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Pepeçura

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Pepeçura è una specie di budino (muhallebi) della cucina turca, in particolare nella regione del Mar Nero orientale (province di Rize e Trebisonda), a base di mosto d'uva mescolato con farina e / o amido di mais fatto bollire fino a quando non si addensa. Può anche includere mandorle, noci e altra frutta secca. Il mosto d'uva è il succo d'uva pressato prima della fermentazione, ed è spesso usato come dolcificante nelle ricette tradizionali del pane, così come nella preparazione di dolci e dessert. Questo budino mosto d'uva è uno dei preferiti, particolarmente popolare nella stagione della vendemmia quando il mosto è fresco.


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Torta al rabarbaro

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La torta al rabarbaro (in inglese rhubarb pie) è un dolce britannico.

Caratteristiche
Oltre al rabarbaro a cubetti, la torta contiene quasi sempre una grande quantità di zucchero per bilanciare l'intensa acidità della pianta. Spesso la torta al rabarbaro contiene le fragole e, a volte, viene aromatizzata con la tapioca. Lo strato inferiore della torta è sempre a base di crosta dolce mentre le crostate al rabarbaro presentano una parte superiore a base di crosta dolce. Negli Stati Uniti, dove è anche popolare (soprattutto nella Nuova Inghilterra e nella regione delle Grandi Pianure), viene normalmente utilizzata una crosta superiore a forma di reticolo per la sua preparazione. Le torte e i dolci al rabarbaro sono molto richiesti anche in Canada, poiché tale pianta può sopravvivere nei climi freddi.



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Ayva tatlısı

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L'Ayva tatlısı (tr. dal turco: "dolce di mela cotogna") è un dolce tradizionale della cucina turca a base di mele cotogne e zucchero. Esso si prepara cuocendo in acqua le cotogne sbucciate e tagliate in due. Per un chilo di mele cotogne viene utilizzato un bicchiere di zucchero comune . Per un buon risultato le mele dovrebbero anche essere cotte al forno. Per dare al piatto il suo caratteristico colore rosso si usa un pigmento naturale oppure vino rosso, mentre il chiodi di garofano dà al piatto il suo aroma. Una volta cotto, l'ayva tatlısı viene servito guarnito con kaymak e noci. L'Ayva tatlısı è stata prodotta in Turchia sin dai tempi classici dell'Impero ottomano. Essa non va confusa con la cotognata turca.


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Quanti mon cherì bisogna mangiare prima di ubriacarsi


Ci si può ubriacare mangiando cioccolatini al liquore, ma ne servono davvero molti e forse sopraggiungerebbero prima i sintomi di un’indigestione piuttosto che quelli di una sbornia.


Dipende poi dalla gradazione alcolica del liquore, da quanto ne contiene ogni cioccolatino (in media** 16 millilitri), dal peso e dal sesso della persona che li mangia: l’organismo delle donne contiene meno acqua e più grasso di quello degli uomini e, poiché l’alcol si distribuisce solo nell’acqua, a parità di quantità di alcol ingerita la concentrazione nel sangue sarà maggiore per le donne.
Il Mon Chéri contiene 8** ml di alcol in 100 g di prodotto
Per raggiungere il limite consentito alla guida, 0,5 g/l di sangue, un uomo di 80 kg dovrà mangiare 35 Mon Chéri, mentre ne basteranno 23 a una donna di 60 kg.




