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Biko

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Il biko è un dolce filippino.
Il biko è una torta preparata utilizzando riso glutinoso, cocco e zucchero di canna. Di solito è sormontato da latik: un termine può indicare analogamente del cocco grattugiato o un particolare sciroppo caramellato utilizzato per insaporire vari dolci filippini. Il biko viene preparato alla maniera del kalamay, con la sola differenza che i chicchi di riso non vengono macinati. A volte il biko viene servito avvolto in foglie di banana come i suman.
Il biko può anche essere preparato con altri ingredienti tipici della gastronomia filippina fra cui l'igname viola, un tubero da cui si ricava l'ube biko, che presenta una colorazione viola, mentre dalle foglie di pandan si ottiene il pandan biko, di colore verde brillante.
Nelle regioni di lingua cebuana delle Filippine viene anche prodotto il puto maya, un tortino ricavato dal riso glutinoso viola (tapol). Dopo essere stato imbevuto in acqua, il riso viene scolato e quindi posto in una vaporiera per 30 minuti. Questa miscela viene quindi mescolata con latte di cocco, sale, zucchero e succo di zenzero e rimessa nella vaporiera per altri 25-30 minuti. Spesso questo dolce viene servito con la cioccolata calda (sikwate) o il mango. A differenza del biko, il puto maya è cotto al dente.


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Prekmurska gibanica

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La prekmurska gibanica (ghibanizza dell'Oltremura) è un dolce tradizionale sloveno, d'origine della regione dell'Oltremura.
Nel marzo 2010, a livello europeo, la denominazione Prekmurska gibanica è stata riconosciuta specialità tradizionale garantita (STG).
Variante regionale della ghibanizza, è un dolce che viene preparato a partire da una base di pasta frolla con ripieno a strati di semi di papavero, ricotta, noci e mele, disposti secondo un ordine preciso e separati da pasta fillo. Alla fine si copre la pasta con una guarnizione di panna e di burro.
La gibanica può essere di forma rotonda o rettangolare. Si consuma tiepida o fresca come dessert, già dopo qualche ora dalla cottura.

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Putizza

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La putizza o potizza (in lingua slovena: potica) è un dolce tipico della zona del Carso, tra Gorizia e Trieste. La potica è altresì molto diffusa in Slovenia, dove viene considerata una vera "regina dei piatti delle festività".
La putizza costituisce una delle innumerevoli varianti dei dolci arrotolati di origine austro-ungarica, unitamente alla gubana e al presnitz e altri tipi, dai quali si differenzia per la maggior ricchezza del ripieno, per la forma, la lavorazione a tre impasti e la lievitazione che conferisce maggiore sofficità.
Altri dolci arrotolati simili sono il bejgli ungherese, il rugelach yiddish, il nokul turco, il makowiec polacco, la orahnjača o orechovník serbo-croati.
La parola potiza o putiza è uno slavismo del dialetto triestino preso in prestito dalla parola slava potica (pronuncia: potiza), la quale deriva dal verbo poviti che significa avvolgere, arrotolare, che è appunto la principale caratteristica del prodotto.
In maniera analoga, anche lo strudel di mele deriva dal verbo tedesco (strudeln) che significa creare un vortice, girare vorticosamente, azione che costituisce il tipico movimento rotatorio impiegato nella preparazione della ricetta.
Il dolce ha origini carsiche risalenti al medioevo e venne descritto nel 1575 dal pastore luterano sloveno Primož Trubar e in seguito nei ricettari viennesi nel XVIII secolo.
La tradizione triestina racconta tuttavia che la prima putizza venne presentata nel 1864 agli arciduchi austroungarici Massimiliano I del Messico e Carlotta del Belgio durante una festa organizzata al castello di Miramare di Trieste.
La ricetta della putizza è riportata nel manuale di cucina della Germania meridionale (Die süddeutsche Küche) pubblicato nel 1890 a Graz da Katharina Prato.
Durante la mostra d'arte popolare italiana organizzata a Trieste nel 1922 organizzata dal locale Circolo Artistico venne presentato a Gabriele D'Annunzio un quaderno di 92 ricette scritte da Luisa Moratto di Cherso, tra cui quelle di pinza, potizza e presniz. Nel 1927 Maria Stelvio inserì la "potiza di Gorizia" nel suo noto ricettario Cucina triestina: metodo e ricettario pratico economico.
Il dolce è costituito da una sfoglia arrotolata che racchiude un ripieno di frutta secca.
La pasta è quella della pinza triestina o del gugelhupf e viene preparata impastando farina, zucchero, burro, uova, olio, miele, lievito, sale, aromi e latte con il metodo dei tre impasti: preparazione del lievito, seguita dalla lavorazione di metà dose degli ingredienti e infine impasto con gli ingredienti.
La pasta viene stesa in una sfoglia sottile, su cui viene versato il ripieno a base di frutta secca (uva passa, noci, nocciole tostate, mandorle, pinoli, olio, albume d'uovo, marmellata di albicocche, cioccolato in polvere, rum e aromi), e poi arrotolata a forma di cilindro. Dopo essere lievitata, la putizza viene cotta nel forno.
La putizza è riconosciuta in Italia come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT) della regione Friuli-Venezia Giulia. Nel 2016 la camera di commercio di Trieste ha redatto il disciplinare di produzione della "putizza di Trieste".
Il governo sloveno, in occasione del primo festival nazionale dedicato alla specialità organizzato nel castello di Otočec, ha altresì annunciato di aver avviato presso la Commissione europea la procedura di riconoscimento della potica quale specialità tradizionale garantita (SGT) della Slovenia.
Nel maggio 2017 la putizza ha avuto un'improvvisa popolarità mondiale a causa di una battuta scherzosa di papa Francesco, che durante la visita in Vaticano del presidente degli Stati Uniti d'America chiese alla first lady Melania Trump (di origini slovene) indicandone il marito: «Cosa gli dai da mangiare, la putizza?». A seguito di ciò, le associazioni di categoria degli agricoltori della Slovenia hanno rinnovato la richiesta di ottenere il riconoscimento europeo della potica slovena per tutelare la ricetta tradizionale di tale nazione.

