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Pitta 'mpigliata

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La pitta 'mpigliata è un dolce tipico calabrese, originario di San Giovanni in Fiore ma molto diffuso in tutta la provincia di Cosenza. È un dolce preparato sia nel periodo pasquale, sia in occasione del Natale; è ormai consumato in gran parte della Calabria. A Catanzaro il dolce è preparato per il Natale e identificato con il nome di pitta'nchiusa. Il nome deriva dall'ebraico e dall'arabo pita, che significa schiacciata.
Il periodo al quale si fa riferimento della nascita della pitta 'mpigliata è il 1700. Il dolce veniva preparato soprattutto per le cerimonie nuziali, come riferisce un documento notarile di San Giovanni in Fiore, risalente al 1728.
Esistono alcune varianti della pitta 'mpigliata nelle quali ci sono delle variazioni sulla frutta secca, sul tipo di miele usato, e alcuni eseguono l'impasto con il cognac invece di utilizzare il vermouth, in ogni caso il dolce mantiene sempre la sua forma tipica e viene servito con la classica forma a pitta (ossia a pizza, forma piatta e rotonda). Vi sono comunque oltre alla forma a pitta, quella a rosellina (o rosetta), la forma allungata tipo torrone e la forma a “cullura” (ciambella).
A San Giovanni in Fiore, da alcuni anni si svolge una manifestazione promozionale, che ha lo scopo di elevare ad interesse nazionale, il dolce silano. Attraverso la manifestazione si stabilisce ogni anno il record mondiale della pitta 'mpigliata più lunga del mondo.
Ingredienti: Farina di grano duro, zucchero, Olio extravergine di oliva, spremuta d'arancia dolce, vermouth oppure vino dolce, cannella, chiodi di garofano, bucce d'arancia essiccate e macinate finemente e un bicchierino di liquore aromatico (paisanella in particolare, grappa tipica silana); per il ripieno: noci, uva sultanina, mandarinetto, liquore aromatico misto, chiodi di garofano, cannella e zucchero.
La pitta è fatta di sfoglie di pasta di grano duro che viene schiacciata con un mattarello e distesa all'interno di una teglia metallica e circolare. La prima sfoglia dev'essere abbastanza grande da ricoprire il fondo dell'intera teglia; successivamente, iniziando dal centro si inizia a riempirla con delle sfoglie circolari, con l'uva passa e le mandorle al loro interno. Una volta riempito ogni spazio della teglia con queste "girelle", viene infornata a 180 °C per circa un'ora e un quarto. All'uscita alcuni usano bagnarla con il Vermut, altri aggiungono un po' d'olio di oliva, altri ancora del miele. Per la cottura alcuni usano i forni di casa, ma un'altra usanza tipica è quella di recarsi nei panifici del luogo nella settimana precedente le festività. Poiché le teglie, a volte, essendo simili tra di loro tendono a confondersi con le altre, ognuno mette un segno di evidenza per distinguerle (un confetto, un ramoscello di ulivo, uno stuzzicadenti.
In collaborazione con Legambiente, che da anni promuove il progetto “Lemilledop”, e la Camera di Commercio di Cosenza, nel 2006 è stato avviato il processo per l'ottenimento del marchio D.O.P. per la pitta 'mpigliata, come riconoscimento per il dolce tipico sangiovannese. Questo per garantire la Denominazione di origine protetta del dolce, dopo che lo stesso negli ultimi decenni, si è molto diffuso in tutta la Regione. Il marchio D.O.P., sarebbe la garanzia del fatto che la pitta 'mpigliata è il dolce tipico di San Giovanni in Fiore.

