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Bicerin

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Il Bicerin (in piemontese, letteralmente bicchierino) è una storica bevanda calda e analcolica tipica di Torino, evoluzione della settecentesca "bavarèisa", gustosa bevanda servita in grandi bicchieri tondeggianti, composta da una mescolanza di caffè, cioccolato e crema di latte dolcificata con sciroppo.
Il rituale del bicerin prevedeva che i tre ingredienti fossero serviti separatamente. Inizialmente erano previste tre varianti: pur e fiòr (l'odierno cappuccino), pur e barba (caffè e cioccolato), un pòch ëd tut (ovvero un po' di tutto), con tutti e tre gli ingredienti miscelati. È stata quest'ultima formula ad avere più successo e a prevalere sulle altre. Una curiosità che è rara da leggere è che il tutto veniva accompagnato da dei "bagnati", dolcezze artigianali di ben 14 specie.
Tra i primi testi che raccontano la storia del Bicerin c'è il testo di Alberto Viriglio, Torino e i Torinesi, la cui prima edizione risale al 1898.
Nel 2001 il Bicerin è stato riconosciuto come "bevanda tradizionale piemontese" con pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Il Caffè Al Bicerin è lo storico locale che conserva gelosamente la ricetta del Bicerin, di fronte al Santuario della Consolata
Si ritiene che la sua origine sia dovuta allo storico locale torinese Caffè Al Bicerin (del 1763) che da allora ne porta il nome e ne conserva gelosamente la tradizionale ricetta, difesa accanitamente: i dipendenti sono tenuti per contratto al segreto. È comunque possibile trovarlo nelle migliori caffetterie di Torino, in versioni sempre lievemente differenti nelle dosi, e nell'omonima caffetteria.
Gli ingredienti sono semplici: cioccolato fatto in casa, caffè e fior di latte, ma le dosi della ricetta originale sono sconosciute. Il risultato è una bevanda gustosa, frutto della fusione dal bollente della cioccolata con il marcato sapore del caffè e la delicata schiuma raffreddata del fior di latte. Viene servito in alti bicchieri o calici di vetro che permettono di osservarne la sfumatura di colori dovuta al miscelarsi dei vari ingredienti.
Il Bicerin non va confuso con il liquore omonimo prodotto con altri ingredienti (è un liquore alla crema Gianduia).
Grandi appassionati di Bicerin furono Camillo Benso Conte di Cavour, Pablo Picasso, Alexandre Dumas (padre), Ernest Hemingway (che lo inserì fra le cento cose del mondo che avrebbe salvato), Umberto Eco (nel Il cimitero di Praga cita l'omonimo caffè storico) e Riccardo Pedraneschi (Il mistero della Pallacorda).

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Ovos moles de Aveiro

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Gli ovos moles de Aveiro sono la denominazione di un dolce tradizionale del distretto di Aveiro, in Portogallo.
Dall'aprile 2009, a livello europeo, la denominazione Ovos Moles de Aveiro è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP).
Si ottengono unendo tuorli d'uovo crudi e sciroppo di zucchero e si presentano sfusi, avvolti in un'ostia o confezionati in recipienti di legno o porcellana a forma di botte. Sono di colore omogeneo, che varia tra il giallo e l'arancio. L'ostia che viene talvolta utilizzata per la commercializzazione è di colore bianco crema e di sapore proprio; le sue varie forme con motivi lagunari richiamano la zona di Aveiro (pesci, granchi, cozze, conchiglie, buccine, botti di legno, boe galleggianti, cuori eduli e vongole o frutta secca).
Gli ovos moles de Aveiro devono essere conservati ed esposti ad una temperatura compresa tra gli 8 °C e i 25 °C, in modo da garantire la durata normale del prodotto, pari a 15 giorni.
La zona geografica di produzione è circoscritta ai comuni limitrofi della Ría de Aveiro e alle zone lagunari adiacenti, nonché ai comuni situati nel medio Vouga.
Si tratta di un dolce regionale, tradizionale della pasticceria aveirense, la cui ricetta e metodo di preparazione risalgono alle suore dei vari conventi che esistevano nella zona fino al secolo XIX - dominicane, francescane e carmelitane, e in particolare al monastero di Jesus de Aveiro. Le religiose utilizzavano la chiara d'uovo per stirare gli abiti, mentre i tuorli, pur di non disperderli, divennero la base per la preparazione del dolce. Una volta terminata la stagione dei conventi, quando l'ultimo fu chiuso - nel 1874 - l'unica impiegata rimanente che sapesse preparare il dolce, D. Odília Soares, ha cominciato a produrli in casa e in seguito a diffondere la ricetta presso altre famiglie della città.
Si narra che dopo l'apertura della ferrovia Porto-Lisboa, sia diventato un fatto ricorrente che le donne in abito tradizionale vendano questi dolci in corrispondenza della fermata del treno nella stazione di Aveiro.

