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Come è nato il babà?

Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione”.

Pellegrino Artusi


Sebbene l’arte dolciaria napoletana abbia numerose leccornie da vantare, non può annoverare tra le sue creazioni il celebre babà.



Il vero inventore del morbido dolcetto al rum fu il re polacco Stanislao Leszczyńskic mentre si trovava in esilio nella regione della Lorena, in Francia.

Volendo perfezionare il Kugelhupf, un dolce tipico polacco da lui molto amato ma considerato troppo asciutto, ordinò ai suoi cuochi di aggiungere dello sciroppo per ammorbidirlo e conservarlo più a lungo. Aggiunse anche altri ingredienti come lo zafferano, l’uvetta e canditi.

ll dolce venne chiamato Ali Babà in onore del protagonista del libro “Le Mille e una Notte”.

Così composto il dessert arrivò alla corte di Luigi XV. Qui si introdusse tra gli ingredienti il rum giamaicano, usandolo al posto dello sciroppo. Dalla Francia il babà intraprese il suo viaggio verso il capoluogo campano e durante il percorso perse tutti quegli ingredienti esotici, assumendo anche la sua forma attuale, con la cupola rigonfia.

Fu Maria Antonietta, cognata del re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, ad esportare la ricetta.


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Sfincia

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La Sfincia (Spincia in siciliano) è un dolce fritto tipico di Trapani e dell'agro ericino: Erice, Paceco, Custonaci, Valderice, Buseto Palizzolo.
In queste zone la Sfincia di San Giuseppe per distinguerla dalla Sfincia viene chiamata "Sfincione di San Giuseppe".

Ingredienti

È una frittella fatta con ingredienti poveri: patate, farina, zucchero, lievito di birra, semi di anice, succo d'arancia, scorza di limone e acqua, a cui si può aggiungere un bicchierino di Marsala.
Poi viene fritta in immersione in olio bollente, e quindi cosparsa di zucchero e cannella.

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Chi è stato il vero inventore del Pandoro?

"E l'à inventà el pandoro".

Domenico Melegatti e sua moglie:



Il 14 ottobre 1894 il pasticciere Domenico Melegatti deposita il brevetto del pandoro:


Ecco l'annuncio di Domenico Melegatti sul giornale "L'Arena" del 21–22 marzo 1894:


E questa è la vecchia pasticceria Melegatti a Verona, dove è stato inventato il Pandoro:



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Sfincia di San Giuseppe

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La sfincia di San Giuseppe indica un dolce fritto tipico della Sicilia che, come tale, è stato ufficialmente inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
È diffuso nella Sicilia occidentale, originariamente prodotto a Palermo, e viene consumato tradizionalmente il 19 marzo, durante la festa di San Giuseppe, considerata in tutta l'Isola la prima festività della nuova stagione primaverile, oltre che la festa del papà. Col tempo, il prodotto ha perso il legame con la stagione primaverile ed è diventato disponibile al consumo in tutti i giorni dell'anno.
Il nome sfincia deriva dal latino spongia, "spugna", oppure dall'arabo: ﺍﺴﻔﻨﺞ, isfanǧ "spugna"). Questi nomi hanno origine dalla particolare forma di questo dolce, che si presenta come una frittella morbida e dalla forma irregolare, proprio come una vera e propria spugna.
L'origine di questo dolce è antichissima, tanto che compare, anche se con nomi diversi, nella Bibbia e nel Corano. Inoltre, pare che sia l'evoluzione di pani o dolci Arabi o Persiani fritti nell'olio.
Questa gustosa e semplice frittella è stata trasformata in un dolce prelibato dall'abilità delle suore del monastero delle Stimmate, situato a Palermo, che l'hanno tramandato ai pasticcieri palermitani e l'hanno dedicato al Santo degli umili, come umili del resto sono anche gli ingredienti. All'inizio la ricetta era piuttosto semplice ma i pasticceri palermitani hanno reso questo dolce ancora più gustoso arricchendolo con alcuni ingredienti tipicamente siciliani: crema di ricotta, grani di pistacchio e canditi di scorza d'arancia.
Secondo una vecchia tradizione, la sfincia veniva preparata dalla suocera per la nuora per cercare di "addolcire" i rapporti tra le due, tipicamente parecchio difficili e ostili a causa della gelosia delle due donne nei confronti, rispettivamente, del figlio e del marito.
Tradizionalmente la sfincia, grande quanto un pugno, va fritta in grassi. Tutto questo dopo aver impastato della farina con uova intere e solo tuorli e a ciò si aggiunge del lievito con latte e zucchero. Una volta mescolato il tutto, quando l'impasto è morbido ed elastico, si lascia riposare per farlo lievitare.
A questo punto, il prodotto viene messo in una padella con sugna o con strutto e, quando acquisisce un colore dorato, viene tolto dalla padella e ricoperto e farcito con una crema di ricotta di pecora con pezzetti di cioccolato e zuccata, e guarnita da scorza d'arancia candita.

