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Yogurt

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Fra i diversi metodi di preparazione viene qui descritto quello che usa come madre (cioè come fermento), una piccola parte dello stesso yogurt che viene di volta in volta preparato. Poiché alla prima preparazione non si dispone ancora del proprio yogurt, si ricorre a uno yogurt commerciale neutro (che non sia cioè alla frutta o ad altri gusti).
La procedura può essere suddivisa in due fasi: preparazione della madre e preparazione dello yogurt vero e proprio. Quale che sia la fase considerata vanno comunque sempre tenuti ben presenti alcuni criteri operativi di base:
  1. I recipienti e gli attrezzi con cui gli ingredienti verranno a contatto nel corso della lavorazione devono essere pulitissimi. Lo stesso dicasi per i barattoli in cui la madre e lo yogurt verranno conservati.
  2. Andrà evitato con la massima cura l'inquinamento biologico di quanto si è preparato: è vietatissimo, per esempio, porre a contatto con la madre o lo yogurt un cucchiaio che sia stato portato alla bocca.

Preparazione dell'occorrente
Abituati fin da piccoli a conoscerlo come prodotto industriale, pochi immaginano che lo yogurt può essere facilmente preparato in casa, a partire da latte e da fermenti lattici. La preparazione casalinga dello yogurt presenta indubbi vantaggi, anzitutto economici: da un litro di latte si ottiene, pressappoco, un litro di yogurt. Inoltre è possibile aggiungere alla fermentazione dei fermenti probiotici: in questo modo i benefici alla salute risulteranno maggiori.
L'attrezzatura richiesta è minimale, comprendendo oggetti di cui quasi tutti hanno la disponibilità in casa.
  1. Procuratevi un cavo elettrico con una spina da un capo e una lampadina di 40W alloggiata nell'apposito portalampadina dall'altro. Il cavo deve essere sufficientemente lungo in modo che possa agevolmente arrivare al forno di casa vostra una volta collegato alla presa di corrente. Per ragioni di sicurezza è sconsigliabile ricorrere al fai da te mentre è preferibile comprare il tutto nei negozi specializzati # Procurarsi un contenitore di plastica opaco, assolutamente non trasparente. Il plexiglas è perfetto allo scopo.
  2. Comprare 2 litri di latte fresco intero. Farlo bollire, raffreddarlo poi fino alla temperatura di 35 – 40 gradi.
  3. Procurarsi 2 cucchiaini di yogurt con fermenti lattici vivi: serviranno da starter, al fine di inoculare il latte. Eventualmente è possibile utilizzare yogurt contenenti fermenti lattici probiotici. Mettere lo yogurt nel contenitore, e stemperarlo con due cucchiai del latte precedentemente preparato. Una volta che il tutto è sciolto alla perfezione, versare il latte restante e mescolare bene.
  4. Chiudere il recipiente con un coperchio e posizionarlo nel forno, sulla grata messa circa alla metà. Alla base del forno, sotto il recipiente, posizionare la lampadina ed accenderla. Chiudere lo sportello del forno molto delicatamente, di modo che non tranci il filo della prolunga.
La lampadina svilupperà quel giusto calore che servirà ai batteri per fermentare il latte nel giro di 3–4 ore. Per le produzioni successive, come starter potrà essere utilizzato lo yogurt ottenuto dalla fermentazione precedente. Alcuni hanno notato che, in questo modo, i fermenti si "adattano" e lo yogurt riesce sempre meglio.

