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Cupeta

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La cupeta (dal termine arabo qubbayt, che significa conserva dolce) è un dolce simile al Mandorlato veneto, tipico di alcune zone della Calabria, della Campania, della Puglia e della Sicilia.

Preparazione
Si ricava da una miscela di ingredienti, quali sesamo, mandorle, miele e zucchero. Un prodotto analogo è la giuggiulena, la cui etimologia, sempre araba, riporta però in modo specifico al sesamo.
Il prodotto è individuato tra i Prodotti agroalimentari tradizionali calabresi e i Prodotti agroalimentari tradizionali Pugliesi.
In Campania la copeta viene prodotta nelle provincie di Avellino, Benevento e Salerno ed è un torrone bianco molto compatto insaporito con nocciole, mandorle e, molto spesso, pistacchi.

La storia
Alcuni siti, anche ministeriali, riferiscono che il termine derivi dal latino cupedia, ma trattasi di una incorretta etimologia creata da Matteo Camera nel 1838. I termini latini somiglianti (cuppedia e copadia) in realtà indicano rispettivamente le "ghiottonerie" in senso lato ed i pezzi di carne. Il dolce, così come noto oggidì, è di origine araba: il termine corrispondente qubbayt significa "conserva dolce" e viene registrato per la prima volta in un documento palermitano del 1287, in cui compare un cubaydario, ossia un produttore di cubaita, un dolce di mele, mandorle, ceci tostati e sesamo. Il termine viene poi ritrovato nella letteratura napoletana seicentesca: Giambattista Basile la nomina due volte, ne Lo cunto de li cunti overo lo trattamento de peccerille e ne Le cinco figlie, Giulio Cesare Cortese una volta nel Micco Passaro nnammorato, poema eroico.
La ricetta è tenuta gelosamente segreta dai "maestri copetai" e si tramanda da padre in figlio. La preparazione del dolce è laboriosa ma semplicissima dal punto di vista esecutivo.
Il dolce è tipicamente natalizio, in quanto la presenza del miele non consente il perfetto mantenimento del dolce durante il periodo estivo.
Fa anche parte dei tradizionali dolci durante il banchetto nuziale di Bona Sforza e Sigismondo I di Polonia.

Curiosità
Nel dialetto di Ascoli Satriano (FG) e di molti altri centri della Capitanata, la parola cupeta significa torrone, nel Salento invece può essere sinonimo di croccante.





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Cuzzupa

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La Cuzzùpa, o Sguta, o Angùta, o Vuta, o Pizzatola, o Cullùra, è un dolce tipico pasquale calabrese, viene chiamato con nomi diversi e forme anche in maniera diversa, con la caratteristica dell'uovo simbolo della Pasqua, prodotto su tutto il territorio della Calabria, simile anche ai Cuddhuraci, prodotto nella provincia di Reggio Calabria, nella parte meridionale della provincia di Catanzaro e nella provincia di Crotone.
Questo dolce pasquale è di origine orientale e simboleggia la fine del digiuno di quaresima: l'uovo è il simbolo della risurrezione di Gesù.

Preparazione
Può avere varie forme, a discrezione di chi la prepara; solitamente riguarda un tema pasquale: gallina, pesce, cuore o altro. Al centro della cuzzupa è posto un uovo sodo che la tradizione vuole porti fortuna.
La lievitazione deve avvenire in ambienti caldi e poco aerati per evitare che il processo si interrompa.
Si usa amalgamare l'impasto nei primi giorni della settimana Santa in modo tale da poter gustare il dolce per il venerdì Santo o per la domenica di Pasqua.
Normalmente gli si dà la forma di lettere dell'alfabeto, soprattutto le iniziali dei nomi dei bambini, di uccelli o di altri animali, Nel caso in cui in una famiglia ci sia una coppia di fidanzati, di solito la suocera, nei confronti del futuro genero usa fare una grande cuzzupa a forma di cuore, all'interno della quale vi incastona alcune uova. Una volta pronta la teglia, si inforna a 180° C per 20-25 minuti.
A fine cottura, alcuni usano cospargere la cuzzupa con l'annaspero, una cremina bianca fatta con zucchero, bianco d'uovo e succo di limone, che va sbattuta continuamente per non farla solidificare. L'operazione va effettuata subito dopo la cottura, altrimenti l'annaspero non si lega alla cuzzupa. Si possono aggiungere dei granelli di cioccolata colorata.

Ingredienti
Gli ingredienti sono: latte, farina, uova, olio o strutto, lievito, zucchero.

Altri nomi
  • Sguta nella Locride;
  • Cozzupa a Cirò Marina (KR).
  • Cuzzupa a Squillace, Lamezia Terme e Soverato (CZ); Crotone
  • Pizzatola a Belvedere Marittimo (CS)
  • Vuta a Delianuova (RC)






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Ferratella

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Il termine ferratella si riferisce a dolci tipici dell'Abruzzo, del Molise e di quella parte del Lazio abruzzese fino al 1927.

