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Testa di moro

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La Testa di Moro è un dolce di pasticceria, diffuso specialmente in meridione, originario di Napoli.
È composto da un disco di pan di spagna, modellato in modo da conferirgli una forma semisferica, farcito con crema pasticcera e ricoperto da un sottile strato di crema o panna al cacao e infine di granella di cioccolato. Può anche avere della panna montata sulla sommità con una ciliegina.

Origine del nome
Il nome deriva dalla sua forma scura e sferica che ricorda appunto quella della testa di un moro, e dalla granella di cioccolato che ricorda la sua tipica capigliatura. C'è anche una versione in gelateria, è uno spumone fatto con gelato al cioccolato e semifreddo al gianduia all'interno.

Varianti
Esiste una variante bianca ottenuta utilizzando crema senza cacao e granella di nocciole anziché di cioccolato.


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Spotted dick

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Lo spotted dick (o spotted dog) è un dolce britannico. Si tratta di un pudding cotto al forno contenente frutta secca (in genere ribes e/o uva passa) e spesso servito con crema pasticcera. La sugna, che veniva un tempo utilizzata per prepararlo, viene oggi sostituita da altri tipi di grassi (come il burro) e dalle uova, ingredienti che gli conferiscono una consistenza più simile al pan di Spagna.

Storia
Il piatto è attestato per la prima volta da Alexis Soyer nel suo libro The Modern Housewife or ménagère del 1849. In tale libro viene descritta una ricetta per un piatto battezzato Plum Bolster, o Spotted Dick in cui bisogna "srotolare due libbre di pasta" e "prendere un po' di uva passa Smyrna lavata..." Nel 1892, il Pall Mall Gazette riportò che "le Sorelle Kilburn (...) soddisfacevano ogni giorno centinaia di portuali con zuppa e Spotted Dick". Il nome spotted dick è apparso nuovamente in Working-men's Way in the World (1854) di C.M. Smith, in cui il piatto viene descritto come una "specie molto marinara di plum-pudding". Questo nome, così come railway cake, è più comune in Irlanda, dove è più simile a un soda bread con l'aggiunta di ribes. La presenza del termine dick (anche traducibile in "cazzo") ha reso il piatto oggetto di ilarità e doppi sensi, al punto che, nel 2009 lo staff di catering del Consiglio della contea di Flintshire ha deciso di rinominarlo Spotted Richard a causa di tutte le battute che essi stavano ricevendo.

Etimologia
Se il termine spotted (ovvero "maculato") è un chiaro riferimento alla presenza di frutta secca nel dolce, il termine dick era un termine dialettale ampiamente usato per definire il pudding e condivide la stessa etimologia di dough ("impasto"); nella Huddersfield del tardo diciannovesimo secolo, un glossario di termini locali descriveva il dick "un semplice budino". Se presenta della melassa viene conosciuto come treacle dick.



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Risino

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Il risino è un dolce di pasticceria molto diffuso nel territorio veronese. Consiste in un piccolo cestino di pasta frolla (le sue dimensioni sono solitamente equivalenti a quelle di un bignè) con un ripieno di riso lessato mescolato a una crema pasticcera. La sua forma è generalmente ovale e alta circa 3 cm, anche se è possibile trovarlo rotondo e più basso, molto simile quindi a una crostatina. Esistono versioni e forme diverse in altre città e regioni ma nel veronese è un dolcetto molto diffuso che si trova normalmente nei bar assieme alle brioche.


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Pudding di pane e burro

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Il pudding di pane e burro (dall'inglese bread and butter pudding) è un pudding a base di pane e burro tipico della cucina britannica.
Dopo aver sovrapposto delle fette di pane imburrato guarnite con uva passa in una teglia da forno, viene versata una miscela di crema a base di uova e latte (o panna) e condita con noce moscata, vaniglia o altre spezie. Viene poi cotto in forno e servito. Negli Stati Uniti è talvolta noto come cold bread pudding.