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Pieroghi

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I pieroghi (sing. pieróg) sono una tradizionale pietanza della cucina polacca. Esistono anche nelle altre cucine dell'Est Europeo (Slovacchia, dove vengono chiamati pirohy, Ucraina, Bielorussia, Lituania e Russia, dove si chiamano Russkie pirogi) e in Ucraina nella zona della Bucovina, dove sono chiamati varenyki. È un piatto tipico che a seconda delle tradizioni regionali offre una varietà immensa di sapori e modi di servire.
I pieroghi sono simili ai ravioli con diversi ripieni, sia salati sia dolci. Sono come tortine di pasta chiuse, come un "pie" inglese. Le varietà salate sono tradizionalmente servite con pancetta affumicata, lardo e/o cipolla saltata in padella; in Russia sono spesso serviti con condimento di panna acida (smetàna in russo e ucraino śmietana in polacco, smantana in rumeno). La versione dolce, dal ripieno di frutta, è spesso accompagnata da salse pasticcere o pangrattato mescolato nel burro. Questi ultimi non vanno confusi con i varenyki. I più comuni metodi di cottura sono la bollitura e la frittura.
Esistono altre varianti: Pierogi z kapustą i grzybami (con ripieno di crauti e funghi), Pieroghi Ruskie (con ripieno di patate e formaggio fresco di tipo quark), Pierogi z Serem (con ripieno di un formaggio tipico chiamato bryndza).
Le origini della pietanza risalgono all'era medievale. Già nel XIII secolo i pieroghi erano quotidianamente presenti sulle tavole delle corti polacche ed in versione più povera erano i pasti dei sudditi. Oggi sono parte indispensabile della cucina tipica polacca e non mancano durante le festività natalizie. In tale occasione la pietanza viene preparata senza carne; in particolare durante il cenone della Vigilia di Natale i pieroghi vengono serviti come una delle dodici pietanze previste dalla tradizione.

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Pettole



Le pèttole (pèttëlë in dialetto pugliese, zippuli in dialetto calabrese, zeppole in Irpinia, scorpelle a San Severo, sfringioli a Torremaggiore (di forma allungata), pèttuli nel Brindisino, pìttule nel Leccese, pàtt'l nel Materano, pèttule nel Potentino) sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell'olio bollente, tipiche delle regioni Puglia, Calabria, Campania e Basilicata.
A Matera è usanza preparare l'impasto per le pettole dal primo mattino del 24 dicembre per friggerle e consumarle ancora calde verso mezzogiorno come "spuntino" in attesa del cenone della vigilia. Come variante c'è l'aggiunta di alici sott'olio (prima della frittura) o la preparazione di vere e proprie pizzette fritte da condire con pomodoro, basilico e pecorino. Alcune famiglie ripropongono le pettole la mattina del 31 dicembre. A Monte Sant'Angelo nell'impasto si aggiungono anche delle patate lesse affinché la pettola risulti essere più morbida.
A Taranto, nel suo luogo d'origine, le prime pettole vengono fritte la notte del 22 novembre (santa cecilia) per simbolo di dono per i bandisti che la notte girano suonando le tipiche PASTORALI TARANTINE.
Nella zona leccese la prima frittura avviene l'11 novembre, giorno in cui si celebrano San Martino e, secondo la tradizione, la fine del periodo di fermentazione del mosto che coincide quindi con l'arrivo sulle mense del vino nuovo (da non confondere con il vino novello). È costume ancora molto praticato tra i leccesi, per l'occasione, festeggiare Santu Martinu ritrovandosi tra amici e parenti, preferibilmente nelle tipiche abitazioni di campagna normalmente preposte alla villeggiatura estiva. L'usanza locale prevede il consumo, oltre che delle pittule e del vino novello, anche di carni arrostite alla brace, particolarmente di cavallo e di maiale. Nell'area di Taranto (in cui la tradizione della pettola è ancora molto sentita) si preparano nel giorno in cui si festeggia Santa Cecilia, il 22 novembre, e a seguire durante le festività natalizie.
In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere. Questo piatto è noto a Gallipoli a partire dal 15 ottobre giorno in cui si festeggia Santa Teresa d'Avila che introduce nella stessa città il periodo natalizio. Possono essere rustiche o dolci, semplici o ripiene, e spesso vengono usate in sostituzione del pane, oppure come antipasto. In tutte le varianti, si realizzano utilizzando farina, patata, lievito di birra, acqua e sale, ma ne esiste anche una versione più semplice che non prevede l'utilizzo della patata e comunque la pasta deve risultare piuttosto fluida per poterla versare nell'olio senza fare un panetto solido destinato ad inzupparsi di olio.
La forma può essere quella della "pallottola" oppure di una ciambella, come è tradizione a San Mauro Forte, Ferrandina, Bernalda, Salandra e Pomarico. La ricetta tipica usata a Taranto è quella che le vede cosparse di zucchero, ma anche di sale. In altre zone della Regione è possibile degustarle ricoperte di vincotto o vincotto di fichi o miele, ma volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà. In Calabria, in particolare a Polistena e in altre cittadine della piana di Gioia Tauro, sono tradizionali dell'8 dicembre giorno dell'Immacolata Concezione per poi essere riproposte per tutto il periodo natalizio o in estate per la presenza dei numerosi turisti; possono essere proposte vuote o ripiene con 'Nduja, alici, baccalà ecc.