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Strucchi

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Gli strucchi sono dei dolci friulani dalla forma di fagottini realizzati con lo stesso ripieno della gubana e originari della zona delle Valli del Natisone. Sono considerati, insieme alla gubana, un dolce tipico delle Valli del Natisone. Il nome e la grafia sono variabili a seconda delle zone friulane e giuliane, possono essere chiamati strucchi, struchi, struki, strucoli o strucoleti. L'etimologia del nome è incerta, anche se lo strudel di mele (Apfelstrudel) è chiamato nella cucina triestina "strucolo de pomi" e quindi la parola potrebbe indicare in generale un dolce col ripieno. In Slovenia sono diffusi con il nome di struklji o struki.
Gli strucchi possono essere fritti oppure lessi (cotti).
Nel caso siano fritti, la pasta esterna con la quale vengono realizzati è una pasta frolla. Si realizza una sorta di raviolo con la pasta frolla al centro del quale viene apposto il ripieno.
Nel caso in cui siano cotti, la pasta esterna con la quale sono realizzati è fatta con le patate e il condimento è con burro fuso, zucchero e cannella. Il ripieno sia per gli strucchi cotti che per quelli fritti è variabile ma comprende generalmente noci, nocciole, pinoli, uvetta, scorza di limone, zucchero, grappa.



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Haupia

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L'haupia è un dolce tradizionale hawaiano a base di latte di cocco.

Cenni storici
Lungo gli anni quaranta, l'haupia divenne un popolare condimento per le torte al latte consumate soprattutto durante i matrimoni. Oggi l'alimento viene consumato durante i luau e in altre festività tradizionali hawaiane.

Caratteristiche e preparazione
L'haupia è un pudding dalla consistenza gelatinosa simile al biancomangiare europeo e viene solitamente venduto in blocchi di varie dimensioni. Per la sua preparazione il latte di cocco viene riscaldato e miscelato con della pia (una radice diffusa nel sud-est asiatico macinata) fino a quando la miscela non si addensa. Nel caso non fosse disponibile, la pia può essere sostituita con l'amido di mais. Il dolce viene spesso tagliato in piccoli blocchi e servito in foglie di ti. Una variante popolare del pudding al cocco è la cosiddetta haupia pie o haupia cake, una torta a strati ripiena di cremosa haupia che può essere accompagnata da patate viola dolci e cioccolato.


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Struffoli



Gli struffoli sono dei tipici dolci natalizi della cucina napoletana.


Descrizione

Il dolce è composto da numerosissime palline di pasta (realizzata con farina, uova, strutto, zucchero, un pizzico di sale e liquore all'anice) di non più di 1 cm di diametro, fritte nell'olio o nello strutto e (dopo averle lasciate a raffreddare) avvolte in miele caldo e disposte in un piatto da portata dando loro, in genere, una forma a ciambella; si decora, infine, la composizione con pezzetti di cedro e altra frutta candita, pezzetti di zucchero e confettini colorati (chiamati diavolilli, diavoletti oppure "minulicchi"). Una variante può identificarsi negli struffoli al forno, e cioè con le palline di pasta cotte al forno anziché fritte, più leggere e altrettanto gustose.

Origini

Nonostante la loro tipicità, sembra che gli struffoli non siano stati inventati a Napoli ma che siano stati portati dai greci già ai tempi della Magna Grecia. Peraltro, nella cucina greca esiste ancora una preparazione simile, i loukoumades (ghiottonerie).
Un'ipotesi più probabile sull'origine degli struffoli è di derivazione spagnola. Esiste infatti, nella cucina andalusa, un dolce estremamente simile agli struffoli, il piñonate, che differisce dal dolce napoletano solo per la forma delle palline di pasta, che sono più allungate. La parentela tra struffoli e piñonate potrebbe risalire al lunghissimo periodo di vicereame spagnolo a Napoli.
Anche l'uso come dolce tipico natalizio sembra essere relativamente recente, in quanto il ricettario del Crisci (1634) ne fa cenno ma non specificamente in relazione al pranzo di Natale.

Etimologia

Il nome dello "struffolo", ossia della singola pallina che compone il dolce, deriverebbe dal greco, precisamente dalla parola στρόγγυλος (stróngylos, pron. "strongoulos" o "stroggulos") che significa "di forma tondeggiante".