Abruzzo
La ferratella (o pizzella o cancellata o neola o nevola o nivola) è un dolce tipico abruzzese creato con pasta da biscotto cotto tramite una doppia piastra arroventata sul fuoco, che stringendo la pasta sopra e sotto, dà al dolce la forma caratteristica di cialda percorsa da nervature. Tra le varie varianti di disegno, la trama a rombi, o cancello, dà origine al nome ferratelle. Preferibilmente di forma rettangolare, ma alla festa di San Valentino vengono preparate anche a forma di cuore. In alcune province abruzzesi viene chiamato anche nuvola o neola (Teramo) o nevola o nivola.
In alcuni casi questo dolce viene arrotolato come un cannolo con ripieno di marmellata, tradizionalmente d'uva, ma anche con crema pasticcera o cioccolata. La variante con due cialde sovrapposte farcite prende il nome di coperchiola, dalla copertura della prima cialda con la seconda, il coperchio. Viene preparato perlopiù in inverno, a Pasqua e in occasione delle feste patronali, rivestendo un ruolo centrale nei palmentieri, particolare dono preparato in onore del santo patrono.
La piastra usata per cuocere questo dolce, detto "lu ferre" o "jo fèrro", veniva spesso portato in dote dalla donna, e pertanto, nella parte centrale, recava talvolta incise le iniziali della futura sposa.

Molise
In Molise le ferratelle sono chiamate anche "cancelle". Sono fatte risalire a un dolce degli antichi Romani detto Crustulum. Anch'esse, come le ferratelle abruzzesi, sono prodotte mediante uno stampo di acciaio o ghisa che imprime la propria forma ai dolci, spesso con scanalature incrociate che ricordano certi cancelli, da cui il nome. Fino agli anni sessanta erano servite ai matrimoni.

Lazio
Con lo stesso nome si indica anche un Prodotto agroalimentare tradizionale laziale: testimonianze orali raccontano che da oltre cinquant'anni è prodotto tale dolce nei paesi dell'ex Circondario di Cittaducale (fino al 1927 territorio abruzzese), che attualmente risulta a rischio di estinzione.



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Finocchini

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I finocchini sono un tipo di biscotto riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano. Vengono prodotti in Piemonte ed in particolare a Refrancore, nel Monferrato.

Descrizione
Si tratta di un biscotto che per la sua forma ricorda la fetta biscottata. Si presenta rettangolare con una lunghezza di circa 10 cm e una colorazione dorata. Il tipo di cottura e gli ingredienti utilizzati lo rendono di facile digeribilità.

Il nome
Il nome dei biscotti deriva dai semi di finocchio che vengono aggiunti all'impasto. Sono anche noti localmente come fenoglietti o maggiorini.

Cenni storici
I finocchini sono un biscotto che in origine veniva prodotto solo a Refrancore (AT). Pare che siano nati quando un pasticcere del paese per errore aggiunse anice all'impasto che stava preparando per la produzione di biscotti all’uovo cotti e tostati. Il risultato della cottura fu però apprezzato dagli abitanti del paese, e la produzione dei finocchini quindi continuò nel tempo fino a diventare delle specialità gastronomiche della zona.
Oltre che a Refrancore i finocchini vengono oggi prodotti in altre zone del Piemonte e, in particolare, nel Torinese e nell'Astigiano.

Preparazione
La base della preparazione è un impasto di uova intere, farina e zucchero al quale vengono aggiunti miele, semi di finocchio e poche gocce di essenza di anice. Il tutto viene cotto al forno in uno strato alto una decina di cm. Dopo una prima cottura di circa mezz'ora l'impasto viene tolto dal forno e tagliato verticalmente in piccoli rettangoli, i quali vengono nuovamente passati in forno per farli tostare.






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Qual è la differenza tra budino e mousse?

 



1) La consistenza

La mousse è una crema o spuma che si ottiene da una base composta di albumi montati a neve, panna montata e tuorli montati con lo zucchero a velo; durante questo procedimento la crema incorporerà l’aria che darà la caratteristica consistenza schiumosa alla mousse.

Anche il budino ha una consistenza morbida ma ha come ingredienti di base uova, latte, zucchero e un addensante che darà l’aspetto compatto al dolce. L’addensante potrà essere la farina bianca, il semolino, la fecola di patate, il riso o una gelatina animale tipo la colla di pesce.


2) cottura

La mousse non prevede cottura nel forno e finirà la sua preparazione direttamente nel frigorifero mentre il budino è sempre cotto nel forno o a bagnomaria e, una volta freddo, si metterà a riposare in frigorifero.