Storia
I pudding di pane e burro venivano originariamente nominati whitepot e contenevano midollo osseo o burro. Si presume che quando i whitepot venivano preparati usando il riso al posto del latte questi avrebbero dato origine ai rice pudding britannici.
Tuttavia, la prima vera e propria pubblicazione di una ricetta sul pudding di pane e burro si trova in The Compleat Housewife del 1728 di Eliza Smith. Essa riporta:
«Prendi una pagnotta da due penny e un chilo di burro fresco; spalmalo a fettine sottili in modo che tu possa mangiarle; tagliale mentre lo stendi, e spargici sopra mezzo chilo di uva passa. Lava un chilo di ribes, poi metti la pasta sfoglia sul fondo di un piatto, posaci sopra una fila di pane imburrato e spargici una manciata di ribes, dell'uvetta e qualche pezzo di burro. Ripeti il processo finché il tuo piatto non sarà pieno. Poi bolli tre pinte di panna e infoltiscila a freddo con i tuorli di dieci uova, una noce moscata grattugiata, un po 'di sale, circa mezzo chilo di zucchero e un po' di acqua ai fiori d'arancio. Versate questo (il composto) nel pudding mentre lo infornate.»
Nel 1845, la scrittrice di gastronomia Eliza Acton suggerì di insaporire il pudding con "scorza di limone e mandorle amare o cannella, se preferite, con una pinta di latte nuovo" per poi aggiungere panna e zucchero addensata con uova sbattute. La sua ricetta richiede anche di aggiungere un bicchiere di brandy nella miscela.

Varianti
Alcune persone possono servire il pudding al burro e pane con crema pasticcera o crema, sebbene sotto la crosta esso sia abbastanza umido da poter essere mangiato senza l'accompagnamento di salse. Il dolce può essere insaporito con confetture ai frutti di bosco o altre conserve dolci e scorze di arancia o limone che daranno al piatto un sapore caratteristico. Altre varianti moderne includono l'uso di uva fresca tra gli strati di pane oppure l'uso di mele che vengono fatte sciogliere nella miscela di latte e uova. Sebbene il pudding di pane e burro venga comunemente cucinato con il pane raffermo, sono state cucinate varianti utilizzando dei tipi di pane insoliti come, ad esempio, le brioche. Un piatto simile popolare in Egitto è l'Umm Ali, che contiene pistacchi ed è privo di uova.




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Pionono

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Il pionono è un dolce tipico della Spagna, dell'America latina (a Cuba e in altri paesi chiamato altresì brazo de gitano, braccio di zingaro) e delle Filippine (pianono).
Il dolce venne creato verso la metà del XIX secolo, durante il pontificato di Papa Pio IX, da cui il nome della ricetta.

Storia
Il dolce fu creato dal pasticcere Ceferino Isla González, originario di Santa Fe (Granada), in onore di Papa Pio IX per aver proclamato il dogma dell'Immacolata concezione, di cui Isla era molto devoto. Il pasticcino ricorda infatti la silhouette della testa cilindrica di papa Pio IX.
Il primo riferimento a questo dolce apparve il 18 marzo 1858 sulla stampa di Madrid, inizialmente chiamato "pío nono" o, al plurale,"píos nonos". In seguito, Leopoldo Alas "Clarín", nel suo romanzo La regenta del 1884, lo chiamò con la parola unica, "pionono", poi rimasta.
Il pionono è composto di due parti: un sottile strato di pan di Spagna arrotolato a cilindro, inzuppata con diversi tipi di sciroppo che conferiscono al dolce una consistenza dolce e piacevole, e una corona di crema tostata. Il pasticcino si consuma tipicamente in uno o due bocconi.

Varianti sudamericane
In vari paesi dell'America latina , come Argentina, Uruguay, Venezuela, Colombia, Perù e Cuba, i piononos sono preparati con un impasto di farina, uova e zucchero, cotto al forno in uno strato sottile e poi spalmato con una farcitura di dulce de leche oppure crema chantilly, a cui sono a volte aggiunte noci o frutta; il tutto viene infine arrotolato e servito a fette.
La ricetta può essere realizzata anche nella versione salata, ad esempio con prosciutto cotto, formaggio, pomodori e maionese oppure insalata mista, insalata di pollo o tonno.


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Bignè

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Il bigné (adattamento del francese beignet) è una piccola pasta dolce di forma tondeggiante, talvolta allungata: in questo caso si chiama éclair. I bignè si preparano in due modi completamente differenti fra loro: i bignè fritti e i bignè ripieni.