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Viennetta

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La Viennetta è un dolce semifreddo a base di gelato alla panna e sottili scaglie di cioccolato fondente.
Questo dolce è stato lanciato per la prima volta dalla Algida nel 1982 utilizzando una tecnica ideata da Kevin Hillman, responsabile dello sviluppo presso lo stabilimento dell'azienda di Gloucester.
La Viennetta è attualmente disponibile in vari gusti tra cui cioccolato, vaniglia, Crème brûlée, choco-nut, zabajone, cappuccino e tiramisù.



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Strawberry sundae

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Il Strawberry Sundae è un gelato da dessert ricoperto di sciroppo, in alcuni casi guarnito con granella di nocciole, panna montata, o ciliegie maraschino.
Il primo sundae storicamente documentato è stato creato ad Ithaca (New York) il 3 aprile 1892 da John M. Scott, ministro unitarianista, e Chester Platt, co-proprietario della Platt & Colt Pharmacy.
Sebbene per l'Oxford English Dictionary l'origine del termine sia oscura, è solitamente accettata la versione secondo la quale "sundae" derivi dalla parola sunday, o sonntag, che significano domenica rispettivamente in inglese e in tedesco.
Fra le molte storie riguardo l'invenzione del sundae c'è quella delle cosiddette Blue Laws, le quali vietavano il consumo di gelato, sia al naturale che mischiato con sciroppi o bibite gasate (la seconda tipologia è stata inventata da Robert M. Green a Philadelphia nel 1874). Si racconta che queste leggi abbiano spinto i droghieri a produrre un sostituto per questi dolci che fosse comunque consumabile di domenica: sempre secondo questa teoria, il nome fu leggermente modificato da Sunday (domenica) in sundae, per evitare di offendere qualunque convenzione religiosa.
A supporto di quest'idea, Peter Bird scrisse in The First Food Empire: A History of J. Lyons and Co. (2000) che il nome 'sundae' fu adottato in Illinois a seguito delle prime proibizioni di consumazione domenicale di gelato, poiché un gelato con una guarnizione che lo nascondesse non era considerato tale. Comunque, secondo un documento pubblicato dagli Evaston, nella Illinois Public Library, non era il gelato, ma la sua versione miscelata con la soda a essere fuorilegge di domenica in Illinois
Altre leggende si focalizzano sulla novità del dolce o sul nome dell'inventore, e non menzionano affatto alcuna pressione legale.
Varie località americane pretendono di essere riconosciute come luogo natio del sundae. La lista dei pretendenti include Ithaca, Two Rivers, Wisconsin, Plainfield, Illinois, Evanston, Illinois, New York, New Orleans (Louisiana), Cleveland (Ohio) e Buffalo (New York).

