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Castagnaccio

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Il castagnaccio (localmente conosciuto anche come castignà, migliaccio, baldino, ghirighio o patona) è una torta di farina di castagne tipica delle zone appenniniche di Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, Emilia e Romagna, Calabria silana e crotonese (prende il nome di "pani i castagna", cioè pane di castagna). Inoltre, viene preparato nell`isola di Corsica.

Descrizione
Si tratta di un piatto tipicamente autunnale che si ottiene facendo cuocere nel forno un impasto di farina di castagne, acqua, olio extravergine d'oliva, pinoli e uvetta. Varianti locali prevedono l'aggiunta di altri ingredienti, come ramerino, scorze d'arancia, semi di finocchio o frutta secca. Accompagnamento ideale del castagnaccio sono la ricotta o il miele di castagno, il vino novello, o i vini dolci come il vin santo.
Vi sono più nomi e ricette per i dolci fatti con farina di castagne. Ne esistono infatti almeno tre diversi tipi: una torta molto sottile (diffusa soprattutto in Lunigiana, dove viene chiamata patona o castignà a Fosdinovo), una torta più spessa (diffusa in Toscana e in particolare a Lucca, dove viene chiamata torta di neccio, a Livorno il castagnaccio, se fatto alto tre centimetri e denso, è chiamato toppone ed è considerato di qualità inferiore) e una sorta di polenta dolce (diffusa anch'essa in Toscana e chiamata pattona). Il castagnaccio più noto popolarmente, una torta sottile, viene chiamato a Firenze "migliaccio".
Il castagnaccio è un piatto "povero" nel vero senso della parola, diffusissimo un tempo nelle zone appenniniche dove le castagne erano alla base dell'alimentazione delle popolazioni contadine. Dopo un periodo di oblio, iniziato nel secondo dopoguerra e dovuto al crescente benessere, è stato riscoperto e oggi è protagonista nel periodo autunnale di numerose sagre e feste.
Secondo quanto si legge nel "Commentario delle più notabili et mostruose cose d'Italia e di altri luoghi", di Ortensio Landi (Venetia, 1553) pare che l'inventore del castagnaccio sia stato un lucchese tale "Pilade da Lucca", che fu "il primo che facesse castagnazzi e di questo ne riportò loda".
Una variante del castagnaccio è costituita dai cosiddetti necci, piccole frittelle sottili di acqua e farina di castagne cotte sulla brace negli appositi testi di ferro e gustate da sole o riempite di ricotta fresca.


Riconoscimenti
Il castagnaccio è stato riconosciuto tra i prodotti agroalimentari tradizionali su proposta delle seguenti regioni:
  • Regione Emilia-Romagna
  • Regione Lazio
  • Regione Liguria
  • Regione Piemonte
  • Regione Toscana



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Castagne del prete

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Le castagne del prete sono castagne cotte a forno, il cui consumo tipico avviene nel periodo natalizio.
Sono riconosciute come prodotto agroalimentare tradizionale nella regione Campania, in particolar modo a Montella (provincia di Avellino).
La produzione delle castagne del prete appartiene alla tradizione alimentare locale e vede l'impiego di un procedimento di essiccazione a fuoco lento su graticci di legno in locali detti gratali per un periodo di circa 15 giorni. Trascorso questo periodo, le castagne vengono tostate in forno ventilato a circa 180 °C per trenta minuti. Prima di essere commercializzate, le castagne vengono idratate immergendole in acqua oppure in una miscela di acqua e vino.




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Quali sono curiosità interessanti sugli studenti giapponesi?

 

Gli studenti giapponesi portano sempre con sé delle barrette di cioccolato KitKat durante il periodo degli esami scolastici.

Questo curioso fatto è dovuto alla pronuncia della parola KitKat in giapponese, che è molto simile a Kitto Katsu: questa si può tradurre come "vincere sicuramente", rendendo il cioccolato una sorta di porta fortuna.

Ironicamente, KitKat in giapponese può essere pronunciato anche come "Kitto Katto", che si significa fallire.


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Celli ripieni

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I celli ripieni (o "cillarchien" in dialetto teramano, o "cillarichijene" in provincia di Chieti) sono un tipico dolce dell'Abruzzo. Gli ingredienti principali sono: marmellata d'uva nera (la cosiddetta scurchjiata), noci e mandorle, cioccolato fondente e scorza d'arancia grattugiata.