Preparazione della madre
Lo yogurt commerciale (usato come base di partenza) subisce, nella fase di produzione, dei trattamenti che ne abbattono fortemente il carico batterico. Lo yogurt che si ottiene utilizzandolo come madre è per tale ragione ipoacido e scadentissimo. Ripetendo però il processo per quattro (o più) volte e utilizzando di volta in volta come madre lo yogurt risultante dall'ultima preparazione, il carico batterico si rigenera e la madre che si ottiene dopo questi passaggi consente di preparare un ottimo yogurt.
Poiché nella fase di raffinamento lo yogurt madre non ha ancora raggiunto l'optimum, conviene prepararlo solo in piccoli quantitativi: quanto basta per ricavarne la madre del passaggio successivo.
Porre al fuoco mezzo bicchiere di latte spegnendo non appena spicca l'ebollizione. Questa fase (pastorizzazione) ha lo scopo di eliminare gran parte dei batteri presenti nel latte onde facilitare il compito ai batteri dello yogurt. Se non la si effettua i tempi di fermentazione si allungano sensibilmente.
Lasciar raffreddare fino a circa 40 °C (porre il recipiente in acqua fredda e mescolare se si ha fretta; l'esattezza della temperatura agli effetti della preparazione della madre non è importante).
Porre in una tazzina pulita due cucchiaini da caffè di yogurt commerciale (o di madre se si è ai passaggi successivi) e stemperarlo con un po' del latte pastorizzato prima bollito. Unire al latte rimanente, versare in un bicchiere di vetro, coprire con pellicola da cucina e lasciare in luogo riparato a fermentare (può andare benissimo il forno fatto intiepidire e poi spento oppure, meglio ancora, versare il tutto in un piccolo thermos).
Il tempo di fermentazione varia molto al variare della temperatura e del tipo di yogurt commerciale usato ed è comunque molto più lungo nei primi passaggi che richiedono, tipicamente, più di 12 ore. Per i passaggi finali in genere basta molto meno tempo.
La madre della prima fase è pronta quando si presenta come una massa appena gelatinosa che, soprattutto nei primi due passaggi, sarà molto liquida e parzialmente immersa in un siero trasparente. Ripetere i passaggi di rigenerazione per altre quattro volte. A questo punto la madre è pronta e si può passare alla preparazione dello yogurt vero e proprio (vedi più avanti).
La madre va conservata in una zona ben fredda del frigorifero, in una boccetta di vetro, piena, chiusa ermeticamente. Si mantiene in tal modo per una settimana al massimo; prima di tale termine bisognerà dunque preparare un nuovo yogurt dal quale preleveremo la dose di madre fresca necessaria (20ml) alla preparazione successiva.
Anche procedendo in tal modo, può accadere che le colture batteriche in gioco col tempo (magari dopo un paio di mesi) si degradino e la madre (e quindi anche l'ultimo yogurt preparato) inizî a pizzicare: quando ciò accade è necessario ripetere la procedura dall'inizio e preparare una nuova madre.

Preparazione dello yogurt (acidità tipica ph 4,4)
  1. Riempire una pirofila pulita con acqua a 46 °C.
  2. Porre al fuoco 1l di latte e 200ml di panna liquida spegnendo non appena spicca l'ebollizione. Questa fase (pastorizzazione) ha lo scopo di eliminare gran parte dei batteri presenti nel latte onde facilitare il compito ai batteri dello yogurt.
  3. Trasferire il recipiente in acqua fredda e mescolare la miscela di latte e panna fino a portarne la temperatura a 46 °C.
  4. Svuotare la pirofila e versarvi 20ml di madre. Unire nella pirofila tre cucchiaiate della miscela di latte e panna e stemperare la madre; versare quindi la parte rimanente di miscela: la temperatura finale del composto si aggirerà sui 44 °C. Sigillare la pirofila con pellicola da cucina e lasciar fermentare per 10 -:- 12 ore in luogo riparato (va benissimo il forno intiepidito e poi spento).
Trascorso tale tempo lo yogurt si presenterà come una massa molto compatta che non si muove se si inclina leggermente la pirofila. La presenza di siero indica che la temperatura di fermentazione è stata troppo alta. In tal caso, fra l'altro, lo yogurt risulta più acido.
Il siero affiora comunque quando la massa viene spezzata ma viene stabilmente riassorbito se si mescola bene lo yogurt.
Dopo aver prelevato la madre necessaria alla successiva preparazione lo yogurt può venir consumato subito o esser posto in frigo a rassodare e raffreddare. Se si preferisce una consistenza cremosa a quella un po' più gelatinosa dello yogurt risultante dalla fermentazione, passare la massa con un colino a trama fine aiutandosi con un cucchiaino da caffè a cui si sarà piegato il cucchiaio ad angolo retto.

Conservazione dello yogurt casalingo
Lo yogurt si conserva fino ad una settimana se tenuto in frigorifero in un barattolo di vetro a chiusura ermetica.


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Eierschecke

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L'eierschecke è un dolce tedesco originario della Sassonia e della Turingia.

Etimologia
Il termine eierschecke è una parola macedonia composta dai lemmi tedeschi eier, ovvero "uova", e schecke, che identifica un capo di abbigliamento maschile diffuso nel quattordicesimo secolo e composto da una tunica di media lunghezza dal girovita molto stretto da abbinare a una cintura. Il nome del prodotto di pasticceria, che si traduce in "schecke di uova", allude al fatto che sarebbe composto da tre strati esattamente come l'indumento, che presenta una parte superiore, una inferiore e una mediana composta dalla cintura.