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Flantze

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La Flantze è un dolce tipico della Valle d'Aosta.

Descrizione
Veniva preparato nei paesi durante la panificazione (che avveniva una o poche volte l'anno e di solito era caratterizzata dalla produzione del pane nero cotto nei forni comuni dei villaggi) a partire dallo stesso impasto di base del pane, come regalo per i bambini che partecipavano al procedimento collettivo e tradizionale. Oggi viene preparato dai panifici con lavorazione artigianale.
Tradizionalmente di forma rotonda, può essere confezionato anche a forma di animale per i bambini. Gli animali rappresentati vengono scelti tra quelli della simbologia valdostana.

Ingredienti
Gli ingredienti di base sono la farina integrale, di solito di segale o di frumento, la frutta secca e un po' di burro.
È un pane lavorato con lo zucchero e arricchito da uvetta, mandorle, noci e scorza d'arancia candita. Oggi le aziende arricchiscono la ricetta anche con farina bianca e cacao.



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Lo Chef Pâtissier

 

Dolci come opere d'arte Photo Unsplash Brooke Lark


Quando si va in un ristorante stellato o si è ospiti di un albergo di una catena di lusso un dolce squisito è fondamentale per suggellare in modo positivo il successo di una buona cena/pranzo. Un ottimo dessert è come una ciliegina sulla torta di quello che di buono è stato cucinato e servito fino a quel momento. Ecco che entra in gioco la figura professionale di riferimento: lo chef pâtissier che a differenza del pasticcere tradizionale, il quale riempie le vetrine e i banchi di dolci vari per altro con gran maestria, parte da un piatto bianco per creare un opera d'arte come un pittore farebbe difronte ad una tela bianca.

A differenza del pasticcere tradizionale è un pasticcere detto "da ristorazione e d'albergo": unisce passione per l'arte dolciaria e conoscenze base della cucina tradizionale. Lo chef pâtissier si tratta di una grande opportunità di lavoro anche e soprattutto internazionale per i giovani diplomati all'alberghiero. Anche se non ha le competenze e conoscenze approfondite della pasticceria tradizionale si adatta con versatilità alle esigenze del grande ristorante o della struttura alberghiera in cui lavora in un gioco di squadra. Prepara dolci che seguono in primis il gusto dello chef con cui stabilisce la carta dei dessert ma anche in base ai prodotti che seguono le tradizioni del luogo secondo precisi ingredienti spesso a km 0.


Soufflés, gelati e creme, budini e charlotte e sorbetteria.


Non solo dolci. Questo chef anche se non lavora in una pasticceria sa preparare una vasta gamma non solo di dolci ma anche "panetteria dolce" come le torte salate, pane e lievitati per la colazione, i biscotti fino ad arrivare alle praline, ai confetti e ai sorbetti. Poi c'è la pasticceria salata per accompagnare gli aperitivi; usa spezie e verdure e guarnisce con cura i cestini del pane con schiacciata e grissini. Rispetto al pasticcere tradizionale il suo pubblico è più limitato: il suo pubblico è quello dei posti a sedere della sala e dunque i dolci preparati non conoscono la varietà e il fasto di quelli delle vetrine delle pasticcerie delle città.

Piu' precisamente lo Chef pâtissier, che significa responsabile di pasticceria è un cuoco della brigata di cucina che prepara

le paste salate, vol au vent, tartelletta ed altro;

gli entrements (soufflé, crepes, budini, charlotte, ecc.);

la piccola pasticceria;

la pasticceria vera e propria;

negli alberghi si occupa anche dei cornetti e altri prodotti da forno e di pasticceria per la colazione.

È spesso aiutato dallo chef glacier e dallo chef confiseur.


Colazioni a Km 0 con prodotti Bio


I dolci che prepara richiedono molto tempo e pazienza e ovviamente precisione fino a rasentare la perfezione; si giostra dunque tra le giuste e perfette dosi di zucchero per evitare le facili défaillance dei dolci. Lo pastry chef o pasticcere da ristorazione e d’albergo lavora in modo defilato dietro le quinte. Spesso perde ore a cucinare un dolce che nessuno magari ordinerà.

Nella pasticceria si misura tutto alla perfezione non è come nel resto della cucina ai fornelli dove si può sempre aggiustare il tutto con un pizzico di sale e un mestolo di brodo. La pasticceria è chimica e un grammo in più può rovinare il tutto. E' impossibile che crei da zero un piatto ex novo a differenza degli chef, nella pasticceria esistono dolci dagli ingredienti prestabiliti.

