Si racconta che il nome “sfincia” derivi dall’arabo isfanǧ, che significa “spugna”, per via della consistenza soffice e alveolata del dolce. Ma secondo un’altra leggenda, l’origine risale a una fratesca ispirazione: una suora del convento delle Stimmate di Palermo, nel XVIII secolo, decise di nobilitare un’umile frittella creando un tributo dolce a San Giuseppe. Aggiunse ricotta, miele, scorze candite e un pizzico di cannella. Nacque così la sfincia nella forma che conosciamo oggi: un dolce che fonde l’essenzialità monastica con la fastosità barocca.
Le origini della sfincia si perdono nell’antichità: alcune fonti la collegano alle focacce fritte offerte nelle feste di fertilità romane; altre risalgono all’influenza araba in Sicilia, tra il IX e l’XI secolo. I cuochi musulmani portavano con sé l’arte della frittura e l’uso del miele, della cannella e dei formaggi cremosi.
Ma fu tra XVII e XVIII secolo, con l’espansione della cucina conventuale siciliana, che il dolce trovò la sua identità moderna. Nei monasteri femminili, in particolare presso il convento palermitano delle Stimmate, la sfincia si arricchì di nuovi elementi: crema di ricotta di pecora dolcificata, scorze d’arancia candita e ciliegie sotto spirito.
La diffusione popolare avvenne attraverso i mercati rionali e le celebrazioni del 19 marzo, giorno dedicato a San Giuseppe, patrono dei padri, degli artigiani e dei poveri. La sfincia divenne così cibo rituale, dolce della festa e simbolo di abbondanza.
Oggi la sfincia viene preparata principalmente in due versioni. Quella tradizionale prevede una pasta fritta simile a un bignè, non zuccherata, guarnita con abbondante crema di ricotta, gocce di cioccolato, scorze d’arancia e ciliegie candite. La forma è volutamente irregolare, quasi scultorea, a evocare una spugna satura di dolcezza.
Nelle interpretazioni moderne, alcuni pasticceri propongono varianti con ricotta vaccina (più delicata), glasse al cioccolato, pistacchio o vaniglia, o impasti più leggeri, cotti al forno invece che fritti. In certe zone del trapanese, la sfincia si presenta anche in versione salata, con ripieno di ricotta pepata o acciughe, dimostrando la versatilità dell’impasto.
Ricetta originale della Sfincia di San Giuseppe
Ingredienti per l’impasto (per circa 10 sfincie)
250 ml di acqua
80 g di strutto (o burro)
1 pizzico di sale
150 g di farina 00
4 uova medie
Olio di semi di arachide per friggere
Ingredienti per la crema di ricotta
500 g di ricotta di pecora freschissima
150 g di zucchero semolato
50 g di gocce di cioccolato fondente
Scorza grattugiata di 1 arancia non trattata
Ingredienti per decorare
Scorze d’arancia candita
Ciliegie candite
Granella di pistacchio o cioccolato a scaglie (opzionale)
Preparazione
Preparare l’impasto: in un pentolino portare a ebollizione l’acqua con lo strutto e un pizzico di sale. Quando il grasso è sciolto, versare la farina tutta in una volta, mescolando energicamente fino a ottenere un composto compatto che si stacca dalle pareti. Lasciare intiepidire.
Incorporare le uova: aggiungere le uova una alla volta, mescolando con una frusta o in planetaria fino ad avere un impasto liscio e denso, simile a quello dei bignè.
Friggere: scaldare abbondante olio in un tegame profondo. Con due cucchiai, formare delle quenelle e friggerle a fuoco medio finché risultano gonfie e dorate. Scolarle su carta assorbente e lasciar raffreddare.
Crema di ricotta: passare al setaccio la ricotta e lavorarla con lo zucchero fino a ottenere una crema liscia. Aggiungere le gocce di cioccolato e la scorza d’arancia.
Assemblare: con una spatola, guarnire la parte superiore di ogni sfincia con abbondante crema di ricotta. Decorare con scorze candite, ciliegie e, a piacere, granella di pistacchio.
Cosa non sapevi sulla sfincia
In molte famiglie palermitane, le sfincie si preparano all’alba del 19 marzo e si distribuiscono ai vicini come gesto di buon augurio.
La sfincia è presente anche nelle tavole pasquali, a testimonianza del suo significato votivo e del legame con i cicli religiosi.
Alcune scuole di pensiero sostengono che l’aggiunta delle decorazioni in superficie fu introdotta dai pasticceri professionisti solo nell’Ottocento, per rendere il dolce più appariscente nelle vetrine.
Per esaltare la dolcezza complessa della sfincia, il compagno ideale è un vino liquoroso siciliano come il Marsala Superiore Dolce o il Passito di Pantelleria. La ricotta e le scorze candite trovano equilibrio nella struttura del vino, mentre le note aromatiche si armonizzano con la cannella e gli agrumi.
In alternativa, si può servire con un bicchiere di zibibbo fresco o una tazza di caffè moka intenso, come da tradizione nelle case siciliane.
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