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Petrali



I Petrali o Chjinuli sono dei dolci natalizi tipici di Reggio Calabria.
Sono dei dolci di pasta frolla ripieni a forma di mezzaluna, con all'interno un ripieno ottenuto facendo macerare per molti giorni nel vin cotto e nel caffè zuccherato un tritato di fichi secchi, noci, mandorle, uva sultanina, buccia di arancia e di mandarino.
L'esterno è di solito guarnito con una spennellata di rosso d'uovo sbattuto e diavoletti colorati (piccole palline di zucchero colorate); alternativamente possono essere guarniti con glassa di zucchero, con cioccolato fondente o cioccolato bianco.
Tali dolci vengono usualmente preparati e consumati durante le festività natalizie.

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Pepatelli

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I pepatelli (localmente chiamati pappatill) sono dolci natalizi tipici abruzzesi (ma diffusi anche in altre località del meridione) di forma rettangolare, così chiamati per la presenza di pepe nell'impasto.
Fate scaldare il miele a fuoco lento e nel frattempo mescolate. Appena inizierà a sobbollire, aggiungete mandorle tritate, scorza di arancia grattugiata, pepe e farina; questi ultimi due ingredienti, insieme al miele, formeranno l'impasto. Dopo averlo mescolato, versate l'impasto su una teglia e tagliatelo in modo da formare dei rettangoli di lunghezza non superiore ai 10 cm e larghezza di circa 1 cm.

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Opłatek

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Un opłatek (plur.: opłatki) è una piccola cialda bianca con raffigurazioni della Natività, preparata in Polonia in occasione delle celebrazioni natalizie e che - dopo essere stata benedetta - viene distribuita durante la cena della Vigilia di Natale dal padre di famiglia. La tradizione è stata adottata anche in Bielorussia, Lituania (dove è chiamato kalėdaitis), Repubblica Ceca e Slovacchia.
La tradizione è conosciuta sin dal Medioevo, quando si iniziarono a preparare questo tipo di cialde con degli stampini in metallo. Venivano distribuite dai membri della Chiesa come simbolo di fratellanza.
A partire dalla fine del XVIII secolo, si iniziarono a distribuire queste cialde in ambito familiare.
Si usa inviare questo tipo di cialde via posta ai parenti che risiedono all'estero.