Caratteristiche e preparazione
L'eierschecke preparato a Dresda (Dresdner eierschecke) è una torta composta da tre strati. Quello superiore è composto da uova, burro, zucchero, vaniglia. Lo strato intermedio è costituito da una crema pasticcera che, oltre al burro, alle uova, allo zucchero e al latte, contiene anche quark e vaniglia. Invece, la base della torta può essere un impasto levitato o un pan di spagna. Dopo aver assemblato questi tre strati, la torta viene cotta, quindi tagliata a pezzi rettangolari e servita con il caffè. Esistono diverse varianti del dolce con uvetta, mandorle, streusel e cioccolato.


Varianti
Una variante del Dresdner eierschecke è il Freiberger eierschecke, più piatto e privo di quark. Secondo una leggenda, questa variante sarebbe priva di quark in quanto tale formaggio sarebbe stato usato per costruire le mura della città di Freiberg durante il tredicesimo secolo. Per compensare la presunta perdita di sapore, si decise di utilizzare una più abbondante quantità di uova, zucchero e uvetta.




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Migliaccio

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Il migliaccio è un dolce tipico dell'Emilia-Romagna, della Toscana e dell'Umbria, oggi poco diffuso, che si realizza utilizzando come ingrediente principale il sangue suino cotto in padella con poco olio d'oliva.
È arricchito di zucchero, pinoli e uvette e guarnito con aroma di vaniglia o zucchero vanigliato.
Ne risulta una specie di torta dolce dello spessore di circa 20 mm e dal gusto gradevole, seppure forte.
Il migliaccio tradizionale di Romagna si presenta come una specie di budino scuro e denso contenuto all'interno di un involucro di pasta molto sottile. Gli ingredienti principali del ripieno sono sangue di maiale, zucchero, mandorle, pangrattato, canditi, burro, cioccolato e aromi vari.
La ricetta completa si può trovare nello storico libro di Pellegrino Artusi La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene.


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Intervista a Les Chefs Blancs

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Salve chi siete e di cosa vi occupate?
Noi siamo Sandro Masci e Giulia Steffanina e 4 anni fa abbiamo fondato a Roma una Scuola di Cucina e di Pasticceria chiamata Les Chefs Blancs.
Sia io che Giulia  abbiamo tanti anni di esperienza sia in cucina che nella docenza e siamo i  resident chef rispettivamente responsabili di tutti i corsi di cucina e di pasticceria.
Il nome della nostra scuola prende spunto dal grandissimo Maestro Escoffier che dichiarava “un bravo chef deve vestire di  bianco e saper cucinare senza sporcarsi” ed è per questo che tutti  nostri allievi hanno la divisa bianca e sono tutti  vestiti di bianco dalla testa ai piedi.
Il nostro direttore didattico è uno dei più grandi chef italiani il Maestro Igles Corelli.


Per i ragazzi che vorrebbero divenire futuri chef che corsi offrite? In cosa consistono?
Per chi decide di voler  intraprendere la professione di chef la nostra scuola offre  corsi professionali di cucina e di pasticceria che, partendo dalle basi, prevedono un percorso formativo completo che va dalle tecniche tradizionali di taglio, cottura, strumentazione e mis en place sino ad utilizzare tutte le più recenti tecnologie  anche grazie all’ausilio dei diversi docenti stellati e/o esperti esterni  che si intervallano durante il corso.
Sia per me che per Giulia sono importante le regole che stanno alla base della professione di chef o di pasticcere e per questo i nostri corsi includono l’insegnamento di come ci si organizza per la linea e di come si lavora in brigata.
I nostri corsi professionali non vengono differenziati in  livelli perché crediamo che i nostri corsi, così come sono strutturati, siano completi e che consentano ai nostri allievi di entrare a lavorare in un ristorante senza alcun problema.
Tutti i nostri corsi sono totalmente pratici ed a numero chiuso – non più di 10 allievi per corso – e comprendono il rilascio dell’attestato HACCP da parte di una società autorizzata al rilascio di tali certificazioni.
I corsi  terminano con un esame finale  che prevede una cena completa per ospiti esterni paganti. Un vero banco di  prova!
I corsi semi professionali invece sono indicati per chi vuole lavorare come personal chef, o per gestire piccoli catering, lavorare in pasticceria o enoteche  e locali non così impegnativi come un ristorante. I corsi semi professionali si svolgono la sera per permettere a chi lavora di parteciparvi.


