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Perché in Svizzera fanno il miglior cioccolato?

Perché benchè in questa nazione non si produca alcun tipo di cacao, l’ingrediente fondamentale del cioccolato, quello svizzero è un cioccolato di altissima qualità ottenuto grazie a due semplici elementi, e cioè una selezione accurata della materia prima (fave di cacao di Criollio e Trinitario, tra le più pregiate) la cui scelta è possibile grazie alla posizione strategica occupata dalla Svizzera sullo scacchiere europeo,


e un controllo continuo sul processo di produzione denominato Conching (in italiano , Concaggio).
Tale processo di produzione, scoperto per puro caso nel 1879 dal pasticciere e cioccolatiere Rodolphe Lindt - che dimenticò accese le macchine che lavoravano il cacao per un intero fine settimana fino a scoprire al mattino del lunedì seguente una massa di cioccolato densa, brillante e deliziosa -, è quello utilizzato dalla maggior parte delle aziende di cioccolato svizzero.
Questo processo prevede che le fave di cacao vengano prima pressate, poi arrostite ed infine macinate per poi essere mescolate in una pasta alla quale viene poi aggiunto il cacao supplementare, il burro e lo zucchero creando così la pasta che sarà poi utilizzata per il tradizionale cioccolato.
Se a questi fattori uniamo poi la grande tradizione dei cioccolatieri svizzeri, la loro capacità di innovazione nel settore e la grande disponibilità di acqua di notevole livello di qualità, comprendiamo benissimo perché il cioccolato svizzero è tra i migliori al mondo.






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Perché la Nutella si chiama Nutella? Qual è l'origine del suo nome?

Il nome Nutella è stato scelto nel 1964 da Michele Ferrero, infatti deriva dal termine "nut" che ovviamente è stato scelto per indicare l'ingrediente principale di cui è composta la Nutella, cioè la "nocciola". Il suffisso italiano -"ella" è stato aggiunto allo scopo di rendere orecchiabile il nome del prodotto. Data la diffusione del prodotto, pare che il suffisso abbia funzionato per davvero! Prima del 1964 il prodotto aveva altri nomi: nel 1946 si chiamava "Pasta Giandujot" e nel 1951 fu cambiato in "Supercrema".

1946 - L'antenata della Nutella era la Pasta Giandujot, preparata con crema alla Gianduia

1951 - Il nome venne cambiato in "Supercrema"

1964 - Il primo bicchiere di Nutella prodotto dalla Ferrero nel 1964





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Cassatella di sant'Agata

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La cassatella di sant'Agata (minnuzzi ri sant'Àjita o ri Virgini in siciliano) è un dolce tradizionale catanese, che viene realizzato durante la festa di sant'Agata.

Origini
Secondo quanto arguito da Emanuele Ciaceri, la festa di sant'Agata trarrebbe origine in molte sue parti dai culti isidei. Uno degli elementi di maggior interesse per lo studioso è proprio il dolce chiamato minnuzza di Virgini, che riproporrebbe il seno della dea Iside nella sua veste di dea madre.
Un altro parallelo si trova nei culti dei misteri eleusini, dove in occasione dei riti demetriaci si usava consumare dei panetti dolci il cui aspetto riproponeva il seno della dea Demetra, protettrice delle messi e a sua volta considerata anch'essa dea madre. Entrambi i culti, quello isideo e quello demetriaco, sono documentati a Catania sia da fonti scritte che dai rinvenimenti archeologici; questi culti hanno influenzato, dove piuttosto non sono stati assorbiti del tutto, le festività religiose agatine, così il panetto dolce rappresentante la fertilità della madre terra assume il valore simbolico dell'atto del martirio subito dalla santa catanese alla quale fu amputata una mammella.

Descrizione
La cassatella di sant'Agata è di fatto una piccola cassata siciliana a forma di piccoli seni.
Si tratta di dolci a forma di tondeggiante fatti con pan di spagna imbevuto di rosolio e farciti con ricotta, gocce di cioccolato e canditi. All'esterno sono ricoperti di glassa bianca e rifiniti con una ciliegia candita in cima.

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Resumada

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La resumada, nota anche come rüsümada o rosümada, è una crema dolce e spumosa a base di uova, zucchero e vino, diffusa in tutta la Lombardia settentrionale, con varianti in quantità degli ingredienti a seconda della zona. Simile allo zabaione, veniva considerata un preparato energizzante e ricostituente per riprendersi dopo la dura giornata di lavoro o per la convalescenza dopo malattie.