Lo Chef Pâtissier è uno chef defilato che sa stare dietro le quinte e prepara ogni cosa minuziosamente spendendo molto più tempo rispetto agli altri addetti in cucina: un semplice cestino del pane è frutto di una curata preparazione come anche una glassatura o raffinata decorazione. Si serve di strumenti come piccole spatole, taglierini e…..la fiamma ossidrica. Ovviamente non stiamo parlando di semplici ristoranti ma di grandi strutture con brigate di cucina.


Mantiene la calma mentre tutti urlano


Suoi alleati sono il forno a convezione vapore, l'abbattitore e la planetaria strumenti indispensabili per fare impasti, pasta fresca, focaccia. pane, pasta sfoglia che serve per brioche e croissant (usati negli alberghi): poi sa fare anche i gelati (ci vuole il mantecatore per questo), i biscotti e la pralineria e infine la crema pasticcera usando gli apposito cuocitori.

Può essere coadiuvato dallo chef glacier, il gelatiere e dallo chef confiseur, chef che lavora zucchero e cioccolato. Il dolce deve essere di ottima qualità a suggellare dei pranzi in genere importanti in cui si è speso gia per antipasto e primo e si vuole concludere (senza aspettare) con una carta dei dolci di qualità. Si aspettano dunque un dessert non di quelli confezionati ma una specie di "dolce a riconferma" di quella buona impressione avuta fin d'ora.


Colazioni da sogno


Uno sbocco lavorativo dopo l'alberghiero?

Si, decisamente, se si sceglie questo mestiere secondo la Federalbeghi dal I° trimestre 2018 risulta, infatti, che nel decennio 2006/2016 il numero di alberghi in Italia è aumentato in percentuale dell’81,1% per gli hotel a 5 stelle (totale 460) e del 45% per quelli a 4 stelle (totale 5.726) - Media annua 2016 - Fonte Istat . Gli occupati nel settore sono 987.802 di cui 233.849 nel solo ricettivo


Quanto guadagna? Dipende in che struttura lavora e dall'inquadramento come potete leggere in questa risorsa che fa riferimento all'anno 2019–2020.

Per concludere per diventare pastry chef occorre essere di base molto precisi, pazienti, avere molta creatività e senso estetico ed essere disposti ad aggiornarsi continuamente in futuro. Servono, come visto delle buone basi di pasticceria ma anche padroneggiare quelle tecniche della cucina e sapersi relazionare bene con gli altri della brigata. In parole povere avere spirito di squadra. Esistono molte opportunità di lavoro anche all'estero nelle catene alberghiere di lusso e nei ristoranti stellati.


Opere d'arte in tavola


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Focaccia veneta

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La focaccia veneta (in lingua veneta fugassa, o fugassin) è un pane pasquale lievitato dolce analogo alla colomba.
In origine era il dolce dei poveri. In occasione delle feste veniva preso l'impasto base del pane e gli venivano aggiunte uova, burro e zucchero (tutto in quantità moderata dati i costi). Poi il dolce veniva cotto nei forni a legna.
In seguito questo dolce è stato 'adottato' dalle pasticcerie fino a diventare più raffinato ed elaborato.
Dovendosi adeguare alle sofisticazioni e complicazioni del palato del mondo moderno, ha perso la semplicità di un tempo. Lo stesso dolce lo si ritrova in diverse versioni spostandosi di paese in paese. Ogni zona o paese del Veneto applica delle varianti che lo rendono unico di posto in posto.
La ricetta è a base di farina, uova, burro e alcuni aromi fondamentali (marsala, cedro, vaniglia). Data la bassa quantità di burro risulta come un dolce leggero.


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Che differenza c'è tra frappe e chiacchiere?

In realtà con frappe, chiacchiere, bugie, cenci o galani si intende sempre il dolce fatto con strisce di pastella fritta.

Questi dolci sono noti in tutta Italia e, a seconda della zona, vengono chiamati in maniera diversa.

Sempre a seconda della zona (e di conseguenza di come vengono chiamate) ci sono piccole differenze nella preparazione, che di fatto le diversificano.

Per esempio tra Venezia e Verona i galani vengono bagnati con vino bianco, mentre nel resto del Veneto ed in Friuli si preferisce usare la grappa per preparare i crostoli. In altre zone si utilizza l'alchermes mentre in altre il liquore è assente.

Le frappe in Umbria hanno una forma più attorcigliata e vengono servite con il miele.

A Bologna, ovviamente, le sfrappole vengono fritte nello strutto mentre in molte altre zone nell'olio.

A Reggio Emilia per la preparazione degli intrigoni si utilizzano scorze di arancia e di limone, oltre al sassolino.

Come detto, quello che ho scritto non è farina del mio sacco, io ero convintissimo fossero tutti uguali.



Tra l'altro, nonostante sia un modenese emigrato a Reggio Emilia, io non le ho mai sentite con le scorze di limone, non ne ho nemmeno mai sentito parlare.


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