RSS

Pardulas: il respiro dolce della Sardegna pasquale

La Sardegna custodisce gelosamente la sua anima in ogni piega del paesaggio e in ogni sfumatura della cucina tradizionale. Tra le preparazioni che meglio esprimono questa profonda identità vi è senza dubbio la pardula (o pardulas al plurale), un dolce pasquale che, con la sua delicata fragranza di agrumi e il suo cuore di ricotta, racconta storie antiche di devozione, festa e comunità. Dietro la sua semplicità apparente si cela un rito gastronomico che ha attraversato i secoli, mantenendo intatti sapori e significati.

Le pardulas nascono come dolci legati alla celebrazione della Pasqua, ma le loro origini si perdono nei secoli, probabilmente in epoca medievale, quando il formaggio fresco di pecora e il grano duro erano le basi irrinunciabili della cucina isolana. Si tratta di un dolce povero nella concezione, ma estremamente ricco per intensità sensoriale e valore simbolico.

Venivano tradizionalmente preparate dalle donne del paese nei giorni precedenti la Pasqua, in grandi quantità, da consumare nei giorni di festa o da offrire ai vicini e ai parenti. La lavorazione era collettiva: le mani delle madri e delle nonne modellavano la sfoglia e pizzicavano i bordi per formare la classica forma “a stella” delle pardulas, mentre le figlie mescolavano con pazienza la ricotta, lo zafferano e le scorze di agrumi.

Il loro nome deriva dal latino parvula, “piccola”, e in effetti, nella loro forma tradizionale, si presentano come piccoli scrigni di pasta dal ripieno cremoso e profumato. Oggi sono diffuse in tutta l’isola, con leggere varianti tra una zona e l’altra: alcune utilizzano ricotta di capra, altre aggiungono semola al ripieno per renderlo più compatto. A prescindere dalle declinazioni locali, la pardula resta un dolce dal forte legame con la terra, le stagioni e il ciclo della vita.

Realizzare delle pardulas perfette non richiede tecniche complesse, ma precisione e rispetto per gli ingredienti. La sfoglia dev’essere sottile ma resistente, il ripieno morbido ma non liquido, il profumo deve evocare l’aria della primavera sarda, impregnata di fiori d’arancio e pascoli freschi.

Il segreto è tutto nella qualità della ricotta, che deve essere fresca, asciutta e dal sapore dolce ma persistente. Anche lo zafferano – rigorosamente sardo, se possibile – gioca un ruolo chiave, conferendo al ripieno un colore solare e un aroma penetrante. Le scorze grattugiate di limone e arancia completano l’opera, regalando un profumo che è già di per sé una festa.

Ricetta tradizionale delle Pardulas (per circa 20 dolcetti)

Ingredienti per la sfoglia:

  • 250 g di farina di semola rimacinata di grano duro

  • 50 g di strutto (oppure 30 ml di olio extravergine d’oliva)

  • 100 ml circa di acqua tiepida

  • un pizzico di sale

Ingredienti per il ripieno:

  • 500 g di ricotta di pecora ben sgocciolata

  • 100 g di zucchero

  • 1 bustina di zafferano (0,125 g), preferibilmente in fili

  • scorza grattugiata di 1 arancia non trattata

  • scorza grattugiata di 1 limone non trattato

  • 1 tuorlo d’uovo

  • 2 cucchiai di semola fine (opzionale, per rendere il composto più asciutto)

  • un pizzico di sale

Per decorare:

  • zucchero a velo

  • miele (facoltativo, per lucidare)

Procedimento:

  1. Preparare la sfoglia: versate la farina su una spianatoia, formate una fontana e unite lo strutto e il sale. Iniziate a impastare aggiungendo l’acqua poco a poco, fino a ottenere un impasto liscio e compatto. Avvolgetelo nella pellicola e lasciate riposare per almeno 30 minuti.

  2. Preparare il ripieno: in una ciotola capiente, setacciate la ricotta per renderla vellutata. Unite lo zucchero, il tuorlo, lo zafferano precedentemente sciolto in un cucchiaio d’acqua tiepida, le scorze grattugiate degli agrumi e, se necessario, la semola. Mescolate fino a ottenere un composto omogeneo e ben profumato.

  3. Stendere l’impasto: con l’aiuto di un mattarello (o di una macchina per la pasta), stendete la sfoglia a uno spessore di circa 2 mm. Ricavate dei dischi di circa 8-10 cm di diametro.

  4. Formare le pardulas: al centro di ogni disco mettete un cucchiaio di ripieno. Sollevate i bordi pizzicando la sfoglia con le dita a intervalli regolari (5-6 pizzichi per dolcetto), in modo da formare delle piccole “corone” contenenti il ripieno.

  5. Cottura: disponete le pardulas su una teglia foderata con carta forno e cuocetele in forno statico preriscaldato a 180°C per circa 25-30 minuti, o fino a leggera doratura.

  6. Finitura: lasciate raffreddare. A piacere, spennellatele con miele tiepido per lucidarle e spolveratele con zucchero a velo prima di servire.

Le pardulas esprimono una dolcezza complessa, bilanciata dalla freschezza degli agrumi e dalla sapidità naturale della ricotta. Per accompagnarle al meglio, il consiglio è di restare nel territorio: un vino da dessert sardo, come il Moscato di Cagliari, è in grado di esaltare ogni sfumatura del dolce senza sovrastarlo.

Questo vino, ottenuto da uve moscato bianco coltivate nei suoli sabbiosi del Campidano, offre al naso sentori di fiori bianchi, miele e frutta candita, mentre al palato si presenta morbido, armonico e con un finale persistente che dialoga perfettamente con il gusto agrumato e speziato delle pardulas. Chi cerca un’alternativa può puntare su un Malvasia di Bosa dolce, con le sue note ossidative e la sua struttura avvolgente, capace di sostenere anche le versioni più cariche di semola o zucchero.

Le pardulas non sono solo un dolce da fine pasto. Sono l’espressione di un tempo rallentato, in cui la cucina era occasione di socialità, unione e trasmissione di saperi. Prepararle oggi significa custodire questo patrimonio immateriale, ridare valore a gesti che rischiano l’oblio e offrire, anche solo per un attimo, il sapore autentico della Sardegna più profonda.

Chi assaggia una pardula assapora non solo un dolce pasquale, ma una vera memoria collettiva racchiusa in pochi centimetri di pasta e ricotta. Ed è proprio in questa dimensione intima, familiare, che il dolce trova la sua forza: nel ricordarci che ogni festa, per essere tale, ha bisogno anche del profumo dell’attesa e della cura nei dettagli.

Una pardula ben fatta è una piccola opera d’arte contadina. E come ogni arte, non ha bisogno di spiegazioni: basta un morso per comprenderne l’essenza.



  • Digg
  • Del.icio.us
  • StumbleUpon
  • Reddit
  • RSS

0 commenti:

Posta un commento