Preparazione e accompagnamento
La resumada viene preparato a temperatura ambiente, montando 4 uova freschissime con 4 cucchiai di zucchero ed incorporando successivamente il vino rosso. Può essere consumata così o accompagnata da pane o biscotti.


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Mostarda vicentina

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La mostarda vicentina è un prodotto tipico della provincia di Vicenza, a base di frutta (mela, mela cotogna, pera, limone e cedro candito), senape bianca e zucchero.
Ha colore giallo e un sapore acre e pungente che si sposa molto bene con le carni, con il mascarpone e formaggi analoghi.

Storia
Il nome mostarda deriva dal latino mustus ardens, mosto ardente perché reso piccante dall'aggiunta di senape forte. Le prime notizie storiche di un prodotto gastronomico simile all'attuale mostarda si hanno nella seconda metà del XV secolo nel Libro de arte coquinaria di Maestro Martino, già cuoco del patriarca di Aquileia che prescrive di pestare la senape con frutta, ad esempio uva passa, cannella e chiodi di garofano.
Altre tracce del mustus ardens si hanno in una lettera del 1397 quando Gian Galeazzo Visconti ordina uno “zebro grande de mostarda de fructa cum la senavra che fa bone le robe de lo disnare et li caponi et la cacciagione et li viteli boliti et allo spiedo”.
Da notare è il fatto che la mostarda descritta da Maestro Martino è una mostarda pestata ovvero la frutta vi si presenta a piccoli pezzi, come l'attuale mostarda vicentina, mentre quella richiesta dal Visconti presenta pezzi interi, come la mostarda di Cremona.
Nel Seicento era tradizione contadina (non più riservata alle tavole di vescovi e nobili) preparare, nel periodo natalizio, una salsina di farina con senape, aceto, mela cotogna, aglio e mosto di vino.
La ricetta attualmente più diffusa risale al 1918 ed è stata codificata dall'industria artigiana Boschetti di Montecchio Maggiore. È stata riconosciuta come P.A.T..


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Si può mangiare la cioccolata quando diventa di colore più chiaro?

Sì, si può.


Ci sono due cose che accadono al cioccolato quando invecchia. Una è l'efflorescenza dello zucchero
e l'altra è l'efflorescenza del grasso.
L'efflorescenza dello zucchero è caratterizzata dalla patina bianca, polverulenta e granulosa che appare sulla superficie del cioccolato.
L'efflorescenza del grasso si manifesta con strisce grigiastre che appaiono sulla superficie e che possono essere presenti su tutto il cioccolato.
L'efflorescenza dello zucchero si verifica quando l'umidità è alta. É infatti l'umidità che attira lo zucchero in superficie.
L'efflorescenza del grasso si verifica quando ci sono sbalzi di temperatura.
Entrambe le efflorescenze non rendono il cioccolato cattivo ma gli danno il caratteristico aspetto poco attraente.
Se mai doveste vedere una delle due o entrambe queste cose su del cioccolato venduto da un cioccolatiere di fascia alta, segnalatelo. È nel loro interesse non venderlo. È visivamente poco attraente. Se è alle nocciole di solito viene scartato. Se è cioccolato in barrette, come quello fondente o al latte, viene sciolto per essere poi utilizzato per immergervi frutta o altri alimenti. Durante il processo di immersione ci si assicura che qualsiasi alimento venga essiccato completamente (disidratato) o essiccato fin quando non vi sia più umidità presente.





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Quali sono le origini dello zucchero filato?

Zucchero filato - Wikipedia


Una storia curiosa, ma quando i pazienti scarseggiano ci si arrangia come si può. Gli inventori della macchina per lo zucchero filato sono il dentista William Morrison e il pasticciere John C. Wharton, originari di Nashville in Tennessee, che inventarono la macchina per produrlo nel 1897. Questo prodotto dolciario venne però scoperto dal grande pubblico nel 1904 alla Fiera mondiale di St. Louis (Missouri, USA) quando fu presentato dagli stessi inventori con il nome di fairy floss (lana di fata); ebbe un enorme successo e furono vendute 68.655 confezioni al prezzo di 0,25 dollari la confezione, prezzo non irrisorio al tempo.  



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Ambascià

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L'ambascià (in amarico: አምባሻ, ʾäməbaša) o imbascià (in tigrino: ሕምባሻ, ḥəməbaša) è un pane celebrativo della cucina etiope ed eritrea, leggermente dolce. Viene spesso servito nelle occasioni speciali. Ne esistono diverse varietà, tuttavia si distingue sempre per la presenza di semi di cardamomo.
All'impasto viene dato un tocco decorativo prima della cottura. Il design varia nei dettagli, ma in generale gli viene data la forma di una ruota con dei solchi disposti in modo tale da creare dei raggi.