Two Rivers, Winsconsin, 1882

Le pretese della città di Two Rivers sono basate sulla storia di George Hallauer, che pare nel 1881 chiese a Edward C. Berners, il proprietario della Berners' Soda Fountain, di spruzzare dello sciroppo al cioccolato su d'un gelato. Berner alla fine lo fece, e iniziò a vendere questo dolciume per un nickel, inizialmente solo la domenica ma poi ogni giorno. Quando Berner morì nel 1939m il Chicago Tribune titolò il suo necrologio "L'Uomo Che Creò il Primo Gelato Sundae è Morto" ("Man Who Made First Ice Cream Sundae Is Dead". Due studenti della Ithaca High School, comunque, sostengono che Berner all'epoca avrebbe avuto solo 16 o 17 anni all'epoca dei fatti, e che è dunque "improbabile" che possedesse già un negozio di gelati. Sostengono anche che il necrologio dati il primo sundae di Berner al 1899 e non al 1881.
I residenti di Two Rivers hanno contestato le altre città che pretendono il diritto di affermarsi "luogo di nascita del sundae". Quanto il sindaco di Ithaca proclamò un giorno nel quale celebrare la sua città come luogo di nascita del sundae, ricevette dagli abitanti di Two River svariate cartoline contenenti proteste al riguardo.

Evanston, Illinois, 1890

Evanston fu una delle prime località ad approvare le Blue Laws contro la vendita di gelati con soda nel 1890. "Alcuni ingegnosi baristi e droghieri, in "Heavenston", obbedendo alla legge, servivano gelato con lo sciroppo richiesto ma senza soda. Dunque seguendo la legge. [...] Queste "sode" senza soda diventarono la soda della Domenica" Poiché la vendita del dolce continuava anche di lunedì, i capi dei venditori locali proposero di chiamare il dessert con un nome che richiamasse il Sabbath. Così il nome del dolce fu mutato in Sundae.

Ithaca, New York, 1892

A supporto della tesi che afferma Ithaca essere la città natale del Sundae, i ricercatori dell'History Center in Tompkins County (New York), riportano ancora un'altra versione su come il sundae venne creato: fu la domenica 3 aprile 1892 che John M. Scott, un ministro della Chiesa Unitaria, e Chester Platt, co-proprietario della Platt & Colt Pharmacy, crearono il primo sundae storicamente documentato. Platt ricoprì per un mero capriccio un piatto di gelato con sciroppo di ciliegie e ciliegie candite, e chiamò il piatto "Cherry Sunday" (cherry è ciliegia in inglese) in onore del giorno in cui era stato creato. La più antica prova scritta di un sundae è una inserzione per la "Cherry Sunday" della Platt e Colt's, pubblicato sull'Ithaca Daily Journalil 5 aprile 1892. Nel maggio dello stesso anno la Platt&Colt vendeva già "Strawberry Sundays" e, successivamente, "Chocolate Sundays". I "Sundays" della Platt&Colt arrivarono a divenire così popolari che, nel 1894, Chester Platt tentò di registrare il termine "Sunday".

Plainfield, Illinois

Anche Plainfield (Illinois) sostiene di essere la casa del primo gelato sundae. Una convinzione locale è che un droghiere di Plainfield chiamato Mr. Sonntag creò il piatto "a causa delle sollecitazioni dei protettori di creare qualcosa di differente". Questi chiamò il piatto "sonntag", come il suo cognome, e poiché Sonntag in tedesco vuol dire domenica, (ovvero Sunday in inglese), il nome fu tradotto in Sunday e successivamente fu modificato in sundae. Per questa versione non è riportata alcuna data precisa.
Il gelato è costituito da piccole palline di gelato alla vaniglia condite con una salsa aromatizzata o dello sciroppo, panna montata e una ciliegina al maraschino. Secondo la tradizione, viene quasi sempre servito in una coppa di vetro a forma di tulipano.

Hot Fudge Sundae

È una delle tante variazioni. Il nome deriva dalla salsa calda al cioccolato con cui è guarnito.

Caramelo Sundae

Questa è una variante dell'Hot Fudge in cui la salsa al caramello sostituisce quella al cioccolato.