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Sticky toffee pudding

 


È un dolce inglese composto da un pan di spagna molto umido, fatto con datteri tritati finemente, ricoperto da una salsa toffee e servito con il gelato alla vaniglia.


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Chiacchiere

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Le chiacchiere, o bugie, sono dei tipici dolci italiani preparati solitamente durante il periodo di carnevale, chiamati anche con molti altri nomi regionali.

Descrizione
Hanno la forma di una striscia, talvolta manipolata a formare un nodo (in alcune zone prendono infatti il nome di fiocchetti).
La base è un impasto di farina, successivamente ci sono due possibilità:
  1. l'impasto viene fritto;
  2. l'impasto viene cotto al forno.
Infine si spolvera con zucchero a velo.
Possono anche essere coperte da miele, cioccolato e/o zucchero a velo, innaffiate con alchermes o servite con il cioccolato fondente o con mascarpone montato e zuccherato.
La tradizione delle frappe probabilmente risale a quella delle frictilia, dei dolci fritti nel grasso che nell'antica Roma venivano preparati proprio durante il periodo dell'odierno Carnevale.

Nome
Le chiacchiere sono conosciute con nomi differenti nelle diverse regioni italiane:
  • bugie (Torino, Cuneo, Asti, Genova, Imperia, Savona);
  • cenci o crogetti (Pistoia, Prato, Firenze);
  • strufoli o melatelli (se con miele) zona Grosseto, Massa Marittima (Toscana);
  • chiacchiere (Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Lazio, Abruzzo meridionale e adriatico, Molise, Umbria meridionale, a Milano, La Spezia, Massa, Carrara, Sassari e Parma);
  • cioffe (Sulmona, centro Abruzzo);
  • cróstoli, gróstoli o gròstoi o grustal (Ferrara, Imperia, Rovigo, Vicenza, Treviso, Belluno, Trentino, Venezia Giulia);
  • cróstui o cróstoli (Friuli);
  • cunchiell' o qunchiell (in alcune aree del Molise);
  • fiocchetti (Montefeltro e Rimini);
  • frappe (Roma, Viterbo, Urbania, Perugia, Terni, L'Aquila, Modena e Ancona);
  • galàni (Venezia, Padova)
  • gale o gali (Vercelli, Bassa Vercellese, Novarese e Barenghese);
  • gasse (Basso Alessandrino);
  • guanti (Alife, Caserta);
  • gròstoi o grostoi (Trento);
  • intrigoni (Reggio Emilia);
  • lattughe o latǖghe (Mantova, Brescia);
  • maraviglias (Sardegna);
  • merveilles[2] (Valle d'Aosta);
  • rosoni o sfrappole (Modena, Bologna, Romagna);
  • galarane (Bergamo)
  • saltasù, lattughe (Bergamo, Brescia);
  • sfrappe (Marche);
  • sfrappole (Bologna);
  • sprelle (Piacenza);
  • risòle (Cuneo e sud del Piemonte);
  • sossole (Verona);
  • pizze fritte (Ravenna);
  • e ancora stracci, lasagne, pampuglie, manzole, garrulitas.

Esistono molte versioni europee, ad esempio in Francia sono diffuse in Languedoc, Provenza e Rouergue con il nome di oreillettes (orecchiette), nell'area dell'antico Ducato di Savoia come bugnes e merveilles (meraviglie).
I nomi regionali di altre zone dell'Europa sono:



Paese o regione
Nome
Bielorussia
хрушчы ou фаворкі
Croazia
krostole
Danimarca
klejner
Francia
oreillettes, bugnes, merveilles
Germania
Raderkuchen
Lituania
žagarėliai
Polonia
chruściki, chrusty ou faworki
Romania
minciunele, cirighele ou scovergi
Russia
хворост
Slovacchia
fánka
Svezia
klenäter
Ungheria
csöröge
Ukraina
вергуни





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Chiaro di luna

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La torta Chiaro di Luna è un dolce friabile a base di mandorle, confettura di albicocche e uvetta, tipico della città di Paullo.
La torta è nata nei gli anni cinquanta, quando un musicista dell'epoca Alberto Testa tradusse una canzone francese "Clair de lune a Maubeuge", riadattandola grazie alle analogie geografiche e climatiche dei due paesi. Avendo riscosso un discreto successo, l'allora sindaco decise di commissionare un dolce per ricordare il lancio di questo 45 giri. Venne così incaricato il pasticciere del paese, Ettore Pahor che inventò questa torta tuttora prodotta solo da due artigiani in determinati periodi dell'anno.