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Sfoglio polizzano

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Lo sfoglio polizzano o "sfuagghiu" (in dialetto polizzano) è un dolce inventato nel XVII secolo dalle monache benedettine del Convento di Santa Margherita a Polizzi Generosa in Sicilia per festeggiare il loro protettore San Benedetto. Si tratta di una torta di pasta frolla ripiena di un impasto di tuma, un formaggio fresco di pecora, cannella, zucchero e cioccolato. La particolarità che differenzia questa antica ricetta polizzana dalle altre imitazioni dei comuni limitrofi è proprio la presenza di una maggiore quantità di zucchero nell'impasto e di conseguenza una accentuata dolcezza nel gusto.
È una produzione tipica siciliana, come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF).
Dal 1994 il comune di Polizzi organizza nel periodo estivo la sagra dello sfoglio ricca di manifestazioni e folklore. Lo sfoglio è protetto dal "Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione dello Sfoglio", nato nella stessa cittadina madonita.

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Spumone

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Lo spumone è un tipico gelato italiano della cucina salentina ma di origine partenopea, così come indicato nell'elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Ministero dell'agricoltura e dell'alimentazione italiano, diffuso anche in Sicilia e Campania.
L'origine dello spumone è da attribuire ai Casamassimesi, residenti nel paese di Casamassima in provincia di Bari. La diffusione di questo dolce è stata vastissima in tutto il meridione durante il XX secolo negli anni '60 e '70, periodo nel quale era sempre presente sulle tavole domenicali e nei banchetti nuziali.
A testimonianza della sua fama è citato anche nella celebre canzone di Modugno e Pazzaglia Io, mammeta e tu: «Jamm'o bar 'o Chiatamone, vuo' 'o cuppetto o vuo' 'o spumone?».
La sua attuale diffusione a Napoli si è notevolmente ridotta mentre continua ad essere in auge in Salento.
Lo spumone è un gelato di gusti misti stratificati (di solito nocciola, cioccolato e stracciatella) con all'interno mandorle tritate, cioccolato fondente a pezzi, canditi e caramello in una rivisitazione più contemporanea mentre in origine nasce con un ripieno di pan di spagna affogato con dell'amaro o con del liquore Strega. Una volta preparato viene fatto solidificare in ciotole rotonde che gli conferiscono la forma di una semisfera.

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Torrone gelato

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Il torrone gelato (turruni gilatu in dialetto locale ed in lingua siciliana) è un dolce caratteristico del reggino, e più in particolare di Reggio e Bagnara, nonché della città e della provincia di Messina.
È detto anche torrone di Reggio Calabria e non va confuso con il torrone di Bagnara, che è una specialità differente.
A dispetto del nome, non è un gelato, bensì una sorta di torrone molto morbido, costituito da un impasto di essenze aromatizzate di diversi agrumi, e zucchero fondente a vari colori, a cui vengono aggiunti canditi e mandorle; il tutto viene poi ricoperto da una camicia di cioccolato.
È tradizionalmente legato alle feste natalizie, ma viene prodotto tutto l'anno.
Amalgamare dello zucchero fondente colorato con essenze aromatizzate (limone, mandarino, cedro, arancia) e acqua, aggiungendo quest'ultima gradualmente, finché l'impasto non diventi facilmente malleabile (finché una goccia fra due dita non resta solida e non oltre). In luogo dell'acqua e delle essenze aromatizzate, si può usare succo di limone.
Aggiungere, quindi:
  • mandorle sgusciate, tostate e tritate, in ragione di circa metà del peso dello zucchero fondente utilizzato;
  • vaniglia in polvere (una bustina ogni 500 g di zucchero fondente);
  • frutta candita a pezzi grossi, in quantità pari a 7/10 del peso dello zucchero fondente (1/10 al cedro e 6/10 arancia, fichi, mandarino, zucca colorata, ciliegie o altro).
Si noti che il fondente serve solo a legare i pezzetti di frutta: il torrone è fatto prevalentemente di questi ultimi.
Molti usano, a questo punto, dividere in due l'impasto e aggiungere del cacao (1/4 del peso dello zucchero fondente) ad una delle due parti.
Amalgamare bene; quindi, stendere ad asciugare per circa un'ora in un recipiente foderato con pellicola per alimenti o sul marmo.
Dare, quindi, al torrone la forma desiderata, tipicamente di mattone o tronchetto. Lasciare riposare all'aria per 12÷24 ore, per far solidificare l'impasto.
A parte, fondere a bagnomaria del cioccolato fondente, in quantità pari al peso dello zucchero fondente usato inizialmente. Quindi, spalmare il cioccolato sulle forme (o sulla forma) di torrone e fare raffreddare al freddo. Infine, guarnire con disegni o scene natalizie.
Si serve tipicamente tagliato a fette e si conserva a temperatura ambiente (per mantenerne inalterata la morbidezza, evitare di riporlo in frigorifero).