Sundae Tartaruga

Gli ingredienti principali sono gelato alla vaniglia, salse al cioccolato e al caramello, noci tostate e pecan. È un gelato molto famoso nella tradizione americana. Il nome deriva da una caramella americana chiamata Turtle (in inglese "tartaruga") che aveva gli stessi ingredienti del gelato sopra citato.
Il sundae più costoso è il Golden Opulence Sundae, venduto da un ristorante a New York al prezzo di 1000 dollari statunitensi. Il gelato è costituito da cinque palline di gelato Tahiti alla vaniglia del Madagascar, coperto da una foglia d'oro commestibile da 23 carati, caviale, cioccolato, frutto della passione, arancia, frutta candita di Parigi, marzapane, ciliegine ed è decorato con confetti di oro vero. Il gelato viene servito in un calice di cristallo baccarat Harcourt con un cucchiaino d'oro a 18 carati.

Ricetta

Ingredienti

  • 10 fragole circa.
  • Gelato alla vaniglia.
  • 5 o 6 biscotti alle mandorle.
  • 5 o 6 meringhe piccole.
  • Un po' di marmellata di lamponi.
  • Panna spray.
  • Wafer decorativi per gelato.
  • Cioccolato al latte.

Preparazione

  1. Mettete una fragola da parte, le altre mettetele nella ciotola e spappolatele con la forchetta.
  2. Mettete delle palline di gelato. Per rendere l'operazione più facile, immergete il cucchiaio da gelato nell'acqua tiepida
  3. Mettete sopra il gelato un poco di fragole spappolate.
  4. Fate a pezzettini con le mani le meringhe e mettetele sopra il gelato e le fragole.
  5. Mettete un po' di marmellata di lamponi
  6. Fate un paio pezzettini di biscotti alle mandorle e metteteli sopra.
  7. Adesso rifate uno strato di tutto: gelato, fragole, meringhe, marmellata e biscotti.
  8. Finite con un ultimo strato di gelato.
  9. Fate una spirale con la panna spray.
  10. Grattuggiate il cioccolato al latte sopra la panna.
  11. Mettete sopra il wafer decorativo e poi la fragola messa da parte.



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Susumelle

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Le Susumelle sono un dolce tipico calabrese, specialità della zona di Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. Sono "biscottini di pasta dolce", tipicamente dalla forma di panetti ovali di circa 10 cm che possono essere ricoperti di miele o cioccolato (anche cioccolato bianco).
In alcune ricette all'impasto dei biscotti vengono aggiunte uvetta o frutta candita. Vengono usualmente accompagnati con vino dolce come lo zibibbo o con il limoncello. Sono dolci tipicamente natalizi, così come i Tardilli, la Cicerchiata e la Pitta cu passuli (letteralmente "focaccia di uva passa") nota per la sua forma particolare (sei rose concentriche con la settima centrale) e per racchiudere in sé tutti i prodotti natalizi tipici della Calabria, quali: pinoli, uva passa, miele, canditi e noccioline.

Ricetta

Ingredienti

Ingredienti per un prodotto familiare:
  • Farina gr. 500.
  • Lievito di birra gr. 25.
  • Uova n. 3.
  • Strutto (o burro) gr. 150.
  • Scorza di un limone.
  • Cioccolato (o miele) n. 3 cucchiai.
  • Un pizzico di sale.
  • Acqua n. 5 cucchiai circa.

Preparazione

  1. Sciogliere il lievito con un po’ d’acqua tiepida, mettere un pizzico di sale, un paio di cucchiai di farina e mescolare bene.
  2. Coprire e lasciare lievitare fin quando l’impasto avrà raggiunto il doppio del suo volume.
  3. Disporre - quindi - il panetto così ottenuto sopra un piano ed aggiungere il resto della farina e lo strutto (o burro), formando una palla di pasta omogenea.
  4. Coprire con un tovagliolo per circa 20 minuti. Stendere, allora, con il mattarello la pasta ricavando una sfoglia dello spessore di un centimetro.
  5. Ritagliare degli ovali e disporli in una teglia da forno appena unta di strutto.
  6. Cuocere in forno caldo a 200 gradi, fin quando le “susumelle” appariranno leggermente dorate.
  7. Appena cotte ricoprire la superficie con miele oppure con glassa di cioccolato fondente.