Sinonimi

Nelle Marche, Abruzzo, Molise e in alcune zone del Lazio esiste un dolce simile chiamato "cicerchiata"; in Basilicata e Calabria si trova invece la "cicerata".
Nell'area dell'Alto Sangro e della Ciociaria, particolarmente presso la cittadina di Ceccano, con il nome struffoli si intende un dolce tipico carnascialesco diffuso in più parti d'Italia con il nome di castagnole (palline fritte della dimensione di una castagna).
A Taranto e nella provincia vengono chiamati "sannacchiudere", mentre a Lecce "purceḍḍuzzi" (porcellini dolci) detti anche pizzi cunfitti.
A Carloforte, nella provincia di Carbonia-Iglesias (Sardegna), vengono chiamati "giggeri".

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Cocada

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Le cocada sono dolcetti popolari nel Sud America. Vengono preparati mescolando cocco grattugiato, zucchero, uova e latte condensato e successivamente cotti al forno. Presentano una consistenza gommosa e vengono consumate a temperatura ambiente. Sebbene la loro colorazione naturale sia gialla e marroncina, le cocada possono essere trattate con il colorante alimentare. A volte vengono insaporite con mandorle o altra frutta secca.


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Zeppola

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Con il nome di zeppola (chiamata 'a zeppola , zéppele o "sfinci") si indica un dolce tipico della tradizione pasticcera italiana, preparato con modalità leggermente diverse nelle varie regioni. Nelle regioni dell'Italia centro-meridionale è un dolce tipico della festa di San Giuseppe ed è perciò detta zeppola di San Giuseppe, in altre zone è invece un dolce carnevalesco.
Da notare che in Campania, in particolare nel Cilento, sono chiamate confidenzialmente zeppole un dolce natalizio che non ha nulla a che vedere con questi, infatti il nome più appropriato sarebbe Scauratielli.

Zeppole di San Giuseppe

In Campania

Le zeppole di San Giuseppe sono molto popolari nella zona vesuviana e un tempo erano preparate direttamente nelle strade. Malgrado il nome, non traggono le proprie origini nel comune di San Giuseppe Vesuviano: ci sono varie ipotesi sull'invenzione di questo dolce, riferita sia alle suore di San Gregorio Armeno sia a quelle della Croce di Lucca, sia a quelle dello Splendore, sempre comunque a Napoli. La prima ricetta scritta risale al 1837, nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti.
Vengono preparate generalmente nel periodo di San Giuseppe (19 marzo) tanto da essere un dolce tipico della festa del papà. Gli ingredienti principali sono la farina, lo zucchero, le uova, il burro e l'olio d'oliva, la crema pasticcera, una spolverata di zucchero a velo e le amarene sciroppate per la decorazione. Nella tradizione napoletana esistono due varianti di zeppole di San Giuseppe: fritte e al forno. In entrambi i casi le zeppole hanno forma circolare con un foro centrale dal diametro di 2 cm circa e sono guarnite ricoprendole di crema pasticciera con sopra delle amarene sciroppate. Alcune pasticcerie provvedono anche alla farcitura interna della zeppola con tale crema, discostandosi dalla tradizione. Ultimamente si trovano zeppole ripiene di crema gianduia e panna. Infine questo dolce viene sottoposto a una spolverata di zucchero a velo.


Zeppole in friggitoria
A Napoli viene usato il nome zeppola anche per indicare le pastacresciute, specialità delle friggitorie tipiche, molto diverse e salate. In questa versione, talvolta vengono aggiunti ingredienti come alghe di mare, acciughe salate o cicenielli.