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Scumuni

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Lo scumuni è un gelato artigianale siciliano a due gusti tipico in particolare della provincia di Catania. La versione originale ha l'esterno di gelato (cioccolato o pistacchio) e il cuore di un ripieno di uova sbattute con lo zucchero.
Dolce risalente ai tempi in cui gli arabi dominavano l'isola siciliana, veniva utilizzato in occasione della varie feste, come quella del santo patrono o durante i banchetti di fidanzamenti e matrimoni, arrivando ad essere offerto come torta nuziale. Il suo utilizzo divenne celebre e diffuso soprattutto verso la fine del XVII. A Biancavilla, questo dolce è ancora molto apprezzato nella varietà di gusti cioccolato e zabaione. Un'altra versione siciliana ha l'esterno di gelato e il cuore di panna.
Si utilizzano uova che dopo averle impastate con l'aggiunta di latte viene diviso in due parti alla prima si aggiunge l'essenza di cioccolato alla seconda quella di vaniglia. Dopo viene lasciato raffreddare il preparato in un congelatore.
Oggi ne esistono molteplici varianti, denominate genericamente "Pezzo duro".

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Dorayaki

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Il dorayaki (どら焼き) è un tipo di dolce giapponese composto da due pancake, formati a partire dalla kasutera (un impasto simile al pan di spagna), e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki.
In origine il dorayaki aveva un solo strato; la forma attuale a due strati fu inventata nel 1914 da Ueno Usagiya. Attualmente, l'omonimo negozio (Usagiya, うさぎや), viene considerato il migliore in tutto il Giappone, e lo si può visitare all'indirizzo 1-10-10 Ueno (una sezione di Tokyo), Taito-Ku.
In giapponese dora significa "gong", e probabilmente la forma simile a quella dello strumento musicale ha dato origine al nome del dolce. La leggenda narra che un samurai di nome Benkei dimenticò il suo gong a casa di un contadino presso il quale si nascondeva, e che questi lo usò per preparare il primo dorayakidd, da cui, appunto, deriva il nome.
Sebbene la ricetta originale del ripieno preveda l'anko, ne esistono numerose varianti, ad esempio alla crema di castagne o al cioccolato.
I dorayaki sono noti per essere il piatto preferito del gatto-robot Doraemon, protagonista dell'omonima serie animata. Diversamente da quanto potrebbe sembrare, il nome "Doraemon" non deriva da dorayaki bensì da noraneko ("gatto randagio" in giapponese).

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Dango

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Dango (団子) è una sorta di gnocco giapponese fatto di farina di riso e riso glutinoso. Viene spesso servito con tè verde.
I dango vengono mangiati tutto l'anno, ma le differenti varietà sono tradizionalmente mangiate in date stagioni. Da tre a quattro dango sono spesso serviti in uno spiedo. Una varietà di dango di Hokkaidō è fatta di farina di patate e cotta in forno con shoyu (salsa di soia).

Tipi di dango

Esistono molte varietà di dango che prendono solitamente il nome dal condimento servito su o con essi.
  • Anko: comunemente conosciuto come una pasta di fagioli rossi (addolciti), mentre ingredienti diversi dagli azuki vengono usati in rare occasioni. An-Dango è il gusto più popolare in Giappone.
  • Bocchan dango: dango che ha tre colori. Il primo è colorato dai fagioli rossi, il secondo da uova, e il terzo dal tè verde.
  • Chichi dango: leggeri treats un po' dolci mangiati solitamente come dolci.
  • Goma: semi di sesamo. È sia salato che dolce.
  • Kinako: farina di soia tostata.
  • Kushi dango: dango tenuti da uno spiedo
  • Mitarashi: uno sciroppo ricavato dallo shouyu (salsa di soia), dallo zucchero e dall'amido.
  • Teppanyaki: dango in uno spiedo con un sapore piccante di teppanyaki.

Termini derivati

Un comune proverbio giapponese, "Hana yori dango" (traducibile con "meglio i dango che i fiori"), si riferisce alla preferenza verso le cose pratiche rispetto a quelle estetiche.
Dango è usato internazionalmente tra i giocatori di go come termine sprezzante per un gruppo di pietre inefficiente e simile a degli gnocchi nel gioco del go. È anche il nome di una variante del dango go inventata nel 1991.
Vi è anche un'acconciatura, che consiste in due chignons simili a dei dango a entrambi i lati della testa, conosciuta talvolta come odango.
Da dango è inoltre derivato il termine dorodango, una forma di espressione artistica che consiste nel manipolare del fango per creare una sfera lucente e levigata di forma simile ad un dango.



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