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Jesuítas

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Le jesuítas sono un piatto tipico del nord-ovest argentino, principalmente delle province di Tucumán, Salta e Santiago del Estero. Sono diventate anche molto popolari nelle province di Buenos Aires e Córdoba, Mendoza, La Rioja e San Juan.
Di forma rettangolare, non più di 10 cm, le jesuítas sono composte di pasta sfoglia ripieno con prosciutto e formaggio, coperto da una crosta dolce. Deve il suo nome ai gesuiti.
In Spagna, di stessa forma, ma elaborato con crema e mandorle (e senza formaggio o prosciutto), sono tradizionali della provincia di Salamanca.
In Francia hanno la forma di un piccolo triangolo, ripieno di frangipane e ricoperto di glassa.

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Mantecados de Estepa

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I mantecados de Estepa designa un tipo di dolce tradizionale natalizio che si produce sul territorio della comune di Estepa, nella provincia di Siviglia, in Spagna.
Dal novembre 2011, a livello europeo, la denominazione Mantecados de Estepa è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP).
Si tratta di palline di pasta cotte al forno, ottenute mescolando farina di frumento, strutto e zucchero a velo, che costituiscono gli ingredienti comuni, cui si aggiungono altri ingredienti come la cannella, le mandorle, le nocciole, la noce di cocco, il cacao, gli aromi naturali (oli essenziali). Sono di forma arrotondata e di color marrone dorato ed hanno un peso massimo di 50 grammi.
L'origine di questi dolci risale al secolo XVI. Gli archivi documentali del convento di Santa Clara di Estepa conservano documenti che comprovano la fabbricazione dei Mantecados de Estepa in base ad antiche ricette.
La commercializzazione dell'attuale mantecado inizia, nel 1870, con Micaela Ruiz da Téllez (detta La Colchona) a che si deve l'idea geniale di avere modificato (in particolare l'essiccazione esterna tesa a preservare la morbidezza del prodotto) la ricetta e che sarebbe stata all'origine della reputazione dei Mantecados de Estepa.
Nel dicembre 1986, Antonio Burgos, lo scrittore spagnolo che collabora con il giornale ABC in veste di articolista, rende omaggio al carattere tradizionale di questi dolci:
«... … devo tessere gli elogi di un'azienda di Estepa, il cui nome non riveste alcuna importanza, che ha riprodotto una scatola natalizia proprio come si faceva una volta. La scatola di cartone è di per sé un'opera d'arte, con le lettere in rilievo, …, e all'interno, gli ottimi dolcetti di un tempo: “mantecados”, “polvorones”, “alfajores”, “roscos de vino” e così via. L'assortimento classico»



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Miguelitos

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I miguelitos sono dolcetti tradizionali di La Roda, preparati con pasta sfoglia e crema pasticciera, cosparsi di zucchero a velo.
Durante la "Feria de Albacete" si vendono migliaia di miguelitos, di solito accompagnati da caffè, orujo de miel (liquore a base di miele) o sidro.


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Amanattō

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L'amanattō (甘納豆) è un tipo di wagashi (un dolce tradizionale giapponese) a base di azuki o altri tipi di fagioli ricoperti con una glassa di zucchero.
L'amanattō fu sviluppato da Hosoda Yasubei nell'era Bunkyū (1861-1863) del periodo Edo, quando aprì a Tokyo un negozio di wagashi (ancora esistente), che battezzò con il suo nome d'infanzia, Eitaro.
Originariamente l'amanattō si chiamava amananattō (甘名纳糖); il nome è stato abbreviato dopo la seconda guerra mondiale. La somiglianza con il nome del piatto di fagioli di soia fermentati nattō è solo una coincidenza.
A Hokkaidō l'amanattō viene utilizzato per preparare il sekihan in quanto, a differenza di quanto avviene in altre regioni, il piatto è leggermente dolce.

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