C’è un dolce che profuma di storia pastorale, di riti contadini e di forno a legna, ed è il Fiadone, una specialità dell’Abruzzo che racchiude in sé la memoria della Pasqua e delle antiche rotte della transumanza. Morbido, dorato, con quel gusto pieno di ricotta appena affiorata, zucchero e uova, il fiadone non è solo un dessert: è un simbolo di festa, identità e radicamento alla terra.
In ogni casa abruzzese, soprattutto nella settimana che precede la Pasqua, il fiadone torna a fare capolino nei forni e sulle tavole, come rito di rinascita e condivisione. Ma a dispetto della semplicità degli ingredienti, racchiude una stratificazione culturale e affettiva che vale la pena raccontare.
Il termine "fiadone" deriva probabilmente dal latino flado, che indicava una focaccia farcita di formaggi e uova, diffusa già in epoca romana. In Abruzzo, questa parola è giunta fino a noi per designare due preparazioni diverse: una versione dolce, diffusa soprattutto nelle zone interne come Sulmona e L’Aquila, e una versione salata, tipica delle aree costiere e del Molise, spesso arricchita con formaggi stagionati e uova.
Il fiadone dolce ha però una collocazione simbolica molto forte: è il dolce della Pasqua, della resurrezione, del ritorno della luce dopo il digiuno e il silenzio della Quaresima. La sua preparazione coincide con l'arrivo del latte fresco, che le pecore iniziano a produrre copiosamente con la primavera, e la ricotta fresca diventa così la protagonista di molte preparazioni tradizionali.
Questo dolce era un tempo il frutto di un’arte contadina e paziente: le donne lo preparavano con ricotta appena cagliata, sbattendo le uova a mano in grandi catini e aromatizzando l’impasto con buccia di limone grattugiata. Il forno a legna, acceso per cuocere il pane settimanale, veniva sfruttato anche per la cottura del fiadone, inserito in teglie pesanti di ferro o rame stagnato.
Il fiadone, inoltre, rappresentava un’offerta pasquale: veniva portato in chiesa per la benedizione e poi condiviso con vicini, parenti, compari e amici. Nella sua forma più antica e tradizionale, il fiadone è una torta rustica, alta, dal profumo inconfondibile, avvolta in una pasta sottile, quasi sfoglia, che racchiude il ripieno umido e compatto.
Ingredienti per uno stampo da 24 cm
Per la pasta:
250 g di farina 00
2 uova intere
30 ml di olio extravergine di oliva (delicato)
1 pizzico di sale
2 cucchiai di zucchero
Latte (solo se necessario per ammorbidire l’impasto)
Per il ripieno:
500 g di ricotta di pecora fresca (ben scolata)
5 uova intere
150 g di zucchero
Scorza grattugiata di 1 limone non trattato
Un pizzico di cannella (facoltativo)
Preparazione
1. La pasta
Su una spianatoia versate la farina a fontana, rompete al centro le uova, aggiungete lo zucchero, l’olio e un pizzico di sale. Impastate energicamente fino a ottenere un composto liscio, compatto e non appiccicoso. Se troppo asciutto, aggiungete qualche goccia di latte. Avvolgete nella pellicola e lasciate riposare almeno 30 minuti.
2. Il ripieno
In una ciotola capiente lavorate la ricotta con un cucchiaio di legno fino a renderla cremosa. Unite lo zucchero e mescolate. Aggiungete le uova, una alla volta, amalgamandole con cura. Infine profumate con la scorza di limone grattugiata e, se gradite, un pizzico di cannella. Il composto dovrà risultare vellutato e omogeneo, non liquido.
3. Assemblaggio
Stendete la pasta in una sfoglia sottile, di circa 3 mm, e foderate uno stampo precedentemente imburrato e infarinato. Versate il ripieno e livellatelo con una spatola. Con la pasta avanzata, potete creare delle strisce da adagiare a griglia sopra la superficie, o chiudere completamente la torta (a seconda della variante familiare).
Spennellate la superficie con un tuorlo d’uovo sbattuto e infornate in forno statico già caldo a 170°C per circa 45–50 minuti, fino a doratura completa. Lasciate raffreddare completamente prima di sformare.
Consigli e varianti
Se volete una consistenza più compatta, potete aggiungere un cucchiaio raso di semolino o di farina al ripieno.
Alcune varianti prevedono l’aggiunta di un paio di cucchiai di liquore dolce (tipo Strega o Marsala).
È fondamentale usare ricotta di pecora freschissima e ben scolata: lasciatela in frigo a scolare dentro un colino per almeno 4–5 ore.
Il fiadone dolce si serve a temperatura ambiente, tagliato a fette spesse. Si conserva bene per diversi giorni, anzi, migliora leggermente il giorno dopo la preparazione, quando i sapori si amalgamano.
Può essere gustato da solo, come merenda o fine pasto, oppure accompagnato da un bicchiere di passito abruzzese o da un moscato secco. La dolcezza della ricotta, bilanciata dalla nota agrumata del limone e dalla rusticità della sfoglia, si sposa perfettamente con i vini bianchi strutturati o con spumanti metodo classico a dosaggio zero.
Il fiadone non è soltanto un dolce da forno. È un legame culturale tra le generazioni. In molte famiglie la ricetta viene tramandata a voce, custodita con gelosia, e custodisce piccole varianti che rivelano l’origine geografica o addirittura il quartiere della famiglia.
Nei paesi dell’entroterra abruzzese, come Scanno o Castel di Sangro, ogni forno ha la sua versione: più o meno dolce, più o meno speziata, con pasta sottile o più consistente. Ma il cuore resta lo stesso: un omaggio alla terra, al latte, alla rinascita della primavera e alla famiglia.
Preparare il fiadone, ancora oggi, significa fermarsi, impastare con calma, ascoltare il suono della frusta che lavora la ricotta, respirare il profumo che esce dal forno. È un gesto che parla di radici, di tempo ritrovato, di mani che si muovono come un tempo.
Che sia Pasqua o meno, il fiadone merita di tornare sulle nostre tavole. Non solo per il suo gusto rotondo e rassicurante, ma per quello che rappresenta: un pezzo autentico di Italia, fatto di latte, sole, fatica e bellezza senza clamore.
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