Quanto durano questi corsi?
I corsi professionali hanno una durata di quasi quattro mesi con incontri due o tre giorni a settimana mentre i corsi semi professionali hanno una stessa durata ma con incontri di una  volta a settimana.
Abbiamo anche corsi amatoriali monotematici che si svolgono sia di mattina che di sera che hanno una durata di 3 ore.


Quanto costano?
I nostri corsi amatoriali costano 60 € ad incontro, i semi professionali di pasticceria e cucina 1.400,00 €, 2.000 € il corso professionale di pasticceria e 4.000 € per il corso professionale chef. Il tutto ovviamente più IVA.


Quanti corsi fate all’anno?
I corsi semi professionali, semi professionali avanzati e professionali hanno una cadenza quadrimestrale pertanto sono 3 corsi all’anno a numero chiuso di massimo 10 allievi a corso. Gli amatoriali invece vengono effettuati giornalmente.


In quanto tempo si impara a divenire un buon chef o pasticciere?
Sono tutti mestieri che si imparano con il tempo e con l’esperienza. Noi forniamo le tecniche, le basi e il mestiere senza che poi il tempo fa il resto.


Potete raccontarci di un’esperienza di un vostro apprendista che ha appreso il mestiere svolgendo un corso da voi?
Ne potremmo raccontare tante. L’ultima è quella di un’allieva del corso professionale di Pasticceria che è arrivata al secondo posto della trasmissione televisiva Bake Off e di un allievo del corso professionale di Cucina che è stato nominato come miglior chef emergente del sud Italia.


Avete avuto allievi che dopo aver conseguito il corso da voi siano andati a lavorare in Australia?
Si, abbiamo avuto due allievi che lavorano in Australia e che sono venuti a fare il corso da noi. Abbiamo anche molti chefs stranieri che vengono da noi per perfezionarsi.


Se qualche lettore alla fine dell’intervista si mostrasse interessato a uno di questi corsi come potrebbe contattarvi per maggiori informazioni?
Ci possono contattare via email a segreteria@leschefsblancs.com o chiamando  06.83396746 o 348.3609695 (anche in inglese).



Organizzate corsi per stranieri?
Certamente sia per gruppi che per singole persone. Organizziamo anche team building per aziende. I corsi sono svolti anche in lingua.


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Cuddrireddra

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La cuddrireddra o cuddrureddra (esistono numerose varianti del nome tra cui anche cudduredda e cuddiredda) è un dolce tipico siciliano, prodotto quasi esclusivamente a Delia, comune in provincia di Caltanissetta, in particolare durante il periodo di Carnevale. Sono fatte con farina, zucchero, uova, strutto e cannella, spezia che dona loro il caratteristico sapore. Il tutto viene fritto in abbondante olio. Il loro nome deriva dalla tipica a forma a coroncina, che viene loro conferita attraverso l'operazione della lullatura; la tradizione sostiene che la forma sarebbe un omaggio alle castellane che alla fine del XIII secolo d.C. abitavano il castello che si trova poco fuori il centro abitato di Delia.
Si tratta di prodotti tipici siciliani e come tali rientrano nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) stilato dal ministero delle politiche agricole e forestali.


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Frappé

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Il frappé o frappè è una bevanda dolce che viene preparata frullando un ingrediente di frutta, come delle banane o fragole, o del cacao, del ghiaccio tritato e il latte, oppure usando direttamente del ghiaccio di latte. Spesso si aggiunge anche dello zucchero.
Si chiama frappé anche il frullato di gelato e latte.
Volendo si può preparare anche utilizzando caffè, liquori o sciroppi come menta e amarena.
Il frappé si serve in bicchieri alti con una cannuccia, ed è possibile anche aggiungere panna montata.

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Buko pie

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La buko pie è una torta filippina preparata usando del cocco poco maturo e del latte condensato zuccherato, che contribuisce ad addensare l'alimento. Il latte condensato usato per preparare la torta può essere rimpiazzato da quello evaporato. La buko pie può inoltre contenere altri ingredienti a piacere come pandano, vaniglia o mandorle.

