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Dolce pan ducale

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Il dolce pan ducale, meglio noto come Pan Ducale o Panducale è un tipico dolce della città di Atri, ormai diffuso in tutto l'Abruzzo e conosciuto anche all'estero. È il prodotto rappresentativo dell'enogastronomia atriana con il formaggio pecorino di Atri.
Il dolce è strettamente legato agli Acquaviva (o, dal 1476, Acquaviva d'Aragona, per essersi imparentati con i re di Napoli), che regneranno sullo stato di Atri (con capitale appunto Atri) dal 1395 al 1760. Il dolce era preparato dagli atriani fin dal 1352 e con l'arrivo degli Acquaviva nel 1395 lo fecero assaggiare al duca che lo apprezzò così tanto che lo volle ogni giorno sulla sua tavola e fino al 1760 il dolce era esportato in tutta Italia. Cambiò anche nome: da "pizza di mandorle" a "pan ducale". Il prodotto atriano era quindi molto celebre. Con l'estinzione della nobile casata da Atri e, quindi, la scomparsa dello Stato di Atri, la produzione del dolce continuò ad opera degli atriani. Qualche cosa della ricetta cambiò (dando vita all'attuale Pan Ducale) e nacque anche il nome attuale, Panducale o Pan Ducale. Solo che con l'estinzione degli Acquaviva il dolce aveva perso la sua celebrità ed era prodotto solo a livello familiare.
La ricetta tradizionale prevedeva uova, zucchero, farina e mandorle a cui si è aggiunto, a partire dal 1800, il cioccolato puro, caratteristica fondamentale del dolce. È di solito sempre presente nelle occasioni importanti o nelle visite di parenti e amici.

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Savòr

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Il savòr è un dolce tipico della tradizione contadina emiliano-romagnola. È una marmellata di mosto d'uva (Saba) con aggiunta di frutta, si presenta di colore scuro e dal sapore intenso. Molto calorico era consumato nei periodi invernali quando erano necessarie energie per lavorare nei campi.

Ricetta
Ogni massaia (azdòra) ne aveva una tramandata da madre in figlia o figlio.
Si parte con del mosto di uva, rossa o bianca, molto matura quindi ricca di zuccheri naturali, facendolo bollire non troppo forte, perché si concentra troppo velocemente e prende un sapore sgradevole di bruciato. Si concentra il mosto fino al 50% si preparano gli ingredienti che si vogliono aggiungere: mele e pere cotogne tagliate a spicchi, pere volpine sempre a spicchi, mele dalla polpa soda grattugiate, buccia di melone secca a cubetti (questa si deve rearare in estate conservandola in un vaso di vetro ben chiuso), noci, mandorle dolci sbucciate, nocciole, pinoli, uva passa, fichi secchi piccoli interi, buccia di arancia e limone canditi a cubetti. La frutta fresca deve essere circa la metà del tutto, mentre l'altra metà dei frutti secchi e canditi debbono essere in parti più o meno uguali.
Rovesciare il tutto nel pentolone del mosto mescolando ogni tanto; fare bollire, non troppo forte per qualche ora fino a quando, facendo la prova piatto, vedete che il composto ha un bel colore marrone scuro e denso (tipo miele) assaggiate la frutta dai pezzi più grossolani, se è cotta ma non si scioglie e i frutti secchi sono più teneri, a questo punto si dovrebbe essere giunti alla fine, totale di tempo circa 7-8 ore. Si lascia intiepidire e si mette in vasi che si possono chiudere bene, non è necessario farli bollire di nuovo.
Il savor si presta come abbinamento per formaggi freschi e stagionati, ma anche con la polenta, con i dolci come la ciambella o spalmato su una piadina. Spesso viene accompagnato da un calice di Sangiovese o di Romagna Albana passito.
Viene inoltre utilizzato come farcitura del Bensone modenese.



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Dolce di San Michele

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Il dolce di San Michele (Dolz ad San Michele in dialetto) è un dolce tipico del comune di Bagnacavallo in provincia di Ravenna.
Ha ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T).
Le origini di tale dolce risalgono all'anno 1000, quando a Bagnacavallo, in occasione della festa per il santo patrono, l'arcangelo Michele, si preparavano focacce a base di miele e frutta secca.
Il dolce che viene preparato oggi segue la medesima tradizione; è infatti possibile trovarlo presso i fornai della città solamente durante i festeggiamenti del patrono, che avvengono ogni anno nell'ultima settimana di settembre.





