Parole che hanno incendiato il dibattito. A Ferrara, città orgogliosa delle proprie radici gastronomiche, il giudizio di Massari è stato percepito come un affronto. «Definire con questi termini un prodotto del territorio è fuori luogo, un’invasione di campo», ha replicato Mauro Gualandi, maestro pasticcere pluripremiato e tra i custodi della tradizione dolciaria emiliana. La polemica si è rapidamente allargata, mobilitando artigiani, associazioni di categoria e semplici cittadini, che rivendicano il valore storico e culturale del pampapato, dolce che risale al Rinascimento e che, secondo alcune fonti, sarebbe stato servito persino ai papi.
Il nodo della controversia è profondo e va oltre la singola ricetta. Da un lato c’è l’autorità di Massari, considerato il più grande pasticcere italiano, che da anni insiste sulla necessità di innovare tecniche e sapori per evitare che la tradizione diventi stagnazione. Dall’altro c’è il sentimento di una comunità che vede nella difesa del proprio dolce tipico non solo una questione di gusto, ma di identità culturale e appartenenza. In una regione dove la cucina è patrimonio collettivo e orgoglio diffuso, le parole del maestro hanno toccato una corda sensibile.
Il caso apre un interrogativo cruciale: fino a che punto la critica gastronomica può spingersi senza scivolare nell’offesa? Il confine tra libertà di giudizio e rispetto per le tradizioni è sottile, e il linguaggio diretto di Massari ha contribuito ad acuire lo scontro. C’è chi lo difende, sostenendo che solo un approccio schietto e provocatorio può stimolare l’evoluzione della pasticceria italiana, e chi invece lo accusa di aver usato un registro eccessivo, inadatto al valore simbolico del prodotto.
In attesa che la polemica si plachi, una certezza resta: il pampapato, con la sua copertura di cioccolato fondente e il cuore speziato, continuerà a essere protagonista delle tavole ferraresi, nonostante le critiche. E forse, proprio grazie a questa controversia, avrà un’eco ancora più ampia, diventando oggetto di curiosità e riscoperta. Perché, al di là dei giudizi, la forza della tradizione spesso sta nella capacità di resistere anche alle provocazioni più dure.
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