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Tartufi al cioccolato

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I Tartufi al Cioccolato sono dei cioccolatini, tradizionalmente a base di cioccolato fondente, burro, uova e cacao amaro in polvere, con forma tipica a sfera o pallina. Il loro nome deriva dalla somiglianza con i tartufi (tuberi).
I tartufi al cioccolato furono inizialmente creati da Nadia Maria Petruccelli, nel dicembre 1895, ma raggiunsero la popolarità tra il pubblico nel 1902, quando il negozio di cioccolato di Antoine Dufour, a Londra, cominciò a produrli.

Ricetta

Ingredienti

  • 250gr. di cioccolato (preferibilmente fondente).
  • 2/3 cucchiai di latte.
  • 2 tuorli d'uova.
  • 75gr. di burro.
  • Cacao in polvere.

Preparazione

  1. Fare fondere il cioccolato in una terrina. Aggiungere il latte a fuoco basso fino a ottenere una pasta liscia e brillante.
  2. Togliere dal fuoco, fare raffreddare quanto basta per poter aggiungere i tuorli senza che si cuociano. Aggiungere anche il burro e lavorare per qualche minuto fino a far bene amalgamare.
  3. Mettere in frigo a riposare per circa 4 ore.
  4. Fare delle piccole palline a partire dall'amalgama così raffreddato.
  5. Passare le palline nel cacao in polvere fino a ricoprirle in mode omogeneo.
  6. Conservare in frigo e consumare entro 2/3 giorni.



