Dal cuore dell’Emilia alle tavole della festa: la storia, i sapori e l’identità culturale di una torta che attraversa i secoli
C’è un dolce che, più di altri, evoca in Emilia il tempo sospeso del Natale, la lentezza delle giornate invernali, la saggezza delle mani che impastano e l’aroma avvolgente delle spezie che riempie la casa. È la Spongata, torta antica dalla forma bassa e rotonda, la cui superficie lievemente rugosa, quasi “spugnosa”, dà il nome al dolce stesso. Si tratta di un concentrato di sapori d’altri tempi: miele, frutta secca, mostarda, pane grattugiato e spezie esotiche si fondono in un guscio friabile, dando vita a una combinazione tanto ardita quanto armonica.
Ma la Spongata è più di una semplice preparazione dolciaria: è un documento vivente della storia culturale e commerciale del Nord Italia. Racconta di pellegrinaggi, di mercanti che attraversavano l’Appennino, di botteghe speziale e di feste religiose. A differenza di dolci più recenti, nati in laboratorio o su intuizioni di singoli chef, la Spongata ha camminato con il popolo, cambiando forma e ingredienti a seconda dei territori, ma mantenendo intatto lo spirito profondo del dono e della condivisione.
L’origine della Spongata affonda in un passato lontano, che si perde tra leggende e archivi. Alcuni storici fanno risalire la sua nascita all’epoca romana, richiamandosi a un dolce di panificazione condito con miele e frutta. Altri la collocano nel tardo Medioevo, come dolce dei monasteri o dei viaggiatori che transitavano lungo la Via Francigena. È certo, invece, che già nel Quattrocento la Spongata era presente nelle botteghe parmigiane e reggiane, e che fu nel Rinascimento che assunse una connotazione più precisa, diventando il dolce natalizio per eccellenza della media pianura padana.
Il nome deriva dal latino “spongia”, ovvero spugna, e si riferisce al caratteristico aspetto rugoso della superficie, dovuto all’umidità del ripieno che trasuda leggermente attraverso la sfoglia superiore. La sua forma piatta e circolare si è mantenuta pressoché invariata nei secoli, così come la consuetudine di prepararla in anticipo rispetto al consumo, affinché i sapori si amalgamino al meglio.
La Spongata ha trovato le sue roccaforti principali nelle province di Parma, Reggio Emilia e Piacenza, ma è presente anche in Lunigiana e in alcune aree del Mantovano. A Brescello, Busseto, Borgotaro, Sarzana, ogni paese ha la sua “versione”, con leggere variazioni nella composizione del ripieno, nel tipo di mostarda utilizzata, nella quantità di miele o nella fragranza della pasta. In alcuni casi si aggiungono pinoli, in altri compaiono i canditi o il vino dolce.
Questa pluralità testimonia la natura “aperta” della ricetta, che nel corso dei secoli si è adattata agli ingredienti disponibili e alle preferenze locali, pur mantenendo la sua anima speziata, compatta e generosa.
La Ricetta Tradizionale (versione parmigiana)
Ingredienti per due Spongate da 24 cm:
Per la sfoglia:
300 g di farina 00
100 g di zucchero
100 g di burro
1 uovo
1 cucchiaino di lievito in polvere
3 cucchiai di vino bianco secco
Un pizzico di sale
Per il ripieno:
200 g di miele millefiori
100 g di pane grattugiato
100 g di noci tritate grossolanamente
50 g di mandorle pelate
30 g di pinoli
50 g di fichi secchi tritati
50 g di uvetta ammollata e strizzata
2 cucchiai di mostarda di frutta (meglio se di mele o pere, tritata finemente)
1 cucchiaio di cacao amaro
1 cucchiaio di zucchero
1 cucchiaino raso di cannella
1 pizzico di noce moscata
Scorza grattugiata di 1 limone
Mezzo bicchierino di liquore (preferibilmente Sassolino o anice)
Preparazione
1. Il ripieno (da preparare il giorno prima):
In
un pentolino, scaldare il miele fino a renderlo fluido, senza farlo
bollire. Aggiungere il pane grattugiato e mescolare. Unire la frutta
secca, i fichi, l’uvetta, la mostarda tritata, il cacao, le spezie
e la scorza di limone. Infine, versare il liquore e amalgamare bene
il tutto. Il composto deve risultare compatto ma non eccessivamente
asciutto. Coprire e lasciar riposare a temperatura ambiente per 12-24
ore.
2. La pasta:
Impastare tutti gli ingredienti
fino a ottenere una sfoglia liscia. Dividere in quattro parti.
Stendere due dischi sottili, che formeranno la base, e due per la
copertura.
3. Assemblaggio:
Disporre il primo disco su
una teglia coperta da carta forno. Stendere uno strato uniforme di
ripieno, lasciando circa un centimetro di bordo. Ricoprire con
l’altro disco, sigillando bene i bordi. Bucherellare la superficie
con una forchetta o uno stuzzicadenti.
4. Cottura:
Infornare a 180°C per circa 30-35
minuti. La superficie deve risultare dorata ma non troppo scura. Una
volta cotta, lasciare raffreddare completamente.
5. Conservazione:
La Spongata va avvolta in
carta oleata o in un telo e lasciata riposare almeno tre giorni prima
del consumo. Si conserva a lungo in luogo fresco e asciutto.
Per accompagnare la Spongata, la tradizione emiliana suggerisce vini dolci ma non stucchevoli. Un Malvasia Passito dei Colli di Parma esalta le note fruttate e speziate del ripieno. Ottimi anche un Vin Santo toscano o un Marsala secco, capaci di tenere testa alla struttura del dolce senza alterarne l’equilibrio.
Chi preferisce una bevanda analcolica può optare per un tè nero speziato – come un Chai – oppure per una tisana a base di cannella e scorza di agrumi, che dialogano perfettamente con la parte aromatica della Spongata.
Anche i formaggi stagionati, come un Parmigiano Reggiano 36 mesi, possono sorprendere come abbinamento alternativo, specialmente in un tagliere natalizio che accosti dolce e salato in equilibrio.
La Spongata è un dolce che non chiede attenzione, la merita. Non ostenta decorazioni appariscenti, non rincorre le mode. Rimane fedele a se stessa, come i cibi nati per durare. È una lezione di gusto antico, in cui ogni ingrediente ha una funzione precisa e racconta una parte della storia: il miele è il legame con la terra, le spezie con il mondo, il pane grattugiato con la saggezza del riuso. Prepararla significa non solo cucinare, ma rivivere un gesto secolare, che unisce le generazioni e restituisce dignità al tempo dell’attesa.
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