Zeppole itrane

A Itri (LT), con il nome di Zeppola di San Giuseppe si indica una piccola frittella di farina, acqua e lievito di birra, lievitata e poi fritta in olio di oliva e successivamente cosparsa di zucchero o miele. Ne esiste anche una variante più elaborata con l'aggiunta nell'impasto di uova e latte. È uno dei piatti tipici del paese preparati in occasione dei Fuochi di San Giuseppe



Zeppole Pugliesi

Le zeppole vengono preparate per la festa di San Giuseppe e in alcuni paesi dove si preparano le tradizionali "Tavole di San Giuseppe" vengono utilizzate come ultima pietanza, per dolce.
Sebbene negli ultimi anni si sia affermato l'uso di friggere la pasta della zeppola anche usando olio di oliva, la vera zeppola pugliese viene fritta nello strutto.
Nella penisola vengono preparate con acqua, strutto, sale, farina, limone grattugiato e uova, fritte o al forno e decorate con crema pasticcera e crema al cioccolato, oppure due o tre amarene sciroppate. La zeppola fa parte della pasticceria pugliese ed è presente tutto l'anno, con una maggiore produzione nel periodo della festa di San Giuseppe.
Tra le varianti preparate in casa vi sono zeppole intrecciate a forma di "elle" minuscola, fritte e passate ancora calde nello zucchero. Queste zeppole non hanno tipicamente la crema.



Zeppole siciliane

Le Zeppole di San Giuseppe siciliane sono preparate con farina, riso, miele d'arancio e zucchero a velo. Le zeppole, listelli di forma cilindrica lunghi circa 6-8 centimetri, vengono fritte nell'olio bollente e alla fine ricoperte di miele d'arancio e zucchero a velo con cannella.



Zeppole reggine

A Reggio Calabria le zeppole di San Giuseppe (zippuli ca' ricotta) sono dei piccoli bignè preparati con farina, zucchero, uova, vanillina e strutto farciti con ricotta, zucchero, cannella, limone grattugiato e zucchero a velo. Esiste inoltre una variante salata, preparata con patate, farina, lievito di birra e acqua. Possono avere forma di ciambella irregolare o contenere al loro interno acciughe dissalate, baccalà, 'nduja e olive a piacimento. Infine vengono fritte in olio bollente.



Zeppole cosentine

Nella città di Cosenza vengono preparate con margarina o strutto, farina, uova, cotte al forno e successivamente fritte. Vengono poi farcite con crema e si inserisce in un ricciolo di crema una ciliegina carammellata.



Zeppole molisane

Come nella tradizione napoletana, nel Molise vengono cotte sia al forno sia fritte. All'interno si usa esclusivamente crema pasticciera con l'aggiunta di un cucchiaino di marmellata di amarena o amarene intere come finitura. Una volta venivano vendute a pezzo, piuttosto soddisfacente per dimensione; oggi vengono offerte anche nella versione mignon e vendute a peso.



Zeppole teramane

A Teramo città e nelle vallate attigue, dal Gran Sasso fino al mare, nel giorno di San Giuseppe, è tradizione che il pranzo termini gustando una zeppola di San Giuseppe. La zeppola teramana è una sorta di bignè più grande nella forma, con all'interno della crema pasticciera rigorosamente bianca con l'aggiunta di un'amarena.



Zeppole di carnevale

In Sardegna, Marche, Umbria, Campania e altre regioni le zeppole sono un dolce carnevalesco.



Zeppole Sarde o Tzìpulas o Frisgiolas

Is tzìpulas (pronuncia: I' tsippulasa, ma in alcune varianti del sardo, la l cade: i' tsippuasa tranne che in Logudoro dove si chiamano frisgiòlas, nome italianizzato in "zeppole" / "frittelle", costituiscono un dolce tradizionale del carnevale tipico della Sardegna. La ricetta varia da un comune all'altro comune, ma in linea generale ha come ingredienti fondamentali la farina, il lievito e l'acqua, e come elementi eventuali, in alcune varianti, il latte, le uova, il limone, l'arancio, la mozzarella, le patate e nel sassarese l'acquavite o il liquore di anice. Il prodotto si consuma zuccherato o glassato. Un comune dove l'antica tradizione nella preparazione delle zeppole e ben nota è quello di Narbolia, in provincia di Oristano, nella subregione del Montiferru, dove si tiene ogni anno, nel periodo del carnevale, una sagra dedicata a tale dolce, in cui la degustazione è accompagnata dalla presentazione di altri prodotti locali e da festeggiamenti folkloristici.



