riconoscibile per la sua struttura compatta, la ricchezza di frutta e la decorazione in superficie, sempre curata come segno di orgoglio domestico.
Oggi è inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani (P.A.T.), una certificazione che ne garantisce la tutela e che riconosce il valore culturale di una preparazione che ha attraversato i secoli senza perdere la propria autenticità.
La ricetta dello Zelten può variare sensibilmente da un luogo all’altro, ma esiste una base comune che permette di identificarlo. Ecco una versione classica trentina, bilanciata e fedele allo spirito originario.
Ingredienti
250 g di farina 00
150 g di burro morbido
150 g di zucchero semolato
3 uova intere
1 bustina di lievito per dolci
100 g di fichi secchi
100 g di noci sgusciate
100 g di mandorle pelate
50 g di pinoli
100 g di uva sultanina
100 g di canditi misti (arancia, cedro, limone)
scorza grattugiata di un limone non trattato
mezzo bicchiere di grappa o rum (facoltativo, per ammorbidire l’uvetta)
un pizzico di sale
Preparazione passo per passo
Preparare la frutta secca: tagliare grossolanamente fichi, noci e mandorle; mettere l’uvetta in ammollo nella grappa (o nel rum, o semplicemente in acqua tiepida) per almeno 20 minuti.
Montare l’impasto base: in una ciotola capiente lavorare burro e zucchero fino a ottenere una crema morbida. Aggiungere le uova una alla volta, continuando a mescolare.
Incorporare gli ingredienti secchi: unire la farina setacciata con il lievito e un pizzico di sale, amalgamando bene fino a ottenere un impasto consistente.
Unire la frutta: aggiungere all’impasto fichi, noci, mandorle, pinoli, uvetta strizzata, canditi e scorza di limone. Mescolare con cura per distribuire uniformemente i pezzi di frutta.
Formare il dolce: trasferire l’impasto in una teglia imburrata e infarinata, modellandolo con le mani in una forma ovale o circolare, piuttosto piatta. La superficie può essere decorata con mandorle e noci intere disposte a motivi geometrici.
Cottura: cuocere in forno statico a 180 °C per circa 45-50 minuti, fino a quando la superficie sarà dorata e il dolce risulterà asciutto all’interno.
Raffreddamento: lasciare raffreddare completamente prima di servire. Lo Zelten, come molti dolci a base di frutta secca, migliora di sapore dopo uno o due giorni di riposo, quando gli aromi si amalgamano.
Lo Zelten non è semplicemente un dolce natalizio, ma un vero e proprio rito domestico. La sua preparazione coinvolgeva in passato tutta la famiglia, spesso qualche giorno prima della Vigilia, in un clima di collaborazione e festa. L’impasto ricco e la decorazione accurata erano segni tangibili di prosperità e di buon augurio per l’anno a venire.
In alcune zone del Trentino, lo Zelten veniva addirittura donato ai vicini e ai parenti come segno di amicizia e di pace durante le festività. Era un gesto che consolidava i rapporti sociali e che ancora oggi sopravvive, seppur in forme più moderne.
Lo Zelten, per la sua densità e dolcezza intensa, richiede abbinamenti che sappiano bilanciare la ricchezza del gusto. Alcune scelte consigliate:
Vino dolce passito: un Vin Santo trentino o un Moscato Giallo Passito si sposano perfettamente, grazie alla loro aromaticità e alla struttura vellutata.
Grappa invecchiata: per chi ama i sapori decisi, un piccolo bicchiere di grappa trentina, magari barricata, esalta la componente fruttata del dolce.
Bevande calde: tè nero speziato, infusi alla cannella o persino un vin brulé rappresentano ottimi compagni per una fetta di Zelten, soprattutto nelle fredde serate natalizie.
Formaggi stagionati: in alcune tradizioni lo Zelten viene accostato a formaggi dal sapore deciso come il Trentingrana, creando un contrasto dolce-salato di grande eleganza.
Lo Zelten è molto più di una torta: è un racconto che si tramanda attraverso le generazioni, un legame tra passato e presente che resiste anche nell’epoca della cucina globale. Ogni fetta porta con sé la memoria delle famiglie che lo hanno preparato con cura, la rarità degli ingredienti che un tempo lo rendevano speciale, e la gioia di un Natale vissuto come tempo di condivisione e comunità.
Prepararlo oggi significa non solo cucinare un dolce tradizionale, ma rinnovare un rito collettivo che da secoli accompagna le feste di fine anno sulle Alpi trentine. Un invito, dunque, a portare in tavola un pezzo autentico di storia e a lasciarsi avvolgere dal suo sapore ricco, caldo e avvolgente.