Storia
Il dolce risulta ideato dalle sorelle Pahud a Los Baños, nelle Filippine, durante la seconda metà del Novecento. Dopo aver lavorato come domestica negli USA, Soledad Pahud decise di aprire una panetteria ove avrebbe venduto la torta di mele, che aveva precedentemente imparato a fare durante il suo soggiorno oltreoceano. Non potendo però preparare quel dolce dal momento che le mele non sono originarie delle Filippine, Pahud utilizzò, su consiglio della sorella Apolonia, del cocco poco maturo (buko in lingua tagalog) al posto di tali frutti. La panetteria delle sorelle Pahud, l'Orient Buko Pie Bakeshop di Los Baños, è specializzata nella vendita di torte al cocco e di varianti della buko pie con mele, ananas e frutti tropicali. Sebbene fosse un tempo possibile preparare il dessert nelle sole Filippine, le tecnologie di congelamento rapido l'hanno reso un alimento che si può esportare all'estero. Oltre a essere considerata una specialità di Los Baños, la buko pie è un prodotto di pasticceria noto in tutte le Filippine ed è spesso acquistata dai turisti.

Varianti
Se la buko pie viene preparata usando il macapuno (una cultivar di cocco con una quantità anomala di endosperma) il dolce risulterà più denso e appiccicoso e prenderà il nome di macapuno pie.[9] La buko pie è simile alla klappertaart, una specialità di origine olandese anche diffusa in Indonesia e nel Sudafrica. A differenza del prodotto filippino, la klappertaart è un dolce a base di crema pasticcera al cocco con uvetta, noci confettura di albicocche e cannella.

Valori nutrizionali
La buko pie è ricca di grassi, zucchero, calorie, carboidrati, proteine, calcio, ferro, magnesio, niacina, folati e una media quantità di sodio. La sua percentuale di carboidrati semplici è superiore a quella di carboidrati complessi.

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Alpenliebe

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Le Alpenliebe (in tedesco significa "Amore alpino") sono delle caramelle dure prodotte e distribuite dalla Perfetti Van Melle, sul mercato dal 1985.


Storia
Le caramelle Alpenliebe sono state lanciate sul mercato nel 1985 dalla Perfetti SPA, successivamente diventato Perfetti Van Melle. Il brand viene distribuito internazionalmente all'inizio degli anni novanta. Soprattutto in Cina il prodotto ottiene un grande riscontro, anche se in una ricetta leggermente differente e meno dolce rispetto a quella europea, dove invece si tende ad assecondare le tendenze salutiste del pubblico, rilanciando il prodotto in versione "senza zucchero".
Dal dicembre 1995 la commercializzazione della Alpenliebe è stata avviata anche in India, come primo marchio licenziatario di caramelle. In India le Alpenliebe vengono distribuite nei gusti classico, panna e fragola, cioccolato, caffè e banana. Quest'ultimo gusto non è disponibile in Europa.
A novembre 2010 le caramelle Alpenliebe sono state lo sponsor di una serie di flash mob organizzati a Perugia nell'ambito dell'Eurochocolate 2010.


Promozione
Durante la prima campagna pubblicitaria delle caramelle Alpenliebe, la promozione puntava sullo slogan del prodotto "Una carezza al gusto di latte", mostrando alcune persone che dopo aver mangiato la caramella venivano delicatamente accarezzati. La colonna sonora ed il jingle degli spot erano stati realizzati appositamente.
Fra i più celebri testimonial ad aver prestato la propria immagine al prodotto si può citare l'attore Ezio Greggio, che in una serie di spot andati in onda fra gli anni ottanta e gli anni novanta reclamizzava il prodotto in compagnia della mucca Gilda.

Varianti
Tradizionalmente le caramelle Alpenliebe sono dure, di forma ovalizzata ma schiacciata. Vengono vendute in astucci di cartone (scatole), o incartate singolarmente in tubetti o in buste.
Alpenliebe original: Caramelle al mou.
Alpenliebe Menta Mix: Caramelle senza zucchero al gusto panna/menta. Fuori produzione.
Alpenliebe Fragola Mix: Caramelle senza zucchero al gusto panna/fragola. Fuori produzione.
Alpenliebe Espresso: Caramelle senza zucchero al gusto caffè espresso.
Alpenliebe Caramel with Chocolate: Caramelle al gusto caramello con ripieno di cioccolato fondente liquido.
Alpenliebe Orange with Chocolate: Caramelle al gusto arancia con ripieno di cioccolato liquido. Fuori produzione.

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