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Mustazzoli



I mustazzoli sono dolci tipici del Salento (Puglia meridionale) e della Sicilia, a base di farina, zucchero, mandorle, limone, cannella, miele ed altri aromi. A volte sono ricoperti da una leggera glassa a base di cioccolato. È tra i prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal ministero delle Risorse agricole.
Il termine deriva dalla lingua latina. Non dal latino mustum (il mosto) come si era pensato in principio, bensì da mustace, cioè alloro. In origine si preparava il mustaceum, una focaccia per le nozze, un dolce avvolto in foglie di mustace (alloro) che dava aroma durante la cottura. Da qui il proverbio loreolam in mustace quaerere, ovvero: cercare inutilmente nella focaccia le foglie di alloro che si erano bruciate nel forno.
I mustazzoli sono noti anche come: mustaccioli, zozzi (a causa della glassa al cioccolato sulla superficie), mostaccioli, mustazzueli, bisquetti, pisquetti, mustazzòli ‘nnasparati, scagliòzzi, scàiezzuli, castagnette.
L'impasto dei mustazzoli è costituito da vino cotto, ovvero sciroppo di fichi secchi che non ha nulla in comune con il prodotto che porta lo stesso nome ma ottenuto dal mosto d'uva cotto, buccia d'agrumi, mandorle, miele, cannella, talvolta cotognata, granella di nocciole, cioccolata, frutta candita. Gli ingredienti devono riposare per qualche ora prima di essere lavorati a forma di piccoli biscotti alti e irregolari e poi cotti in forno, il prodotto viene poi ricoperto di glassa di zucchero e cacao. I mustazzoli hanno la caratteristica di essere molto croccanti, solo con l'aggiunta del burro, della margarina o dello strutto nell'impasto, si ottiene un prodotto molto più morbido e friabile ma che si discosta dalla ricetta tradizionale.
I mustazzoli hanno origini arabe e infatti come nell'usanza di questa civiltà anche questi biscotti, come il pane arabo, non sono lievitati. Era una tipica abitudine, ancora oggi in vita, cuocere e consumare questi dolci durante le ricorrenze e le feste sacre. Secondo la tradizione questi particolari biscotti potevano essere modellati in varie forme: per la tradizione cristiana forme di pesce e di uccello; per quella pagana forme di donna, serpente o lettere. In Sicilia dal settecento e fino a qualche decennio fa era una produzione tipica delle suore dei conventi di clausura.
Molte regioni rivendicano la paternità di questo biscotto, è usato tantissimo infatti in Puglia, in Sardegna, in Calabria, in Sicilia, nel Lazio, in Campania e in Lombardia.

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Lussekatt




I lussekatter (sing.: lussekatt, letteralmente: "gatto di Lucia"), chiamati anche lussebullar ("focacce di Lucia"), dövelskatter o dyvelkatter ("gatti del diavolo"), sono delle focaccine natalizie svedesi a base di uvetta e zafferano, che vengono tradizionalmente serviti il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia.

Si presentano solitamente a forma di "s" (in ricordo di alcuni motivi dell'Età del Bronzo), ma possono avere anche altre forme.

I lussekatter sono legati ad altri dolci (i cosiddetti "pani di Jul") che venivano consumati in occasione delle festa pagane del solstizio d'inverno.

Secondo l'interpretazione cristiana, la tradizione viene fatta derivare da una leggenda diffusasi in Germania nel XVII secolo, leggenda che spiegherebbe anche l'origine del nome lussekatt: secondo questa leggenda, infatti, il diavolo era apparso in forma di gatto mentre Gesù Bambino stava offrendo delle focaccine a un bambino buono.

La tradizione di consumare i lussekatter ebbe inizio in Svezia nel XVII secolo.

Gli ingredienti principali sono:

  • Burro

  • Latte

  • Lievito

  • Farina bianca

  • Sale

  • Zucchero

  • Zafferano

  • Uvetta

L'impasto dev'essere cotto a 225°.

I lussekatter vengono solitamente serviti dalle ragazze vestite da Santa Lucia.

Si usa spesso disporne due lussekatter a forma di "s" in modo tale da formare una croce.


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Appelflap

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Appelflap è un dolce olandese da forno simile allo strudel, preparato con pasta sfoglia e mele.
La qualità di mele più utilizzata è la Golden Delicious, perché si trova in ogni stagione. Meglio ancora però è la qualità olandese Bella di Boskoop (chiamata anche Goudreinet), perché queste mele hanno un grado di acidità più alto e sono più sode, quindi sapore e struttura si conservano meglio durante la cottura.
L'Appelflap si prepara con un foglio di pasta sfoglia, ha forma triangolare e un ripieno di pezzetti di mela e cannella, eventualmente completato con farina di mandorle, uvetta di Corinto e/o uva sultanina. Durante o subito dopo la cottura si cosparge l'Appelflap di zucchero semolato.
Gli Appelflap di qualità si distinguono per l'utilizzo di burro invece che di margarina e per il ripieno aromatizzato con buccia di limone grattugiata.

