Nell’angolo più silenzioso del Friuli, dove le montagne si confondono con il cielo e i paesi sembrano sospesi nel tempo, resiste una ricetta che pochi ricordano e ancor meno osano replicare: la Zonclada. Difficile trovarla nei menù delle trattorie o nei mercatini di paese. Eppure, chi ha avuto il privilegio di assaggiarla una volta ne conserva un ricordo vivido, quasi ancestrale. È un piatto che non cerca di piacere a tutti, ma che conquista con la sua rudezza contadina, con la sua struttura compatta e la sapidità decisa.
In questo post vi racconterò cosa rende la Zonclada qualcosa di più di una semplice ricetta. È un frammento di un Friuli che scompare, un piatto che si preparava nei giorni freddi, nei casolari isolati, quando la polenta si serviva a fette e il formaggio si tagliava con il coltello grosso. Oggi vi accompagno nel cuore di questa preparazione, tra fuoco vivo, profumi forti e sapori che non fanno sconti. Pronti a riscoprire un piatto che sa di legna, latte e terra? Allora partiamo.
Le origini della Zonclada si perdono nella parte settentrionale del Friuli, tra le valli carniche e le malghe dell’Alto Tagliamento. Il nome stesso è avvolto nel mistero: potrebbe derivare dal termine “zonclâr”, che in alcuni dialetti locali indica una forma grezza o “schiacciata”, oppure potrebbe riferirsi al gesto di “zonclare”, ossia premere e compattare, azione chiave nella fase finale della preparazione.
La Zonclada nasce come piatto contadino, creato per utilizzare ciò che si aveva in dispensa senza sprechi: formaggio stagionato avanzato, pane raffermo, erbe selvatiche e, quando si poteva, un po’ di carne affumicata. Era un pasto nutriente, pensato per sostenere lunghe giornate nei campi o nel bosco. Alcune famiglie la cuocevano sotto la cenere, in teglie di ferro pesante, altre invece la sistemavano sul fogher, il focolare domestico, lasciandola asciugare lentamente.
Sebbene non abbia mai avuto una codifica ufficiale, la Zonclada è stata tramandata oralmente, modificandosi da famiglia a famiglia. In alcune versioni è quasi una torta salata, in altre ricorda un pasticcio compatto di pane, formaggio e lardo. Ma il cuore rimane lo stesso: una pietanza intensa, rustica, che si taglia a fette e si condivide.
Ricetta tradizionale della Zonclada
Ingredienti per 6 persone
400 g di pane raffermo (possibilmente di segale o integrale)
300 g di formaggio di malga (stagionato, tipo latteria vecchio)
150 g di pancetta affumicata (tagliata a dadini)
2 cipolle dorate (finemente tritate)
3 uova intere
1 bicchiere di latte intero
Erbe di montagna essiccate (maggiorana, timo, un pizzico di genepì se disponibile)
Pepe nero macinato al momento
Burro q.b.
Sale grosso q.b.
1 cucchiaio di farina di mais (per spolverare la teglia)
Preparazione passo-passo
1. Preparazione del pane
Tagliate il pane
raffermo a piccoli cubetti e mettetelo in una ciotola capiente.
Scaldate leggermente il latte e versatelo sul pane per ammorbidirlo.
Lasciate riposare per circa 20 minuti, mescolando di tanto in tanto.
2. Soffritto rustico
In una padella, fate
sciogliere una noce di burro e rosolate dolcemente le cipolle
tritate. Quando saranno morbide e traslucide, aggiungete la pancetta
affumicata e lasciate insaporire fino a leggera doratura. Spegnete il
fuoco e lasciate raffreddare.
3. Assemblaggio dell’impasto
Strizzate
leggermente il pane se è troppo bagnato. Unitevi il soffritto, il
formaggio tagliato a cubetti irregolari, le uova sbattute,
un’abbondante macinata di pepe nero e un cucchiaino raso delle erbe
essiccate. Mescolate con decisione: dovete ottenere un impasto
compatto, umido ma non liquido. Se troppo morbido, potete aggiungere
un po’ di farina di mais.
4. Cottura lenta e decisa
Imburrate
generosamente una teglia in ghisa o ceramica e spolveratela con
farina di mais. Versate l’impasto e compattatelo con il dorso di un
cucchiaio. La superficie va lisciata ma non pressata troppo.
Infornate in forno già caldo a 180°C per circa
45 minuti, fino a ottenere una crosta dorata e croccante. Se
si secca troppo in superficie, potete coprire con un foglio di
alluminio negli ultimi dieci minuti.
5. Riposo e servizio
La Zonclada va lasciata
riposare almeno 15 minuti fuori dal forno prima di essere tagliata.
Il tempo aiuta i sapori a compattarsi e la struttura a reggersi
meglio al taglio.
La Zonclada chiama complicità, e il vino ne è parte essenziale. Scegliete un refosco dal peduncolo rosso: la sua acidità vivace e la nota leggermente erbacea contrastano perfettamente con la grassezza del piatto. In alternativa, un Schioppettino di Prepotto con il suo profumo speziato e corpo pieno regge benissimo la sfida.
Come contorno, vi consiglio cavolo cappuccio marinato in aceto di mele, pepe e cumino: la sua freschezza e acidità deterge il palato tra un morso e l’altro, alleggerendo l’esperienza complessiva. In inverno, si sposa bene anche con una zuppa di fagioli e orzo, servita prima della Zonclada come apertura.
E per chiudere, se volete rimanere in tema, niente dolce elaborato: solo una grappa friulana barricata, da sorseggiare con calma davanti al camino, magari parlando sottovoce, come si faceva una volta.
La Zonclada non è solo un piatto. È un’esperienza che appartiene a un mondo più lento, più ruvido e forse più sincero. Cimentarsi nella sua preparazione significa scegliere un gesto di fedeltà alla terra, a una cucina che non rincorre mode ma conserva memoria. È una forma di resistenza gastronomica, un atto di fiducia nei confronti della materia prima e del tempo che ci vuole per trasformarla.
In un’epoca dove tutto tende a essere filtrato, smussato, addolcito, la Zonclada si impone come un ritorno all’essenziale. Sazia, sorprende, divide. Alcuni la ameranno alla prima forchettata, altri ne resteranno spiazzati. Ma tutti riconosceranno che in quel piatto c’è una storia. E le storie, come i sapori veri, non si dimenticano.