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“Bienmesabe: Il canto dolce delle Canarie tra mandorle, miele e memoria coloniale”

Tra le onde atlantiche e le brezze subtropicali dell’arcipelago canario, esiste un dolce che, più di ogni altro, cattura la complessità e la stratificazione culturale di queste isole. Il suo nome è un programma: bienmesabe, letteralmente “mi piace il sapore” o, in un’accezione più poetica, “mi sa di buono”. È una promessa mantenuta fin dal primo cucchiaio: una crema densa, avvolgente, fatta di mandorle tritate, zucchero, tuorli d’uovo e limone, legata dal profumo caldo della cannella e dalla fragranza persistente del miele.

Questo dessert non si limita ad addolcire il palato: racconta una storia, evoca una terra di incontri e migrazioni, riecheggia di tradizioni arabeggianti giunte attraverso la Spagna e trasformate, con spirito insulare, in una nuova espressione di gusto.

Per comprendere il bienmesabe, bisogna compiere un viaggio nel tempo fino all’Andalusia moresca, dove l’arte dolciaria era dominata dall’uso sapiente di frutta secca, miele e spezie. Le mandorle, in particolare, erano protagoniste assolute, grazie alla loro versatilità e al loro significato simbolico: purezza, fertilità, abbondanza.

Quando, tra il XV e il XVI secolo, la Spagna cattolica completò la Reconquista e si spinse verso l’Atlantico, colonizzando le Isole Canarie, portò con sé questa eredità gastronomica. Sulle isole, il clima mite e la disponibilità di zucchero di canna – allora coltivato in abbondanza – offrirono il terreno perfetto per far fiorire nuove interpretazioni delle antiche ricette.

Il bienmesabe nacque così: non da un singolo gesto, ma da una lenta sedimentazione di influenze. Il risultato fu un dolce cremoso, persistente, che inizialmente veniva preparato solo nelle grandi occasioni – matrimoni, battesimi, feste religiose – e che, ancora oggi, è considerato un tesoro della pasticceria isolana.

Sebbene la sua versione più celebre provenga da Gran Canaria, in particolare dal villaggio di Tejeda, ogni isola ha la propria variante. Alcune usano più tuorli, altre accentuano il miele, altre ancora aggiungono un goccio di rum canario o un’essenza di vaniglia per personalizzarne il profilo.

La consistenza del bienmesabe è parte del suo fascino: densa senza essere stucchevole, ricca ma mai pesante. Il segreto risiede nella cottura lenta e paziente della crema, nella qualità delle mandorle utilizzate – sempre pelate e macinate finemente – e nella perfetta emulsione con i tuorli d’uovo, che conferiscono struttura e una setosità unica.

Non è un dolce di massa. Richiede attenzione, equilibrio e rispetto dei tempi. Ma è proprio in questa lentezza che si esprime il suo carattere. Non sorprende che, nelle Canarie, il bienmesabe sia spesso servito come accompagnamento a un gelato artigianale alla vaniglia o come farcitura per torte tradizionali: la sua anima versatile lo rende un alleato perfetto tanto della tradizione quanto della creatività contemporanea.

Per ottenere un bienmesabe autentico non occorrono ingredienti esotici o tecniche complesse. Come spesso accade nei dolci della tradizione, la semplicità è solo apparente. La qualità della materia prima e la precisione nella lavorazione fanno tutta la differenza.

Ricetta tradizionale del Bienmesabe Canario (per 6-8 persone)

Ingredienti:

  • 250 g di mandorle pelate

  • 200 g di zucchero

  • 150 ml di acqua

  • 3 tuorli d’uovo

  • 1 cucchiaio di miele (di fiori o di palma, se disponibile)

  • La scorza grattugiata di 1 limone biologico

  • 1 stecca di cannella (o mezzo cucchiaino in polvere)

  • (facoltativo) 1 cucchiaio di rum canario o liquore dolce

Preparazione:

  1. Preparazione delle mandorle:
    Tritare finemente le mandorle pelate con un mixer fino a ottenere una farina umida e omogenea. È importante non ridurle a pasta: la consistenza deve restare granulosa ma fine.

  2. Sciroppo:
    In un pentolino, portare a ebollizione l’acqua con lo zucchero, la scorza di limone e la stecca di cannella. Lasciar sobbollire per 10-12 minuti, finché si forma uno sciroppo denso e profumato.

  3. Incorporazione delle mandorle:
    Rimuovere la stecca di cannella e aggiungere le mandorle tritate allo sciroppo, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Cuocere a fuoco dolce per circa 10-15 minuti, finché il composto inizia a staccarsi dai bordi del pentolino.

  4. Tuorli e miele:
    In una ciotola a parte, sbattere i tuorli con il miele. Togliere il pentolino dal fuoco e, poco alla volta, incorporare i tuorli nel composto di mandorle, mescolando energicamente per evitare che si rapprendano.

  5. Ultima cottura:
    Rimettere il tutto sul fuoco basso per altri 2-3 minuti, giusto il tempo di far addensare ulteriormente la crema. Aggiungere eventualmente il liquore, mescolare e togliere dal fuoco.

  6. Raffreddamento e servizio:
    Versare il bienmesabe in ciotoline monoporzione o in un contenitore unico. Lasciar raffreddare completamente e conservare in frigorifero almeno 3 ore prima di servire. È eccellente sia freddo che a temperatura ambiente.

Il bienmesabe si presta a numerosi abbinamenti, grazie alla sua struttura cremosa e al contrasto tra dolcezza e mandorla. La tradizione lo vuole servito accanto a:

  • Gelato alla vaniglia o alla cannella: la freschezza del gelato bilancia la densità del dolce, creando un equilibrio che ricorda i dessert al piatto della grande ristorazione.

  • Torta di biscotti o pan di Spagna: utilizzato come farcitura o strato centrale, conferisce profondità e un tocco regionale a dolci più neutri.

  • Frutta secca caramellata: mandorle o nocciole croccanti sono un’ottima guarnizione per contrastare la morbidezza della crema.

Dal punto di vista delle bevande:

  • Moscato spagnolo: la dolcezza del vino si sposa alla perfezione con le note mielate del bienmesabe, esaltandone la parte agrumata e speziata.

  • Malvasia delle Canarie: un vino liquoroso e aromatico, perfetto per i dolci ricchi di storia e zucchero.

  • Caffè nero: l’amaro naturale del caffè esalta il lato più tostato e persistente del dolce, in un abbinamento semplice ma efficace.

Il bienmesabe è molto più di una ricetta regionale. È un testimone silenzioso dell’incontro tra culture, del viaggio di ingredienti e tecniche attraverso secoli di storia. Racchiude il sole delle isole, la lentezza della cucina fatta in casa, il rispetto per le origini.

In un’epoca in cui la velocità domina ogni gesto, questo dolce ci invita a fermarci. A pesare le mandorle con cura, a mescolare senza fretta, ad ascoltare la voce antica che sussurra nelle cucine canarie. È un richiamo dolce ma deciso alla consapevolezza, alla cura, alla bellezza di ciò che ha resistito al tempo.

Assaggiarlo è compiere un piccolo viaggio. Prepararlo è un atto di dedizione. Servirlo, infine, è come offrire un pezzo d’isola, un frammento di tradizione viva, un dono che va oltre il gusto e tocca la memoria collettiva.



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