Tra i paesaggi ondulati della Lombardia rurale, dove le risaie convivono con le distese di mais e le cascine conservano ancora il sapore delle stagioni, la Torta Bertolda emerge come una delle espressioni più autentiche della cucina popolare. Dimenticata dai grandi manuali di gastronomia nazionale ma profondamente radicata nella memoria collettiva delle campagne padane, questa torta di mais rappresenta un inno alla semplicità e alla sostanza.
Nata nelle zone della bassa lombarda, in particolare tra Cremona, Lodi e il sud del milanese, la Bertolda è il frutto di un’ingegnosità domestica affinata nei secoli. Con ingredienti poveri ma nutrienti, i contadini davano forma a un dolce capace di durare diversi giorni, adattabile alle occasioni e profondamente legato al ritmo della terra. Niente orpelli, nessun desiderio di stupire: solo farina di mais, farina bianca, uova, burro, zucchero, a volte uvetta o scorza di limone, e quella pazienza contadina che si misura a manciate e non a minuti.
Oggi, mentre la gastronomia riscopre il valore delle preparazioni tradizionali e il concetto di sostenibilità si fonde con la riscoperta del territorio, la Torta Bertolda torna a farsi largo sulle tavole dei più attenti. Non come un reperto del passato, ma come una proposta attuale, concreta e sorprendentemente versatile.
L’introduzione del mais in Lombardia risale al XVI secolo, successivamente alla scoperta delle Americhe. Da quel momento, la coltivazione del granoturco si diffonde in modo capillare nel Nord Italia, diventando rapidamente base alimentare di ampie fasce della popolazione rurale. Se la polenta è l’eredità più nota di questo passaggio agricolo e culturale, non meno interessante è il suo impiego nella panificazione e nella pasticceria domestica.
La Torta Bertolda affonda le sue radici proprio in questo contesto. Il mais, reperibile in abbondanza e dal costo contenuto, veniva utilizzato anche per dolci rustici, destinati a essere consumati durante le feste religiose, i battesimi o i momenti di convivialità collettiva. Ogni famiglia possedeva la propria variante: c’era chi aggiungeva miele, chi incorporava mele o frutta secca, chi la preferiva più asciutta e friabile, e chi la preparava più umida, in funzione della durata desiderata.
Il nome “Bertolda” non ha una genealogia certa. Alcuni studiosi ipotizzano un riferimento al personaggio popolare medievale della vecchia Bertolda, figura arguta e senza fronzoli, che ben rappresenterebbe l’anima schietta e concreta di questo dolce. Altri pensano che il nome possa derivare da dialettismi locali, in parte perduti nel tempo.
Quel che è certo è che, fino agli anni Cinquanta del Novecento, la Torta Bertolda era ancora presente nei forni delle campagne lodigiane e cremonesi, venduta al taglio o scambiata nelle sagre paesane, spesso preparata in teglie di ferro annerite dal tempo.
Chi prepara oggi la Torta Bertolda sceglie consapevolmente di immergersi in un tempo più lento, fatto di attenzione alla materia prima e rispetto per la stagionalità. Non si tratta di una preparazione complessa, ma di una torta che richiede precisione e sensibilità nei dosaggi, soprattutto per garantire il giusto equilibrio tra le farine e la componente grassa.
A livello nutrizionale, è un dolce ad alta densità energetica, che ben si accordava alle esigenze di chi lavorava nei campi e aveva bisogno di alimenti sostanziosi e durevoli. Ancora oggi, servita al mattino con un caffè nero o accompagnata da un bicchiere di vino dolce, restituisce quella sensazione di conforto antico che solo certi sapori sanno evocare.
Ricetta tradizionale della Torta Bertolda (per 8 persone)
Ingredienti:
200 g di farina di mais fine (fioretto)
150 g di farina 00
150 g di zucchero semolato
150 g di burro a temperatura ambiente
3 uova intere
1 bustina di lievito per dolci
Scorza grattugiata di 1 limone non trattato
Un pizzico di sale
(Facoltativo) 50 g di uvetta ammollata o fichi secchi tritati
(Facoltativo) una manciata di pinoli o mandorle pelate
Procedimento:
Preparare l’impasto: in una ciotola capiente, lavorare il burro morbido con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungere le uova una alla volta, mescolando con cura. Unire la scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale.
Unire le farine: setacciare insieme la farina di mais, la farina 00 e il lievito. Incorporare gradualmente al composto liquido, mescolando con una spatola fino a ottenere un impasto omogeneo ma consistente. Se si desidera, aggiungere l’uvetta precedentemente ammollata o altra frutta secca.
Versare in teglia: ungere con burro e infarinare uno stampo da 24 cm (meglio se basso e largo). Distribuire l’impasto livellandolo con una spatola.
Cottura: cuocere in forno statico preriscaldato a 170°C per circa 40–45 minuti, o finché la superficie risulta dorata e uno stecchino inserito al centro esce asciutto. Lasciare raffreddare completamente prima di servire.
Conservazione: la Torta Bertolda si conserva bene per 4–5 giorni in un contenitore ermetico. Anzi, spesso migliora con il passare delle ore, quando i sapori si amalgamano e la consistenza si assesta.
La Torta Bertolda è un dolce dalla personalità discreta, ma con una struttura farinosa e un gusto profondo che si presta a numerosi abbinamenti, sia dolci che secchi. Tradizionalmente, nelle campagne lombarde veniva accompagnata da un bicchiere di vin santo, marsala secco o malvasia passita, il cui residuo zuccherino armonizzava perfettamente con la rusticità del mais.
Un’alternativa moderna ma perfettamente coerente è l’accompagnamento con un bicchiere di Erbaluce di Caluso Passito, dal profilo aromatico e vellutato, oppure un Moscato di Scanzo, per un’interpretazione più lombarda e locale.
Per chi preferisce le bevande calde, l’abbinamento con un infuso di rooibos o un tè nero fermentato ai frutti rossi sottolinea le note di mais e burro con grande eleganza.
Riscoprire la Torta Bertolda oggi significa riappropriarsi di un patrimonio gastronomico spesso trascurato, ma di straordinario valore culturale. Non è soltanto una ricetta antica: è una testimonianza concreta del legame tra cucina e paesaggio, tra il gesto quotidiano e la ritualità domestica. È il risultato di una tradizione che non ha mai cercato di apparire, ma che ha sempre voluto nutrire con onestà e misura.
In un’epoca di eccessi e virtuosismi culinari, riportare sulla tavola la Torta Bertolda è un atto di resistenza gentile: significa scegliere una cucina della memoria, capace di parlare ancora al presente senza retorica, con la forza silenziosa delle cose vere.
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