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Pane al cardamomo

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Il pane al cardamomo (detto anche pulla ) è un tipo di pane aromatizzato al cardamomo e guarnito con glassa alla vaniglia e noci.
Talora il pane al cardamomo può essere preferibilmente condito con uva passa.
Il pane al cardamomo è un dolce tradizionale della Svezia e della Finlandia e viene accompagnato comunemente ad una tazza di tè o caffè.


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Mekitsa

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La Mekitsa (in Bulgaro мекица, anche traslitterato comemekica; al plurale mekici) costituisce un tradizionale piatto bulgaro a base di pasta lavorata con yogurt e successivamente ben fritta.
Le mekici sono composte da farina, uova, yogurt, lievito chimico, acqua, sale e olio. Nella cucina serba vengono chiamate mekike (sing. mekika). Sono simili alle lángos ungheresi.  La Mekitsa, tradizionalmente, viene consumato come pasto per la colazione. Dopo che l'impasto è lievitato, viene diviso in piccole sfere da stendere successivamente fino al raggiungimento di una superficie piatta e non troppo spessa, facendo attenzione a mantenere, al tempo stesso, la tipica forma circolare. Quindi, vengono fritte nell'olio bollente. Alcune ricette, suggeriscono di usare alternativamente il lievito, il bicarbonato di sodio, il latte o lo yogurt. Una ricetta originaria di Silistra usa lo yogurt e il pane di soda (pane al bicarbonato). Un'altra ricetta, originaria di un villaggio vicino Stara Zagora, raccomanda l'utilizzo di lievito e yogurt. Una ricetta originaria di Aytos, invece, suggerisce di usare il lievito e il latte. Prima di friggere le mekici, si consiglia vivamente di modellarne la forma con le mani bagnate.
Al momento di servirle, le mekici vengono solitamente ricoperte con dello zucchero a velo o guarnite con marmellata, miele o con il sirene (un formaggio bianco simile alla feta). Possono anche essere mangiate con lo yogurt.  A differenza delle lángos ungheresi, le mekici non vengono servite né con la maionese né con il ketchup e non sono guarnite così riccamente.
Il nome deriva dalla radice bulgara mek ("soffice") che si riferisce alla consistenza della vivanda. –itsa è un suffisso femminile della lingua slava.


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Kalburabastı

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Il Kalburabastı o Kalbura bastı (in turco), nei Balcani noto anche come Hurmašice o Hurme, e talvolta conosciuto anche con il nome di Hurma, è un pasticcino turco fritto e poi imbibito in uno sciroppo di zucchero che ha una forma corrugata. Esso è tra le specialità preferite preparate durante le festività islamiche, tra cui lo Şeker Bayramı (chiamato "Festa dei dolci" in lingua turca) della durata di tre giorni e il Kurban Bayramı (la "Festa dello sgozzamento" in turco). Di questo dolce turco ottomano esiste una variante molto simile ("Hurmašice" o "Hurme") che si produce in Bosnia Erzegovina e Serbia.

Preparazione
L'impasto è fatto con farina, zucchero, yogurt, burro o margarina, olio d'oliva, uova, noci e lievito in polvere, mentre acqua, zucchero e succo di limone vengono usati per lo sciroppo.


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syrniki

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syrniki (russo: сы́рник[и], in ucraino сирники, sirniki) sono un piatto della cucina russa, bielorussa, lituana e ucraina. Sono simili agli olad'i, pancake fritti di fiocchi di latte a uova e farina. Alcuni chef credono che per i veri syrniki non sia necessaria la farina. Di solito i syrniki si friggono nell'olio ma secondo alcune ricette vanno cotti in forno. Ci sono delle ricette che raccomandano di cuocerli a vapore. La particolarità della ricetta è che la ricotta va accuratamente pressata e passata al setaccio o frullata. Più viene pressata meno farina serve per ottenere un impasto omogeneo. L'ideale è utilizzare solo un pizzico di farina. I syrniki completamente senza farina, ciò nonostante, vengono impanati e fritti. I syrniki più famosi sono quelli semplici e quelli con l'uvetta ma sono comuni anche i syrniki con altre farciture, ad esempio carote, albicocche secche, mele, pere, noci e patate. In casi rari anche con erba cipollina e aneto. A tavola i syrniki possono essere serviti su un piatto o in una terrina accompagnate da latte condensato, smetana o marmellata. Le varianti salate dei syrniki possono essere servite anche con ketchup o maionese.

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