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Frutta secca

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Sono quei tipi di frutti che, attraverso un processo di essiccazione naturale (al sole) o con speciali essiccatori, vengono privati della maggior parte dell'acqua. Nell'uso comune, tuttavia, con l'espressione "frutta secca" si intendono di solito noci, mandorle, ecc., che, a rigore, non sono frutti ma semi. Numerosi frutti e semi si prestano ad essere preparati sotto forma di frutta secca, il che permette loro di essere conservati ben al di là del normale periodo di conservazione. Questo procedimento può riguardare frutti sia interi, sia tagliati a pezzi, a cubetti, o anche macinati.
La frutta secca può essere consumata così com'è oppure può essere impiegata come ingrediente nella preparazione di ricette culinarie o di pasticceria.

frutta secca

  • Anacardio (Anacardium sp.), senza guscio, tostato
  • Castagna Secca (castanea sativa)
  • Mandorla (Prunus dulcis), con e senza guscio
  • Nocciola (Corylus avellana), con e senza guscio
  • Noce (Juglans regia), con e senza guscio
  • Noce del Brasile (Bertholletia excelsa) con e senza guscio
  • Noce macadamia (Macadamia integrifolia), con e senza guscio
  • Noce pecan (Carya illinoinensis), con e senza guscio
  • Pinolo (Pinaceae spp.)
  • Pistacchio (Pistacia vera), tostato e salato con guscio
  • tamarindo (Tamarindus indica)

frutta fresca essiccata

  • Albicocca secca (Prunus armeniaca)
  • Ananas secco (Ananas comosus)
  • Ciliegia secca
  • Dattero secco
  • Fico secco
  • Kiwi secco
  • Mango secco
  • Mela secca
  • Melone secco
  • Mirtillo secco (Vaccinium spp.), nero e rosso
  • Papaya secca
  • Pesca secca (Prunus persica)
  • Pera secca (pyrus domestica)
  • Prugna secca
  • Scorze di agrumi secchi (Citrus vv.)
  • Uva passa



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Bisciola

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La bisciola, anche chiamata Pan di fich o Panettone valtellinese, è il dolce tipico della Valtellina.
La bisciola è una pagnottella arricchita con frutta secca, burro, uova e in alcune ricette anche miele. Ha un contenuto calorico elevato e durante le feste prende spesso il posto occupato in altre zone dal panettone.
Dal 7 giugno del 2013 la Bisciola è tutelata dal Marchio Collettivo Geografico (MCG).
Esiste una versione più povera ed economica della besciola, i Basin de Sundri.

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Casetta di pan di zenzero



Una casetta di pan di zenzero è fatta di pasta biscotto, tagliata e cotta in forma appropriata per formare delle costruzioni. Il materiale di solito è un biscotto di zenzero croccante fatto di pan di zenzero, noto come pepparkakor. Un altro genere è prodotto con pan di zenzero utilizzato come pasta da forno che può essere lavorato come creta per creare statuette commestibili e altre decorazioni. Queste casette, ricoperte da diverse varietà di caramelle e glassa, sono delle popolari decorazioni natalizie, spesso costruite dai bambini con l'aiuto dei genitori.