Zeppole marchigiane

Le zeppole marchigiane hanno sempre forma di ciambella e non sono mai accompagnate da crema o da amarene. Insieme con arancini, frappe, cicerchiata e castagnole compongono il quintetto dei dolci carnevaleschi marchigiani. All'impasto spesso si aggiunge come aroma rum o anice (spesso presente nei dolci marchigiani) e la buccia di limone grattugiata.


Zeppole nocelletesi

Sono un tipico dolce di Carnevale conservato e tramandato per tradizione nei paesi del territorio di Carinola (in provincia di Caserta) e in particolar modo nella frazione di Nocelleto, da cui il nome. Le origini di questo dolce non sono certe, potrebbero essere di epoca romana per composizione della pastella di base - anche se alcuni dei principali ingredienti sono stati nel tempo sostituiti, ad esempio il miele con lo zucchero - o potrebbero essere correlate all'episodio attribuito a Papa Gelasio nel V secolo che, per sfamare i pellegrini francesi giunti a Roma per la festa della Candelora, sancì in un certo senso l'origine ufficiale di una "cugina" della zeppola nocelletese, ovvero la crespella o crêpe, e la sua diffusione. Sta di fatto che ancora oggi la zeppola carinolese viene cucinata in tegame in cotto; questo tegame per la sua forma è comunemente chiamato “ruoto” - ruoto pà 'zeppula - ed ha dimensioni che variano dai 20 ai 30 ai 40 cm di diametro con una serie di forellini concentrici da 1 – 2 mm nella parte centrale ed è rigorosamente costruito a Cascano (l'antica Gallicanum), rinomata per i laboratori e per le fornaci ove lavorare e cuocere la terracotta (famose le anfore per il trasporto del vino Falerno nell'antica Roma). Il dolce originariamente era considerato il “dolce dei poveri” in quanto costituito da ingredienti semplici come farina, acqua, buccia di limone grattugiato, uova, sale e farcito da zucchero; a questi ingredienti nella versione attuale sono stati aggiunti olio extra vergine di oliva, cannella, vaniglia ed anice. Riuscire a preparare, cuocere ed ottenere una zeppola è improbabile se almeno una volta non si è assistito al suo procedimento dal vivo. In particolare la cottura della zeppola avviene in maniera indiretta, per induzione nel “ruoto” di terracotta portato a una specifica temperatura e quindi non per cottura sul fuoco. Il risultato che si ottiene è una sorta di crespella omogeneamente bucherellata come un nido di ape. Una volta solidificato, l'impasto è rimosso dal "ruoto" per guarnirne la superficie con dello zucchero granulare (nelle versioni più moderne anche con marmellata o con crema alla nocciola). Generalmente la zeppola viene mangiata calda e non è tagliata a fette in quanto viene da tradizione piacevolmente “strappata” con le mani.






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Schiaccia campigliese

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La schiaccia Campigliese è il dolce tipico di Campiglia Marittima in Toscana. Si tratta di una torta croccante che va servita accompagnata con vino bianco o, in alternativa, con vino bianco o vin santo.

Storia
La prima testimonianza risale al 1868 ed è stata trovata nel quaderno del vitto giornaliero di casa Maruzzi.

Preparazione
Prima si procede ad un impasto con ingredienti quali farina, uova, strutto, zucchero e pinoli. Quando il tutto è pronto si inserisce nel forno a media temperatura (180°) per circa 30 minuti.
La sua particolarità consiste soprattutto nel sapore e nella consistenza conferitale dallo strutto, è possibile degustarla in molti ristoranti e trovarla nelle panetterie e pasticcerie della zona.

Diffusione
La sua diffusione non si limita a Campiglia Marittima arrivando in tutta la provincia di Livorno.


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