Il bignè fritto
È la forma originaria del dolce, diffusa in numerosi paesi d'Europa. È formato da una pasta di farina, uova, latte, zucchero, burro, liquore e lievito che viene divisa in piccole forme, successivamente fritte e spolverate di zucchero a velo. In molte regioni è un tipico dolce di carnevale. Una versione differente del bignè fritto è tradizionale delle zone cajun degli Stati Uniti d'America molto famosa a New Orleans. In questa versione, di nota derivazione francese, il bignè è un dolce quadrato fritto.
Si ricava da una pasta lievitata che viene stesa con il mattarello, tagliata in quadrati che vengono fritti in olio di semi di cotone e spolverati di zucchero a velo. È un dolce comune e amato, reperibile nelle caffetterie, cui ci si riferisce impropriamente come doughnuts, sebbene questo termine indichi nel resto degli stati anglofoni la ciambella dolce, fritta e glassata.

Il bignè ripieno
È un piccolo dolce composto da un guscio di pasta choux ripieno di creme variamente aromatizzate, diventata famosa dalla Belle époque in poi. La pasta choux, inserita in una tasca da pasticcere, con bocchette di vario diametro e scanalatura, viene spremuta in piccole quantità su una placca da forno e cotta. Al variare delle bocchette e delle forme impresse, si ottengono diversi risultati estetici. I gusci di bignè cuociono brevemente a temperature intorno ai 200º e nel cuocere gonfiano divenendo leggeri e cavi all'interno. Questa stessa cavità viene riempita di farcitura; successivamente il dolce viene coperto di glassa. A seconda del ripieno assumono un nome preciso, che spesso viene usato solo in alta pasticceria.
Tra i più famosi ricordiamo lo Chantilly. Tuttavia, poiché la pasta choux è di gusto neutro, il bignè viene spesso farcito salato, ad esempio con salsa besciamella, crostacei, funghi o fondute di formaggio e servito come stuzzichino per buffet o aperitivi. La dimensione del bignè dolce può variare da un diametro di 10 – 12 cm alle dimensioni di una noce, tipiche della pasticceria minuta in uso specialmente in Piemonte. Il bignè salato è solitamente piccolo, tra i 3 e i 6 cm di diametro. Vi si fa riferimento anche con il nome di choux o bignola. Quest'ultimo termine, però, può trovarsi anche applicato alle ricette tradizionali del bignè fritto.

Bignè di San Giuseppe
I Bignè di San Giuseppe sono dei dolci simili ai più comuni bignè alla crema. Possono essere cotti al forno o fritti. In alcune regioni italiane vengono chiamati zeppole.


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Crêpe Suzette

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Le crêpe Suzette sono un dolce francese.
Il piatto è composto da crespelle imbevute nella beurre Suzette: una caratteristica salsa a base di zucchero caramellato, succo di mandarino o d'arancia, scorza d'arancia e Grand Marnier, triple sec o Curaçao all'arancia. Il piatto viene sottoposto a cottura flambé.

Storia
L'origine delle crêpe Suzette e del loro nome è controversa. Secondo alcune testimonianze, essere vennero ideate per errore da un cameriere quattordicenne di nome Henri Charpentier nel 1895. Secondo quanto riporta l'autobiografia Life à la Henri dello stesso Charpentier, egli stava lavorando al Café de Paris di Montecarlo dove venne incaricato di cucinare delle crêpe per il principe del Galles (il futuro re Edoardo VII). In preda alle emozioni, aggiunse troppo liquore nelle crêpe facendo prendere fuoco al tegame. Nonostante ciò, le crêpe furono servite e il sovrano apprezzò la ricetta. Egli chiese al giovane come si chiamassero e questi gli rispose dicendo che erano le crêpe princesse. Il futuro sovrano, indicando un'avvenente ospite al tavolo, dichiarò "no, le chiameremo crêpe Suzette".
Tuttavia altre fonti, fra cui il Larousse gastronomique, affermano che non fu Charpentier a servire il principe in quanto il cameriere era ancora troppo giovane. Un'altra versione emerge dall'intervista che Elsie Lee fece a Charpentier durante gli anni cinquanta. Secondo quanto riferì Charpentier in quella situazione, la sua "versione complicata della ricetta nacque come il piatto di frittelle con salsa di frutta che la sua madre adottiva preparava in occasioni molto speciali" L'aggiunta di liquore era un au courant tra gli chef parigini dell'epoca.
Stando ad altre fonti ancora, il piatto fu nominato in onore dell'attrice francese Suzanne Reichenberg (1853-1924), che lavorò professionalmente sotto il nome di Suzette. Nel 1897, Reichenberg recitava alla Comédie-Française nel ruolo di una cameriera che serviva le ​​crêpe. Il vicino ristorante Marivaux offriva agli attori le crespelle che venivano infiammate sul palco per attirare l'attenzione degli spettatori.
Nel 1896, Oscar Tschirky pubblicò una ricetta molto simile intitolata Pancakes Casino Style che però non prevedeva la cottura flambé. Nel 1907, Escoffier descrisse le crêpes Suzette nella versione inglese della sua Guida alla grande cucina. Anche questa ricetta, come quella di Tschirky, non prevede alcuna cottura alla fiamma.
Nel 1898, il piatto divenne una specialità del ristorante francese Marie's.