Documenti riguardanti dolci al miele risalgono ai tempi dell'Antica Roma. Gli storici del cibo affermano che lo zenzero ha insaporito gli alimenti e le bevande sin dall'antichità. Si ritiene che il pan di zenzero sia stato prodotto per la prima volta in Europa alla fine dell'XI secolo, quando i crociati di ritorno dalle loro peregrinazioni riportarono del pane speziato dal Medio Oriente. Lo zenzero non solo era gustoso, ma aveva proprietà in grado di migliorare la conservazione del pane. Secondo una leggenda francese, il pan di zenzero è stato portato in Europa nel 992 dal monaco armeno, in seguito santificato, Gregorio di Narek. Questi visse per sette anni a Bondaroy, in Francia, vicino al paese di Pithiviers, dove aveva insegnato il segreto del pan di zenzero ai sacerdoti e agli altri cristiani. Morì nel 999. Un'altra leggenda medievale Cristiana elaborata sul Vangelo di Matteo si collega alla nascita di Gesù. Secondo tale leggenda, attestata da un documento greco dell'VIII secolo, di presunta origine irlandese e tradotta in latino con il titolo di "Collectanea et Flores", oltre ad oro, incenso e mirra, offerti come doni da "uomini saggi provenienti da est" (i Re Magi), lo zenzero avrebbe dovuto essere offerto da un altro uomo saggio che non riuscì a completare il suo viaggio verso Betlemme. Trascorrendo i suoi ultimi giorni in Siria, l'uomo donò il suo scrigno contenente radici di zenzero al rabbino che lo curò amorevolmente durante la sua malattia. Il rabbino gli narrò la profezia del grande re che stava per giungere agli ebrei e che sarebbe nato a Betlemme, il cui nome, in ebraico, significa "Casa del pane". Il rabbino era solito fare costruire ai suoi giovani discepoli case di pane nel corso del tempo per mantenere viva lo loro speranza dell'arrivo del Messia. Il magio suggerì di aggiungere lo zenzero al pane per migliorare l'aroma e il gusto. Il pan di zenzero, come è conosciuto oggi, deriva dalla tradizione culinaria medievale europea. Esso era prodotto in differenti forme dai monaci della regione della Franconia, in Germania, nel XIII secolo. I Lebkuchen, tipici biscotti speziati tedeschi, sono citati nel 1296 a Ulma e nel 1395 a Norimberga. Quest'ultima è stata riconosciuta come "la capitale del pan di zenzero nel mondo" quando nel 1600 maestri panificatori e abili artigiani crearono complesse forme artistiche di pan di zenzero. I panettieri medievali utilizzavano forme intagliate per creare progetti elaborati. Nel corso del XIII secolo, tale tradizione si diffuse nel resto d'Europa. In Svezia fu introdotta da immigrati tedeschi: vi sono riferimenti nell'Abbazia di Vadstena di suore svedesi che cucinavano pan di zenzero come rimedio contro le indigestioni nel 1444. Il dolcificante tradizionale è il miele, utilizzato a Norimberga. Le spezie utilizzate sono lo zenzero, la cannella, chiodi di garofano, noce moscata e cardamomo. Gli omini di pan di zenzero risalgono al XV secolo e XVI secolo. I primi documentati risalgono alla corte di Elisabetta I d'Inghilterra che avevano l'aspetto dei più importanti ospiti che si recavano dalla regina.

I produttori di pan di zenzero si riunirono in gilde professionali. In molte nazioni europee costoro erano una componente distinta nella gilda dei fornai. Cucinare il pan di zenzero divenne una professione riconosciuta. Nel XVII secolo solo ai professionisti era permesso di cucinare il pan di zenzero, tranne a Natale e a Pasqua, quando era concesso a chiunque.
In Europa i pani di zenzero erano venduti in negozi speciali ed in mercati stagionali che li vendevano assieme ai dolci ed avevano le forme di cuori, stelle, soldati, bambini, cavalieri, giocolieri, spade, pistole e animali. In particolare erano venduti all'esterno delle chiese alla domenica e durante festività religiose come Pasqua e Natale. I pani decorati venivano offerti in dono agli adulti e ai bambini, o regalati come testimonianza d'amore, in particolare nei matrimoni, dove erano distribuiti agli ospiti degli sposi. Un pan di zenzero che effigiava il santo patrono era spesso dato come dono per l'onomastico di una persona. Era uso anche cucinare biscotti decorandoli e dipingendoli. I pan di zenzero più complessi erano anche impreziositi con glassa colorata e foglie d'oro. Il pan di zenzero era anche indossato come talismano in battaglia o come protezione dagli spiriti maligni.
Il pan di zenzero era una forma significativa di arte popolare in Europa; i maggiori centri di lavorazione erano a Lione, Norimberga, Pest, Praga, Pardubice, Pulsnitz, Ulma e Toruń. Essi rappresentavano anche avvenimenti reali, ritraendo ad esempio i nuovi governanti e le loro consorti. Delle collezioni possono essere osservate al Museo Etnografico di Toruń, Polonia e al Museo del Pane a Ulma, in Germania. Durante i mesi invernali erano consumati pasticcini di pan di zenzero, immergendoli in vino o in altre bevande alcoliche. In America, le comunità di lingua tedesca della Pennsylvania e del Maryland continuarono questa tradizione sino agli inizi del XX secolo. La tradizione sopravvive nel Nord America coloniale, dove i biscotti allo zenzero sono utilizzati come decorazioni natalizie.
La tradizione di produrre casette decorate di pan di zenzero nacque in Germania agli inizi del 1800. Secondo alcuni ricercatori, le prime casette furono ispirate dalla celebre fiaba dei Fratelli Grimm "Hansel e Gretel" in cui due bambini abbandonati nella foresta trovano una casa commestibile fatta di pane con decorazioni di zucchero. Dopo la pubblicazione del libro, i fornai tedeschi iniziarono a vendere casette di pan di zenzero come quella del racconto. Queste divennero popolari nel periodo natalizio, una tradizione giunta negli Stati Uniti grazie agli emigrati tedeschi in Pennsylvania. Secondo altri storici del cibo, i Fratelli Grimm stavano parlando di qualcosa che era già esistente.