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Cialda di Montecatini

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La cialda di Montecatini è una specialità dolciaria tipica della cittadina di Montecatini Terme in provincia di Pistoia. Un ristretto numero di pasticcieri della città produce questa specialità nata nella prima metà del Novecento.
Il dolce si presenta come un disco dello spessore di circa due millimetri e un diametro di venti centimetri. Estremamente friabile è composto da due veline della stessa consistenza delle sfoglie dei più noti wafer e un ripieno di mandorle tritate e zucchero.
Le cialde vengono tradizionalmente consumate come accompagnamento di gelati, tè, cioccolate calde e vini liquorosi come il tradizionale vin santo.

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Ciambellino

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Il ciambellino è un tipico dolce povero toscano originario di Foiano della Chiana, un anello di pasta friabile a base di uovo e farina, con diametro di circa 20 centimetri.
Tale dolce è presente in varie parti della Toscana con modi e tempi diversi: sono presenti numerose versioni di questo dolce, per quanto riguarda sia gli ingredienti sia la preparazione, che mettono alimentano il campanilismo non solo tra differenti paesi, ma anche tra vicini di casa nello stesso paese. Perciò non esiste una ricetta univoca, anche se gli abitanti di Foiano della Chiana sostengono di essere i detentori della ricetta originale.
In Val di Chiana questo dolce rappresenta la Pasqua nell'immaginario di tutti gli abitanti della Val di Chiana aretina, oltre a rappresentare l'inizio della bella stagione. Viene preparato nei primi giorni della Settimana Santa, per essere consumato prima nella colazione della mattina di Pasqua (assieme a capocollo, salame nostrale, finocchiona, uovo sodo benedetto, e, recentemente, insieme a pezzi dell'uovo di Pasqua di cioccolato), e poi come dessert o piacevole stuzzichino nei giorni successivi, solitamente assaporandolo insieme al Vin Santo.
Va segnalata, infine, il particolare "ciambellino bollito", variante del ciambellino, tipica di Sinalunga e di Scrofiano, che si differenzia dal ciambellino classico sia per la radicalmente diversa procedura di cottura, sia per la sua consistenza e l'abbondante presenza di zucchero in cristalli ed anice.
Per quanto riguarda Siena, invece, per ciambellino si intende un anello di pasta fritta ricoperta da zucchero. Viene preparato quasi esclusivamente nel periodo di Carnevale assieme all'altro dolce tipico del periodo, ovvero i cenci.
Dal 1968 a Rigomagno, frazione nel comune di Sinalunga si festeggia la sagra del ciambellino.









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Ciaramicola

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La ciaramicola è un tipico dolce pasquale della provincia di Perugia; si tratta di una torta a forma di ciambella, di colore rosso con glassa bianca e confettini colorati di copertura. Questo dolce, nato come inno alla città di Perugia, rappresenta i cinque rioni di Porta Sole, Porta Sant'Angelo, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta San Pietro. I colori che compaiono nel dolce fanno riferimento ai rioni e allo stemma di Perugia. Rossa all'interno, coperta di glassa bianca all'esterno e impreziosita di confettini colorati.

Ingredienti (per 4 persone)
  • 500 g di farina
  • 200 g di zucchero
  • 120 g di burro o strutto
  • 3 uova
  • 50 ml di alchermes
  • scorza grattugiata di buccia d'arancia o limone
  • una bustina di lievito per dolci (dose per 1/2 kg)
  • latte
  • confettini colorati

Preparazione
Disporre a fontana su una spianatoia la farina, il lievito in polvere per dolci, un pizzico di sale e lo zucchero. Versare al centro la scorza grattugiata, due uova e un tuorlo e aggiungere gradualmente l'alchermes, evitando di far entrare in contatto il liquore con le uova. Impastare il tutto per qualche minuto. Unire quindi strutto o burro e lavorare finché l'impasto non sarà soffice. Versare in uno stampo per ciambella imburrato e infornare a 180 °C per circa mezz'ora. Togliere dal forno e, nel frattempo, montare a neve l'albume rimasto con un pizzico di zucchero. Disporre le chiare montate a neve sulla superficie del dolce e spargervi sopra una pioggia di confettini colorati. Rimettere nel forno, spento, affinché la meringa si rassodi e conservi il colore bianco.

