Quando in Calabria le giornate si accorciano e l’aria si fa pungente, dai forni delle case e delle pasticcerie di Reggio Calabria inizia a diffondersi un profumo inconfondibile, caldo e speziato. È il segnale inequivocabile che stanno tornando i petrali, dolci tradizionali delle festività natalizie, profondamente legati alla memoria familiare e alle ritualità del Sud. A metà strada tra un biscotto e un pasticcino farcito, i petrali sono un vero e proprio concentrato di stagionalità: fichi secchi, agrumi canditi, noci, mandorle e vino cotto si mescolano in un ripieno denso e profumato, racchiuso in un guscio di pasta friabile e lucidata con glassa o cioccolato.
Questi dolci non si trovano facilmente fuori dai confini calabresi e, anche all’interno della regione, sono spesso il frutto di ricette tramandate oralmente, custodite come veri segreti familiari. Ogni famiglia ha la propria versione, le proprie proporzioni, le proprie abitudini su quando e come servirli. Ma in ogni caso, i petrali non sono semplici dolci: sono un gesto d’amore, un legame tra le generazioni, un atto di cura che richiede tempo, pazienza e dedizione.
L’origine dei petrali affonda in epoche antiche, probabilmente ben prima dell’avvento del cristianesimo. I fichi secchi, protagonisti assoluti del ripieno, erano già noti nell’epoca greco-romana come simbolo di fertilità e abbondanza. Il loro utilizzo durante il solstizio d’inverno, momento cruciale per le civiltà agricole, potrebbe spiegare la diffusione di dolci farciti con frutta secca proprio in questo periodo dell’anno.
Con l’avvento della religione cristiana, questi dolci hanno assunto un significato diverso, divenendo parte integrante del Natale calabrese. Il nome stesso, “petrali”, secondo alcune ipotesi deriverebbe da “petra”, ovvero pietra, alludendo alla consistenza compatta del dolce o forse al fatto che veniva cotto su lastre di pietra calda. Altri studiosi propendono invece per una derivazione più recente e dialettale, collegata alla forma tipica del dolce, che può ricordare una conchiglia o una mezzaluna.
Quel che è certo è che i petrali hanno accompagnato la vita domestica delle famiglie reggine per secoli, divenendo una delle preparazioni più amate e attese dell’inverno. Il loro legame con la festa non è solo gastronomico ma anche simbolico: prepararli è un atto corale, che riunisce più generazioni intorno al tavolo della cucina, in un momento di trasmissione e condivisione.
Fare i petrali richiede tempo, ingredienti di qualità e precisione. Non sono dolci da improvvisare, ma da pianificare con cura, rispettando i tempi di riposo e lavorazione. La pasta esterna, simile a una frolla, deve essere friabile ma resistente, in grado di contenere un ripieno umido e aromatico. L’equilibrio tra guscio e cuore è essenziale: troppa pasta li rende asciutti, troppo ripieno rischia di romperli durante la cottura.
Il ripieno, vero protagonista della ricetta, è un piccolo capolavoro di equilibrio tra dolcezza, acidità e spezie. I fichi secchi vengono tritati finemente e arricchiti con uva passa, scorza d’arancia candita, noci o mandorle tostate, chiodi di garofano, cannella, e talvolta un goccio di liquore o di vino cotto. Il tutto deve riposare almeno una notte, affinché i sapori si amalgamino e la consistenza risulti compatta ma non secca.
Una volta preparato il ripieno, si stende la pasta in sfoglie sottili, si adagia una cucchiaiata di composto al centro, si chiude il dolce a forma di mezzaluna e si sigilla con cura. I bordi vengono spesso decorati con una rotella dentata o con una leggera pressione delle dita. La superficie può essere spennellata con uovo e zucchero per una finitura dorata, oppure, come nella versione più moderna, ricoperta con cioccolato fondente fuso e decorata con codette colorate.
La Ricetta: Petrali Tradizionali Calabresi
Ingredienti per circa 20 pezzi
Per la pasta:
500 g di farina 00
150 g di zucchero
150 g di burro morbido
2 uova
1 bustina di lievito per dolci
scorza grattugiata di 1 limone non trattato
1 pizzico di sale
Latte q.b. per impastare
Per il ripieno:
400 g di fichi secchi
100 g di uva passa
100 g di noci o mandorle tritate grossolanamente
100 g di scorza d’arancia candita
50 ml di vino cotto o liquore aromatico (es. Strega o Rum)
1 cucchiaino di cannella
1 pizzico di chiodi di garofano in polvere
2 cucchiai di cacao amaro in polvere
Miele q.b. per amalgamare (circa 2-3 cucchiai)
Per la finitura:
200 g di cioccolato fondente
Codette o granella di zucchero (facoltative)
Procedimento
Tritare finemente i fichi secchi e mescolarli con l’uvetta, i canditi, le noci, il cacao, le spezie e il liquore. Aggiungere il miele e mescolare fino a ottenere un composto morbido ma compatto. Coprire con pellicola e lasciar riposare in frigorifero almeno 12 ore.
Preparare la pasta impastando tutti gli ingredienti fino a ottenere un panetto omogeneo e morbido. Avvolgere nella pellicola e lasciar riposare 30 minuti.
Stendere la pasta in sfoglie spesse circa 3 mm. Con un bicchiere o un coppapasta ricavare dei dischi. Porre una piccola quantità di ripieno al centro di ogni disco e chiudere a mezzaluna, sigillando i bordi.
Disporre i dolci su una teglia rivestita di carta forno e cuocere in forno statico a 180°C per 15-18 minuti, finché leggermente dorati.
Una volta raffreddati, sciogliere il cioccolato a bagnomaria e immergere la superficie superiore dei petrali. Decorare a piacere e lasciare solidificare su carta forno.
I petrali, con il loro profilo aromatico ricco e profondo, si accompagnano splendidamente a vini dolci e liquorosi, capaci di sostenere la complessità del ripieno. Un Greco di Bianco passito, vino calabrese dalla lunga tradizione, è l’abbinamento territoriale più coerente. I suoi sentori di miele, albicocca secca e fichi caramellati creano una sinergia naturale con gli ingredienti del dolce.
In alternativa, si può optare per un Marsala Superiore Riserva, oppure, per chi preferisce un tocco più fresco, un Moscato di Saracena, rarissimo vino da meditazione della provincia di Cosenza, che dona una nota floreale inaspettata ma perfettamente integrata.
Per chi vuole osare, un tè nero speziato, come un Darjeeling autunnale o un Assam con note maltate, può offrire un contrasto raffinato, esaltando le spezie del ripieno e accompagnando con eleganza la ricchezza della farcia.
I petrali non sono semplici dolci natalizi: sono il risultato di una cultura gastronomica radicata, di una ritualità che unisce generazioni attraverso gesti e aromi condivisi. Prepararli è un modo per fermare il tempo, per riappropriarsi del valore delle cose fatte a mano, lente e pensate. Sono un invito alla convivialità, alla memoria, al rispetto delle stagioni e della terra.
Ogni morso racconta una storia: quella di una Calabria che resiste all’omologazione, che affida ai suoi dolci la dignità della propria identità. E in un mondo che corre, il petrale resta lì, al centro della tavola, testimone silenzioso di ciò che conta davvero.