In tempi moderni la tradizione è continuata in alcune zone dell'Europa. In Germania i mercatini di Natale vendono ancora pan di zenzero decorato prima di Natale (i termini tedeschi per le casette di pan di zenzero sono Lebkuchenhaus o Pfefferkuchenhaus). Fare casette di pan di zenzero è ancora un modo per celebrare il Natale in molte famiglie. Le casette sono in genere costruite con biscotti di zenzero assemblati con zucchero fuso. Le tegole sono create con biscotti o dolcetti. Il giardino invece è ricoperto di glassa che rappresenta la neve.
Una casetta di pan di zenzero non deve essere necessariamente una casa vera e propria, anche se ciò è molto comune. Può trattarsi di qualunque cosa, da un castello a una piccola capanna, o a un altro genere di edificio, come una chiesa, un museo d'arte, uno stadio, o altri oggetti come automobili.
Nella maggior parte dei casi, la glassa è utilizzata come adesivo assicurare le parti principali della casa, dal momento che può essere preparata velocemente per rinforzare i legami quando pronta.
In Svezia le casette di pan di zenzero sono preparate nel giorno di Santa Lucia. A partire dal 1991, gli abitanti di Bergen, in Norvegia, costruiscono una città fatta di casette di zenzero chiamata Pepperkakebyen (in lingua norvegese "il villaggio di pan di zenzero"), ritenuta la città di quel genere più grande del mondo. Ogni bambino sotto i 12 anni può costruire la sua casetta senza spese con l'aiuto dei genitori. Nel 2009, gli abitanti di Bergen rimasero scossi quando vennero a conoscenza che la loro città di pan di zenzero era stata distrutta da un atto di vandalismo. Anche a Washington viene creata ogni anno una città chiamata "Gingertown".
A San Francisco, gli hotel Fairmont e St. Francis ogni anno si sfidano con le loro casette di pan di zenzero nel periodo festivo.

Nel 2013, un gruppo a Bryan, nel Texas, superò il record del Guinness dei primati stabilito l'anno precedente per la più grande casetta di pan di zenzero, con una casa commestibile da 234 metri quadrati eretta per beneficenza in favore dell'ospedale locale. Il valore calorico di tale casa è stato stimato in 35,8 milioni e gli ingredienti includevano 1.327 kg di zucchero, 820 kg di burro, 7.200 uova e 3.300 kg di farina.
Lo chef dell'hotel Marriott Marquis a New York, Jon Lovitch, ha superato il record per il più grande villaggio di pan di zenzero con 135 edifici residenziali e 22 commerciali, funivie e un treno.