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Delizia al limone

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La delizia al limone è un dolce originario della penisola sorrentina, diffuso in gran parte del napoletano.

Ingredienti

    6 uova
    150 grammi di farina
    200 grammi di zucchero
    la buccia di un limone grattugiato
    mezza bustina di lievito in polvere

Preparazione

Unire in una grande ciotola le uova intere, la buccia grattugiata di limone e lo zucchero, e mescolare con una frusta elettrica fino ad ottenere un impasto spumoso. A questo punto, aggiungere gradualmente la farina, continuando a mescolare, e infine il lievito sciolto in pochissima acqua.
Il composto va versato in 12 stampini imburrati. Cuocere a 180° per circa 20-25 minuti.
Tagliare a metà ogni delizia e rimuovere un po' della parte interna del pan di Spagna.

Crema al limone
Ingredienti


    un litro di latte
    200 grammi di zucchero
    110 grammi di farina
    6 tuorli d'uovo
    la buccia di due limoni grattugiata
    una bustina di vaniglia
    100 grammi di panna
    un bicchierino di limoncello.

Preparazione
In un tegame unire lo zucchero, la farina ed i tuorli d'uovo. Dopo aver mescolato bene, va aggiunta la vaniglia, quindi il latte molto lentamente, continuando a mescolare per evitare il formarsi di grumi. Cuocere, dopo aver aggiunto le bucce di limone, fino a che la crema non diventa densa. A questo punto, le bucce vanno eliminate, e la crema cosparsa di zucchero semolato. Quando la crema sarà raffreddata, vanno aggiunti 100 grammi di panna montata ed un bicchierino di limoncello.

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Abbamele

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L'abbamele è uno dei più antichi prodotti gastronomici della cultura rurale della Sardegna.
Si tratta di un derivato del miele le cui modalità di produzione tradizionali seguono diverse fasi di lavorazione. I prodotti acquistabili attraverso la grande distribuzione, ma soprattutto attraverso il contatto diretto con i produttori, sono stati sino ad ora definiti nelle etichette come "abbamele" e "abbattu", utilizzando cioè principalmente termini in lingua sarda che ne sottolineano inequivocabilmente l'origine, oppure nell'italiano "decotto di miele o di miele e polline" o "sapa di miele".
Secondo le modalità tradizionali di preparazione, una volta completata la spremitura dei favi, le bocce di cera contenenti il 20-30% di miele vengono accantonate in recipienti di fortuna.
Dopo aver sistemato tutto il miele estratto, nei giorni immediatamente successivi alla smielatura, i favi contenenti miele residuo e polline vengono immersi in acqua calda (~ 50 °C), in modo che l'acqua sciolga tutto il miele ancora contenuto.
A questo punto, attraverso l'utilizzo di un opportuno mescolatore, o più semplicemente con le mani, si cerca di disfare tutti i grumi di cera e polline. La cera affiorante viene quindi spremuta ulteriormente e conservata in appositi contenitori.
L'acqua rimanente dalla fase precedente viene filtrata, ad esempio con un panno di lino, almeno due volte, e quindi sistemata in una caldaia idonea assai capiente.
Qui inizia la bollitura di raffinazione.
Durante quest'operazione di "concentrazione" vengono aggiunte bucce d'arancia o di limone tagliate finemente, e si eliminano le impurità che risalgono sulla superficie.
Il contenuto della caldaia diventa a poco a poco sciropposo e deve essere tenuto in continuo movimento per evitare che si attacchi sul fondo e si caramellizzi, prendendo così “odore di fumo”; il colore diventa sempre più scuro e il sapore sempre più dolce per via della concentrazione.
Quando il liquido assume una consistenza simile a quella del miele, il riscaldamento viene interrotto, la caldaia depositata in un luogo appartato e lasciata intiepidire prima di procedere all'invasettamento dell'abbamele così ottenuto.