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Tiramisù vegano

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Il Tiramisù Vegano è un particolare tipo di tiramisù che prevede l'uso solo di ingredienti vegani.
Il Tiramisù è un dolce diffuso in tutta Italia, le cui origini vengono spesso contese fra regioni quali il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana. È un dessert al cucchiaio a base di savoiardi (oppure altri biscotti di consistenza friabile) inzuppati nel caffè e ricoperti di una crema composta di mascarpone, uova e zucchero. In alcune varianti la crema è inoltre aromatizzata con il liquore.
La ricetta del tiramisù non è presente nei libri di cucina precedenti agli anni sessanta del XX secolo. Ciò consente di supporre che il tiramisù, come lo si conosce ora, sia un'invenzione recente. Elemento ulteriore è la mancata identificazione del dolce nelle enciclopedie e dizionari degli anni settanta e ottanta. Il dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti fa risalire la prima menzione del nome al 1980.
Nella tradizione pasticcera il tiramisù presenta delle similitudini con alcuni dolci, in particolare con la charlotte, composta da una crema bavarese circondata da una corona di savoiardi e ricoperta da una guarnitura, con la zuppa inglese, composta da strati di savoiardi inzuppati nell'alchermes e/o nel rosolio e crema pasticcera, con il dolce Torino, composto da savoiardi bagnati nell'alchermes e nel rosolio inframmezzati da un composto a base di burro, tuorli di uovo, zucchero, latte e cioccolato fondente, e la Bavarese Lombarda, con la quale presenta affinità per la preparazione e la presenza di alcuni ingredienti come i savoiardi e i tuorli d'uovo (assodati e non crudi in quest'ultima).
Nella bavarese vengono utilizzati anche il burro ed il rosolio (o alchermes), ma non il mascarpone e il caffè. L'esperto enogastronomo Giuseppe Maffioli, nella rivista "Vin Veneto: rivista trimestrale di vino, grappa, gastronomia e varia umanità del Veneto" del 1981, storicizza la preparazione del dolce verso la fine degli anni Sessanta, localizzandolo presso il ristorante "Alle Beccherie" di Treviso, gestito dalla famiglia Campeol, ad opera di un cuoco pasticcere che aveva lavorato in Germania, Roberto "Loly" Linguanotto, il quale voleva ricreare delle tipologie di dolci visti nella sua esperienza all'estero.
Il nome del dolce friulano, "tirimisù", poi italianizzato in "tiramisù", sarebbe stato adottato per le sue capacità nutrizionali e ristoratrici, anche se altri affermano maliziosamente che il nome sia dovuto a presunti effetti afrodisiaci. Maffioli identificava il tiramisù fra i dolci al cucchiaio di stampo asburgico, anche se, sostanzialmente, lo definiva come una variante della zuppa inglese. La sua diffusione è stata rapida sia nel Friuli che in tutta Italia., Roberto Linguanotto, in un'intervista, afferma che la prima ricetta deriverebbe dallo "sbatudin", un composto di tuorlo d'uovo sbattuto con lo zucchero, utilizzato comunemente dalle famiglie contadine come ricostituente, a cui venne semplicemente aggiunto del mascarpone. Una ricetta del tiramisù si può trovare nel libro "I dolci del Veneto" di Giovanni Capnist del 1983, anche se il dolce non è indicato con il suo famoso nome.
Ulteriori conferme alla storicità e localizzazione del dolce possono essere ritrovate anche in testi più recenti come "Cucina e tradizioni del Veneto" (testo per istituti alberghieri): anch'esso localizza la creazione del dolce presso il ristorante "Beccherie" di Treviso da parte di un cuoco con precedenti esperienze mitteleuropee. Il testo presenta maggiori incertezze per il collocamento temporale dell'invenzione, individuata «nell'immediato dopoguerra». Nel libro "L'Italia dei dolci", edito dal Touring Club Italiano, nella sezione relativa alla regione Veneto il tiramisù viene definito «dolce moderno per eccellenza» e oramai diffuso in tutto il mondo. L'origine veneta del dolce viene più genericamente affermata anche da enciclopedie e vocabolari. Il lemma tiramisù viene identificato come di origine veneta nel testo "Le parole dialettali" di Paolo Zolli del 1986.
In occasione del giorno europeo 2006, il tiramisù venne scelto per rappresentare l'Italia nell'iniziativa Sweet Europe.
Il 17 gennaio 2013 il tiramisù è stato dichiarato piatto ufficiale della 6ª Giornata Mondiale della Cucina Italiana.
Una delle leggende sulla nascita del tiramisù pone le sue origini a Siena, come dolce preparato in occasione di una visita del granduca Cosimo III de' Medici e denominato "zuppa del duca".[22] Se questa versione è teoricamente compatibile con l'introduzione in Italia di uno degli ingredienti principali del tiramisù, il caffè (utilizzato all'epoca come bevanda e in assenza di attestazioni del suo uso all'interno di alimenti), non lo è altrettanto per l'utilizzo del mascarpone, che è un formaggio tipico della Lombardia, e per i savoiardi, biscotti originari della Savoia, entrambi poco verosimilmente usati nella pasticceria senese fra il XVII e il XVIII secolo. Il mascarpone, in particolare, irrancidisce rapidamente e difficilmente poteva essere conservato e trasportato in tempi brevi dalla Lombardia alla Toscana.
Anche l'utilizzo di uova crude all'interno di un dolce non soggetto a cottura, in passato, presentava delle difficoltà, dato l'elevato rischio di sviluppare la salmonella a causa dei precari metodi di conservazione degli alimenti esistenti a quei tempi. In effetti, anche recentemente la cattiva conservazione dei suoi ingredienti ne ha evidenziato la potenziale pericolosità. La zuppa del duca non è indicata nei classici libri di cucina come "La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" di Pellegrino Artusi. A differenza di quanto avviene a Siena, dove non risulta tra i prodotti considerati tipici della zona, mancando tra questi un dolce al cucchiaio che abbia caratteristiche similari al tiramisù, a oggi il tiramisù è riconosciuto come dolce principe della provincia di Treviso.
Tra i ristoranti a cui viene attribuita la sua paternità si annoverano anche i trevigiani "El Toulà" e "Al Fogher". Un'altra tesi racconta che il dolce sia stato creato da un pasticcere di Torino per sostenere il conte di Cavour nella sua azione per unificare l'Italia. Anche ai tempi dell'unità di Italia i metodi di produzione e conservazione degli alimenti non potevano garantire la salubrità di questo tipo di dolce, e anche per questa ipotesi non si sono riscontrate fonti a sostegno. Fra coloro che asseriscono di aver creato il tiramisù risulta esservi anche un certo Carminantonio Iannaccone, attualmente residente negli Stati Uniti, che, in un articolo del Washington Post del 2007, afferma di averlo inventato negli anni Settanta quando si trovava a Treviso.
Questa versione autoreferenziale e priva di fonti è stata smentita dalla rivista il "Gastronauta", che ha attribuito, anch'essa, la paternità del dolce al ristorante "Alle Beccherie". Fonti giornalistiche degli anni Dieci del Duemila sostengono che il dolce sia stato inventato in Carnia negli anni cinquanta. Tale versione, che si basa su un menù e un conto che ne cita il nome, vuole un'origine nell'Albergo Roma di Tolmezzo. La creazione del dolce sarebbe di Norma Pielli e Beppino Del Fabbro, che gestirono l'albergo dal 1947 al 1969, e che in quegli anni furono insigniti di numerosi riconoscimenti da parte dell'Accademia della Gastronomia Italiana. A Pieris, nel goriziano, si afferma che un dolce simile fosse servito dagli anni Quaranta nell'allora rinomato ristorante "Il vetturino".
Per prepararlo secondo la ricetta originale servono i seguenti ingredienti: biscotti savoiardi, tuorli d'uovo, zucchero, caffè, mascarpone e cacao in polvere. Nella ricetta originale non sono previsti il liquore e gli albumi d'uovo. La forma originale del dolce è rotonda, anche se la forma dei savoiardi favorisce l'uso di una pirofila rettangolare o quadrata, diffondendo l'immagine classica "a mattonella". Tuttavia è spesso assemblato anche all'interno di bicchieri di vetro rotondi, che mostrano i vari strati, o a piramide.
Le versioni moderne hanno come regola l'aggiunta di panna montata e/o albume montato uniti alla crema al mascarpone, in modo da renderla più leggera, spessa e spumosa. Fra le variazioni alcoliche la più comune prevede l'aggiunta di Marsala. Il dolce è solitamente consumato freddo, dopo aver trascorso almeno 2 ore in frigorifero. Un'altra variante prevede la preparazione della crema con le uova montate a bagnomaria, per pastorizzarle e allungarne la conservazione. Nel tempo, sostituendo alcuni degli ingredienti, principalmente il caffè, sono nate numerose varianti come il tiramisù al cioccolato, alle fragole, agli amaretti, ai frutti di bosco, al limone, all'ananas, allo yogurt, alla banana, al lampone, al cocco e persino alla birra.