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Buccellato di Collesano

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Il buccellato di Collesano è un dolce tradizionale di Collesano in provincia di Palermo.
In Sicilia ogni festa che si rispetti ha il suo dolce o il suo cibo tradizionale che, pur mantenendo nella sua generalità definite caratteristiche, viene a seconda delle località riproposto in varie forme e sapori. Quasi sempre il dolce tipizza la festa e si ricollega idealmente ad essa. Questo avviene ad esempio per San Giuseppe quando trionfano le Sfinci; per Santa Lucia, con la Cuccìa e le Arancine; per la festa dei Defunti, con una varietà infinita di frutta martorana, Mostaccioli, Petrafennula, Ossa di morto; per la Pasqua, con la Cassata, i Cannoli, i Pizzi cu l'ovu e le Pecorelle di marzapane e così via dicendo. Anche il Natale ha naturalmente il suo dolce tipico. Prima dell'avvento del Panettone e del Pandoro, di importazione nordica, in Sicilia il principale, se non unico, dolce natalizio era rappresentato dal Buccellato un impasto di farina cotto al forno, di solito a forma di ciambella, farcito nel suo interno e decorato all'esterno. In altre versioni, come a Collesano, il Buccellato prende la forma di un vero e proprio biscotto anch'esso farcito ma ricoperto con una glassa decorata.
Il termine Buccellato risale dal latino Panis Buccella intendendo con il toponimo il pane che, intagliato appositamente prima della cottura nel forno in modo da consentire poi di spezzarlo con le mani, si porta alla “bucca”. Successivamente il pane, assunta una forma circolare o a corona, con un bucco al centro a forma di ciambella, assumeva il toponimo di Buccellatus o Buccellarius. Quindi pane bucato.
Il Buccellatus, confezionato con acqua, semola o fiore di farina, di qualità differente in base a coloro ai quali era destinato, veniva ampiamente utilizzato da naviganti, Panis Nauticus, e dai legionari, Panis Castrensis, sia perché poteva essere conservato a lungo sia perché facilmente trasportabile. Le forme si mettevano infatti come anelli in un bastone.
Nel corso delle festività romane il Buccellatus venne poi abbellito con delle punte intagliando la pasta in superficie che assumeva in tal modo un aspetto di una corona, Panis Coronarius. Con il tempo il toponimo Buccellatus sarà utilizzato per schernire il corpo di guardia degli imperatori Antoninii, i Buccelarii, ovvero i mangiapane o buffoni ad indicarne l'infedeltà e la corruttibilità. In ogni caso si trattava sempre di Panis siccus non sempre gradito a tutti. Con il cambiamento dello stile alimentare, che diveniva sempre più raffinato, i Romani iniziarono ad associare l'assunzione del Buccellatus a frutti freschi o secchi, come i fichi, o al miele o al sale. Il tempo e la fantasia umana avrebbero fatto il resto.
A Collesano, come anticipato, la tradizione dolciaria natalizia prevede sulla tavola la presenza del Buccellato o, in dialetto, Cucciddatu termine derivato dal greco κωλλύρα ovvero collùra o cuddura (impasto di farina). Questo dolce è accetto al palato grazie all'armoniosità ed equilibrio dei suoi ingredienti. Il segreto sta nella farcitura composta da fichi, uva passa, mandorle, noci, zuccata, miele, cioccolato fondente e canditi. Il composto, ben inserito nella pasta fatta di acqua, farina, strutto, uova, zucchero e latte, che verrà fatta cuocere al forno, ben si amalgama con il suo involucro che viene poi rivestito da una glassa di zucchero decorata con cioccolata e scaglie di pistacchio. Questi ingredienti, che conferiscono tipicità al dolce collesanese, fanno supporre che essi siano stati gradatamente rielaborati al tempo della dominazione araba quando nel suo territorio, a Garbinogara sulle sponde dell'Imera settentrionale, si iniziava a coltivare la canna da zucchero e dall'oriente veniva introdotto il pistacchio. Solo dopo la scoperta dell'America, sarà possibile l'inserimento della cioccolata utilizzata sia per decorarne la superficie che per farcirne il contenuto. Il risultato non è descrivibile ma soltanto da provare.

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