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Gelato alla spina



Il gelato alla spina o gelato soft è un tipo di gelato scarsamente diffuso in Italia, che consiste in un gelato ottenuto da una macchina speciale che fa fuoriuscire la crema su un cono o in una coppetta da una sorta di rubinetto simile a quelli usati per le bevande alla spina. Nonostante la rarità di questo gelato in Italia dove si preferisce il gelato artigianale o quello confezionato, in alcuni paesi questi vengono chiamati gelati italiani, probabilmente a causa delle macchine che spesso erano prodotte in Italia.
Di recente, la Unilever (che possiede i marchi Algida e Grom) ha lanciato in Italia dei cornetti soft preparati nei bar in modo simile, per conquistarsi questa fetta di mercato.
Questo gelato ha nomi diversi a seconda dei paesi:
  • gelato italiano in Polonia (lody włoskie), Francia (glace italienne) e Brasile (sorvete italiano);
  • gelato morbido in Germania (Softeis), Paesi Bassi (Softijs) ed in Cina (软冰淇淋; ruǎn bīngqílín); nei paesi anglofoni si usa il termine soft serve (lett. servizio morbido), ed in Giappone sofutokuriimu (ソフトクリーム), cioè crema morbida;
  • gelato a macchina in Romania (Inghetata la dozator) ed in Repubblica Dominicana (Helado de Maquina);
  • gelato americano in Israele (גלידה אמריקאית; glida america'it);
  • semifreddo in Portogallo (semi-frio);
  • gelato arricciato in Repubblica Ceca (točená zmrzlina).