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Bananas Foster

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Il Bananas Foster è un dessert statunitense originario di New Orleans.

Cenni storici e caratteristiche
Il piatto venne ideato nel 1951 nel ristorante Brennan's di New Orleans da Ella Brennan e dallo chef del locale Paul Blangé durante un periodo in cui la città della Louisiana era divenuta un importante centro per l'importazione di banane dall'America meridionale. Il Bananas Foster prende il nome da Richard Foster, il presidente della Commissione per la criminalità di New Orleans che era amico del proprietario del ristorante Owen Brennan. Il Bananas Foster è un dolce a base di banane, gelato alla vaniglia e una salsa caramellata contenente burro, zucchero di canna, cannella, rum scuro e liquore alla banana che viene sottoposta a cottura flambé. Il dolce può essere accompagnato ad altri alimenti fra cui panna montata e vari tipi di frutta a guscio (noci, noci pecan, noci pecan ecc.) Può anche fungere da ripieno per le crespelle.


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Omelette norvegese

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L'omelette norvegese, chiamata anche omelette surprise in lingua francofona o Baked Alaska in inglese, fino ad arrivare alla omelette surprise norvegienne è un dessert molto caldo all’esterno con gelato all’interno.
Una variante consiste nel preparare il dessert flambé

La storia
Esistono varie versioni sull’origine e la paternità di questo dessert. Nel 1866, sulle pagine del quotidiano francese, Liberté, il giornalista Leon Brise raccontava che Balzac, chef del Grand Hotel di Parigi, aveva inventato il dolce nel 1867, durante l'Esposizione Universale di Parigi, sulla base degli esperimenti del conte Benjamin Thompson. Il fisico americano aveva ricoperto di albumi sbattuti un pezzo di formaggio ghiacciato, scoprendo così la capacità di isolante termico della meringa grazie all’aria imprigionata negli albumi durante la sbattitura. Una tesi sostiene che vada a Thompson, quindi, il merito dell'invenzione di questo dolce, la cui nascita risalirebbe perciò al 1804; lo stesso Rumford lo chiamò "Omelette surprise".
La denominazione Baked Alaska è attribuita a uno chef del ristorante Delmonico di New York, Charles Ranhofer, che lo nominò così nel 1867 per festeggiare l’attribuzione dell’Alaska agli Stati Uniti. E, sempre negli Stati Uniti, il 1º febbraio si festeggia il Baked Alaska day.

Il dolce
È costituito da una base di biscotti o pasta margherita tagliata a fette, imbevuta con alcool (Kirsch o maraschino o rum), sormontata da una crema gelato, eventualmente ricoperta da una pâte à bombe preparata con tuorlo d'uovo, aroma di vaniglia e zucchero montati con la frusta. Lo strato esterno è costituito dagli albumi montati a neve, lavorati a spatola e spolverati di zucchero. La cottura deve essere veloce, con il forno molto caldo, e lo strato di meringa così ottenuto impedisce al calore di arrivare alla parte interna e scioglierla. Esistono varie versioni con diversi ripieni e guarnizioni del dolce. Appena estratto dal forno, il dessert va servito subito perché, "à l'instar de Luis XIV, n'aime pas attendre", come Luigi XIV, non ama aspettare.

Nella cultura di massa
Nel 1938, l’omelette surprise è citata in La nausea, del filosofo Jean-Paul Sartre in relazione a uno stato di rabbia, Narra lo scrittore che la sua rabbia si dimenava all'esterno, mentre gli pareva di avere dentro un blocco di ghiaccio, come un'omelette-surprise.
Anche lo scrittore australiano Paul Wenz parla dell'omelette surprise in relazione a uno stato d'animo quando descrive i Francesi durante la prima guerra mondiale: sotto la loro apparente infiammabilità nascondono un insospettabile sangue freddo.


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