Ricetta

Ingredienti

  • Caffè - 4 tazzine
  • Panna di soia da montare - 300 ml
  • Zucchero - 100 g
  • Farina di mais - un cucchiaio
  • Tofu - 500 g
  • Latte di soia - un cucchiaino
  • Limone - una goccia
  • Biscotti vegan - 400 g
  • Cacao in polvere - q.b.
  • Scaglie di cioccolato nero al 100%- una manciata

Preparazione

  1. Preparate il caffè e lasciatelo raffreddare.
  2. Lavorate lo zucchero e il cucchiaio di farina di mais con qualche cucchiaio d’acqua.
  3. Frullate il tofu con una goccia di limone e un cucchiaio di latte di soia fino a ottenere una crema senza grumi e unitelo alla farina di mais.
  4. Montate la panna e unitela delicatamente al tofu.
  5. Immergete i biscotti, che dovranno essere ben imbevuti ma non completamente zuppi, nel caffè.
  6. Stendete in un recipiente uno strato di biscotti, stendeteci sopra uno strato di crema e spolverate con il cacao la superficie del tiramisù. Seguite lo stesso procedimento per gli altri strati.
  7. Terminata questa operazione, aggiungete una manciata di scaglie di cioccolato.
  8. Riponete in frigo per qualche ora per far compattare il dolce.



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