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Uovo di Pasqua




L'uovo di Pasqua è un oggetto tradizionale, divenuto nel tempo uno dei simboli della stessa festività cristiana, assieme alla colomba. Nel cristianesimo simboleggia la risurrezione di Gesù dal sepolcro. La tradizione del classico uovo di cioccolato è recente, ma il dono di uova vere, decorate con qualsiasi tipo di disegni o dediche, è correlato alla festa pasquale sin dal Medioevo.
L'uovo ha avuto tratti simbolici sin dai tempi antichi. Le uova, infatti, hanno spesso rivestito il ruolo del simbolo della vita in sé, ma anche della sacralità: secondo alcune credenze pagane e mitologiche del passato, il cielo e il pianeta erano considerati due emisferi che andavano a creare un unico uovo, mentre gli antichi Egizi consideravano l'uovo come il fulcro dei quattro elementi dell'universo (acqua, aria, terra e fuoco).
La tradizione del dono di uova è documentata già fra gli antichi Persiani dove era diffusa la tradizione dello scambio di semplici uova di gallina all'avvento della stagione primaverile, seguiti nel tempo da altri popoli antichi quali gli Egizi, i quali consideravano il cambio di stagione una sorta di primo dell'anno, i Greci e i Cinesi. Spesso le uova venivano rudimentalmente decorate a mano.
Mircea Eliade scrive sulla cosmogonia: «Il motivo dell'uovo cosmogonico, attestato in Polinesia, è comune all'India antica, all'Indonesia, all'Iran, alla Grecia, alla Fenicia, alla Lettonia, all'Estonia, alla Finlandia, ai Pangwe dell'Africa occidentale, all'America centrale e alla Costa occidentale dell'America del Sud». In Russia ed in Svezia sono state trovate uova di creta in molti sepolcri. Le statue di Dioniso trovate nelle tombe in Beozia portano un uovo in mano, segno del ritorno alla vita. Era invece vietato mangiare uova agli adepti dell'orfismo in quanto questo culto misterico ricercava l'uscita dal ciclo infinito delle reincarnazioni, cioè l'abolizione del ritorno periodico all'esistenza. L'uovo rappresenta quindi la «ripetizione della nascita esemplare del Cosmo, l'imitazione della cosmogonia».
Il Cattolicesimo riprese le tradizioni che vedevano nell'uovo un simbolo della vita, rielaborandole nella nuova prospettiva del Cristo risorto. L'uovo infatti somiglia a un sasso e appare privo di vita, così come il sepolcro di pietra nel quale era stato sepolto Gesù. Dentro l'uovo c'è però una nuova vita pronta a sbocciare da ciò che sembrava morto. In questo modo, l'uovo diventa quindi un simbolo di risurrezione.
L'usanza dello scambio di uova decorate si sviluppò, nel Medioevo come regalo alla servitù. Nel medesimo periodo l'uovo decorato, da simbolo della rinascita primaverile della natura, divenne con il Cristianesimo il simbolo della rinascita dell'uomo in Cristo. La diffusione dell'uovo come regalo pasquale sorse probabilmente in Germania, dove si diffuse la tradizione di donare semplici uova in occasione di questa festività.
In origine, le uova venivano bollite avvolte con delle foglie, o insieme a dei fiori, in modo da assumere una colorazione dorata.
Sempre nel Medioevo prese piede anche una nuova tradizione:la creazione di uova artificiali fabbricate o rivestite in materiali preziosi quali argento, platino ed oro, ovviamente destinata agli aristocratici ed ai nobili. Edoardo I, re d'Inghilterra dal 1272 al 1307, commissionò la creazione di circa 450 uova rivestite d'oro da donare in occasione della Pasqua.
La ricca tradizione dell'uovo decorato è però dovuta all'orafo Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar il compito di preparare un dono speciale per la zarina Maria; l'orafo creò per l'occasione il primo uovo Fabergé, un uovo di platino smaltato di bianco contenente un ulteriore uovo, creato in oro, il quale conteneva a sua volta due doni: una riproduzione della corona imperiale ed un pulcino d'oro. La fama che ebbe il primo uovo di Fabergé contribuì anche a diffondere la tradizione del dono interno all'uovo.
In tempi più recenti l'uovo di Pasqua maggiormente celebre e diffuso è il classico uovo di cioccolato, che ha conosciuto largo successo nell'ultimo secolo.
In diverse tradizioni pasquali l'uovo continua a mantenere un ruolo durante tutto il periodo delle festività. Durante il periodo di Quaresima, in virtù del digiuno, le uova vengono spesso non consumate ed accumulate per il periodo successivo. Nella tradizione balcanica e greco ortodossa l'uovo, di gallina, cucinato sodo, da secoli viene colorato, tradizionalmente di rosso, simbolo della Passione, ma in seguito anche di diversi colori, in genere durante il giovedì santo, giorno dell'Ultima Cena, e consumato a Pasqua e nei giorni successivi. Il giorno di Pasqua, in molti riti, si compie la benedizione pubblica delle uova, simbolo di resurrezione e della ciclicità della vita, e la successiva distribuzione tra gli astanti.
Prima del consumo, in particolare nella tavolata di Pasqua, ognuno sceglie il proprio uovo e ingaggia una gara (τσούγκρισμα) con i commensali, scontrandone le estremità, fino ad eleggere l'uovo più resistente. Questo viene considerato di buon augurio. Le colorazioni vengono effettuate attualmente con coloranti alimentari tipici della pasticceria, ma in passato si utilizzavano prodotti vegetali, tra cui la buccia esterna delle cipolle di varietà rossa.
Successivamente, prevalentemente nell'ultimo secolo è invalso l'uso dell'uovo di cioccolata, arricchito al suo interno da un piccolo dono. Se fino a qualche decennio fa la preparazione delle classiche uova di cioccolato era per lo più affidato per via artigianale a maestri oggi l'uovo di Pasqua è un prodotto diffuso soprattutto in chiave commerciale. La preparazione delle uova di Pasqua delle più svariate dimensioni trova inizio anche più di un mese prima del giorno della Pasqua, come effettivamente accade anche per l'albero di Natale nel periodo natalizio. La produzione delle uova di cioccolato, in Italia, è affidato per la maggiore alle grandi ditte dolciarie. Attualmente, però, sembrano trovare ampi campi di diffusione le uova a tema, cioè uova di Pasqua incentrate su un cartone animato, un film o una squadra di calcio.
Ciò nulla toglie alle classiche uova di cioccolato preparate artigianalmente che sono tuttora molto diffuse in vari Paesi. In alcuni di essi, come la Francia, è tradizione istituire in aree verdi delle cacce pasquali al tesoro, in cui le uova, preparate artigianalmente e di dimensioni ridotte, vengono nascoste fra gli alberi e vengono poi ritrovate dai bambini. Tale tradizione sta oggi però affievolendosi per via della diffusione globale dell'uovo pasquale prodotto e distribuito commercialmente.
In molti altri paesi, infine, all'uovo di cioccolato viene ancora anteposto l'uovo di gallina solitamente cucinato sodo. Anche nei paesi di religione ortodossa, tuttavia, permane la tradizione delle uova di gallina, in risposta alla diffusione delle uova prodotte commercialmente, giudicate dagli ortodossi una strumentalizzazione consumistica della Pasqua. In Italia l'uovo sodo come simbolo pasquale è rimasto presente soprattutto accompagnato dalla tradizionale colomba pasquale o durante il pranzo. Anche in Arabia l'uovo di Pasqua rappresenta la resurrezione di Gesù.