Curiosità
« La ciaramicola è collegata ad una tradizione: veniva regalata dalle fidanzate agli innamorati il giorno di Pasqua. »
(Almadori, 2013 op. cit., pag. 114)











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Confetto di Sulmona

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Il confetto di Sulmona è una specialità dolciaria tipica della città di Sulmona in provincia dell'Aquila dove esiste la più antica fabbrica del dolce.

Il confetto ha una storia antica, la sua fabbricazione intesa come moderna risale al XV secolo mentre si è evoluta come lavorazione artistica già a cominciare dallo stesso secolo.

Oltre alle mandorle prodotte nella valle Peligna e in Abruzzo vengono adoperate quelle provenienti dalla Sicilia, raccolte tra le province di Siracusa, in particolare la rinomata mandorla Pizzuta di Avola, e in Ragusa.

Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha inserito il confetto prodotto a Sulmona nella lista dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani, riconoscendolo con il marchio P.A.T.


Storia

Secondo leggende, il confetto sarebbe stato prodotto già ai tempi della conquista romana nella valle Peligna (I secolo a.C.). Fonti certe però dimostrano che una piccola bottega artigianale sorgesse, nel XV secolo, presso il monastero di Santa Chiara, e che addirittura le monache si cimentassero in questa arte. Nel XX secolo il confetto sulmonese vede il suo periodo di decisivo sviluppo economico, con la costruzione di molte fabbriche (alcune di età ottocentesca), tra le quali spicca la Fabbrica Pelino.

In occasione del matrimonio nobile di William d'Inghilterra e Kate Middleton, la fabbrica Pelino ha spedito in dono di nozze una confezione speciale di confetti. A partire dagli anni '60, con la produzione industriale, la fabbrica vecchia è stata dismessa per la costruzione di un edificio maggiore per la produzione. Tuttavia le politiche locali hanno saputo conservare la tradizione, assieme ai discendenti Pelino, affinché la storica fabbrica, oltre a funzionare, divenisse un museo.


Descrizione

Esistono varie tipologie di confetti sulmonesei, i più caratteristici dei quali formati da mazzi di fuori variopinti, oppure margherite o papaveri. Ciascun confetto di ciascun mazzo inoltre ha varie tipologie di gusto, dal cioccolato al caramello, dalla mela all'arancia. Vi sono anche sculture o varie raffigurazioni di piante o antropomorfe, realizzate su commissione del cliente, oppure sculture di confetti che rievocano i personaggi fantastici in voga nella moda giovanile.








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Brutti e Buoni

Brutti e Buoni.JPG
Foto scattata in una pasticceria di Ispra


I Brutti e Buoni (talvolta Brutti ma buoni) sono dei dolcetti la cui origine non è sicura infatti alcuni pensano sia originaria della città di Gavirate, in provincia di Varese, dove, si presume, nacquero nel 1878 dall'intuizione di Costantino Veniani, sono parte integrante della storia di Gavirate. Altri invece ritengono che questo prodotto dolciario abbia origine nella città piemontese di Borgomanero.

Ingredienti

  • mandorle
  • nocciole
  • zucchero
  • vaniglia
  • albume

 

Preparazione

La prima cosa per la preparazione dei brutti ma buoni è spelare le nocciole, se non utilizzate nocciole già spelate, passatele in forno caldo per qualche minuto e poi strofinatele tra le mani o con uno straccio per eliminare la pellicina marrone. Mettete circa 70 ml d'acqua in un pentolino, sciogliete lo zucchero semolato e il miele e lasciatelo raffreddare. Tritate intanto grossolanamente in un mixer la metà delle nocciole. Montate poi gli albumi a neve per 5 minuti e poi aggiungete lo sciroppo di zucchero. Montate per altri 10 minuti e poi incorporate lo zucchero a velo. Infine montate ancora gli albumi per 5 minuti. Versate il tutto in una ciotola e incorporate le nocciole intere, mescolate, poi unite quelle tritate e amalgamate bene il tutto. Rivestite una teglia con la carta da forno, prelevate dall'impasto un cucchiaino di impasto e disponetelo sulla carta da forno: abbiate l'accortezza di distanziare i mucchietti di impasto perché i brutti ma buoni tenderanno a gonfiarsi durante la cottura in forno. Cuocete in forno a 160° per 12/13 minuti finché i brutti ma buoni avranno assunto un colore leggermente dorato, infine lasciate raffreddare i brutti ma buoni

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