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Digestive

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Il digestive è un tipo di biscotto semidolce originario del Regno Unito, sviluppato originariamente nel 1839 da due dottori scozzesi con l'intento di creare un prodotto che facilitasse la digestione. Storicamente, alcuni produttori usavano malto diastasico per "digerire" parte dell'amido della farina prima della cottura.
Dolce prominente nella cultura britannica, il digestive è uno tra i biscotti da tè da inzuppo più popolari del Regno Unito.
Il digestive venne ideato inizialmente nel 1839 da due dottori scozzesi, con l'intento di creare un biscotto che facilitasse la digesione. Nel 1876 comparvero nella pubblicità della casa dolciaria del Berkshire Huntley & Palmers, e la ricetta venne pubblicata da Cassel nel New Universal Cookery Book (1894).
Nel 1851 una pubblicità su The Lancet London riguardava biscotti digestivi a base di brown meal, una miscela composta dal 15% di crusca e dall'85% di endosperma che all'epoca rimaneva come residuo della macinazione, per circa il 20% in peso del cereale, dopo che la crusca più grezza era stata rimossa e dopo che la maggior parte dell'endosperma era separato sotto forma di farina bianca. All'epoca la crusca e l'endosperma erano le uniche componenti note del seme dei cereali.
Intorno al 1912 divenne noto che il germe del cereale rimaneva nel brown meal, conferendogli la caratteristica dolcezza.
Nel 1889 lo scozzese John Montgomerie depositò una richiesta di brevetto negli Stati Uniti, approvata nel 1890, per la produzione di malted bread, contenente il procedimento per la produzione di biscotti digestive. La domanda dichiarava che un brevetto precedente era stato ottenuto in Inghilterra nel 1886. Montgomerie sosteneva che l'idrolisi dei polisaccaridi rendesse il prodotto adatto per persone con problemi di digestione.
I digestive sono solitamente consumati insieme a caffè o tè. Sono consumati anche come biscotti da inzuppo, anche se tendono a sciogliersi e disintegrarsi rapidamente quando immersi nel liquido. Sono usati anche come cracker e consumati con formaggio, e vengono usati anche per preparare la base di cheesecake e dessert analoghi.
Alcune varianti sono commercializzate con un lato ricoperto di cioccolato al latte, fondente oppure bianco, introdotti nel Regno Unito nel 1925. Altre varianti contengono scaglie di cioccolato nell'impasto, oppure hanno una copertura di caramello, cioccolato alla menta o all'arancia.
Negli Stati Uniti sono più difficili da reperire, e nel paese sono più popolari altri tipi di biscotti dalle caratteristiche simili, come i cracker Graham. Nel paese i digestive non sono prodotti con tale nome (in quanto non si tratta effettivamente di un prodotto digestivo), ma la versione britannica può essere acquistata in alcuni supermercati, tra i cibi d'importazione, oppure per posta o via Internet.

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Lebkuchen

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I Lebkuchen (conosciuti anche come Pfefferkuchen, Gewürzkuchen e più anticamente come Honigkuchen) sono biscotti speziati, tipici della Germania ma famosi anche presso le altre popolazioni di lingua tedesca, come in Alto Adige. Sono una specialità tradizionalmente natalizia.
La ricetta dei Lebkuchen non è standard, ma ne esistono decine di variazioni, a seconda delle regioni. I Lebkuchen per antonomasia sono comunque quelli di Norimberga, di cui gli ingredienti sono frutta secca (nocciole, noci o mandorle), agrumi canditi, uova, miele, farina, zucchero, marzapane e varie spezie come cannella, anice, zenzero, pimento, chiodi di garofano, noce moscata. Spesso i Lebkuchen vengono ricoperti di cioccolata o di glassa.

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