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Kerststol

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Il Kerststol è un dolce natalizio tipico della tradizione dei Paesi Bassi, assai simile al tedesco Stollen.
Si tratta di un pane dolce di forma ovale, il cui impasto è composto da acqua, latte, farina, lievito, burro, zucchero, scorza di limone grattugiata, cardamomo, noce moscata, uva passa, canditi, mandorle, brandy e vaniglia. Al centro dell'impasto così ottenuto si pone poi una pallina di pasta di mandorle. Viene poi cotto in forno ed infine spolverato di zucchero a velo.
Talora viene realizzato senza la pasta di mandorle, prendendo in quel caso il nome di Kerstbrood.

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Dolci pasquali

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In Europa è consuetudine preparare particolari dolci, da consumare con parenti ed amici, nel giorno di Pasqua o nella classica scampagnata di Pasquetta.
In Italia esiste una vasta gamma di preparati casalinghi, artigianali ed industriali con caratteristiche ed ingredienti variabili secondo le diverse cucine regionali.
  • Colomba pasquale, prodotto industriale o artigianale
  • Pastiera, tipica della Campania
  • Cassata, tipica della Sicilia
  • Pigna dolce, del Lazio meridionale
  • Scarcella della Puglia o pizz palumm, Cuddura, "cicilio" della Sicilia, sorta di grossa ciambella guarnita con uova sode munite di guscio, parzialmente inglobate nell'impasto e fermate da strisce di pasta frolla decorata, infornate
  • Schiacciata, della Toscana
  • Pie, dolce tipico della Calabria e della tradizione di Mileto fatte da una sorta di pasta frolla a doppio strato contenente all'interno marmellata di uva con noci e aromi naturali,
  • Cuzzupa, Anguta o Sguta, dolce tipico della Calabria
  • Casadina, dolce tipico della Sardegna realizzato con una sottile sfoglia di pasta racchiuso a mo' di scodellina con i bordi delicatamente frastagliati, ha all'interno un ripieno a base di formaggio (il nome ricorda appunto il nome latino del formaggio) o ricotta e uva passa, così conosciuto nella zona del Logudoro, mentre al centro-sud, nel Campidano è realizzata in forme e ingredienti più o meno simili (sovente con l'aggiunta di zafferano prodotto nel sud dell'isola) col nome di Pàrdula
  • Pinza triestina, dolce lievitato, di forma rotonda con tre tagli in superficie. Tipico delle province di Gorizia e Trieste
  • Pizza di Pasqua di Civitavecchia, dolce tipico di Civitavecchia e zone limitrofe. La pasta lievitata dopo la cottura presenta una pellicola scura e l'interno di color nocciola. Ha un inconfondibile profumo di cannella e i pezzettoni di cioccolato la rendono golosissima. Si può mangiare anche accompagnata da affettati e uova nella classica colazione di Pasqua
  • Tortano di Pasqua di Gaeta, dolce tipico della città di Gaeta consistente in una ciambella (tipo plumcake) ricoperta di glassa e zuccherini colorati
  • zambela romagnola, dolce tipico della romagna che le azdòre (massaie) andavano a cuocere al forno la domenica delle palme
  • pasimata, dolce lucchese tipo pane dolce, consumato tradizionalmente durante la Quaresima e, benedetto in chiesa, nel giorno di Pasqua.
  • focaccia, prodotto industriale o artigianale.
  • Uovo di cioccolato (fondente o al latte) il simbolo per eccellenza di questa festa, da quando nel 1857 un grande orafo, Fabergé ne realizzò uno speciale, in oro, platino e pietre preziose, per regalarlo alla zarina Maria di Russia.
  • Colomba pasquale
  • Agnello pasquale, tipico della Sicilia
  • Pecorella, tipica della Puglia
  • Carciofi arrostiti, piatto tipico della Campania.
  • Casatiello, preparato in Campania.
  • Crescia di Pasqua: panettone salato al formaggio, tipico dell'Italia centrale.
  • Frittata di maccheroni, tipico della Campania.
  • Torta pasqualina: torta rustica con ricotta, spinaci e uova sode, tipica della Liguria.
  • Uova sode, presenti in tutta Italia (ed in altri Paesi europei) spesso vengono decorate.



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Gelato

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Il gelato è una preparazione alimentare ottenuta con una miscela di ingredienti portata allo stato solido o pastoso mediante congelamento e contemporanea agitazione per insufflazione di aria.
In origine, il gelato non era certamente quello che noi conosciamo. Nell'antichità, probabilmente, si refrigeravano frutta, latte e miele per farne cibo nutriente. Esiste uno studio europeo sui cibi conservati tra i ghiacci da parte di popolazioni Neanderthaliane, le quali nascondevano tra le nevi, allo scopo di preservare la loro durata, bacche e pezzi di carne di cervide, nonché frutti secchi. In seguito popoli più evoluti conobbero, attraverso l'allevamento, il latte ghiacciato, alimento tutt'altro che raro nei periodi invernali.
La coltivazione della canna da zucchero viene importata in Sicilia e in Spagna dagli Arabi nel IX secolo. Lo zucchero è l'ingrediente principale per la preparazione del sorbetto: gli arabi erano soliti preparare infusi a base di acqua, zucchero, erbe e spezie. I sorbetti venivano raffreddati attraverso il processo endotermico provocato dall'aggiunta di sali nel ghiaccio: questo era il modo di congelare i sorbetti, ponendoli in recipienti circondati da ghiaccio e sale. Questa tradizione fu importata anche in Sicilia dove alcuni ritrovamenti testimoniano l'esistenza di ghiacciaie sull'appennino siciliano: fosse naturali o costruzioni dell'uomo servivano a conservare la neve durante il periodo invernale per poi essere venduta in blocchi durante le stagioni primaverile ed estiva.
Lo scrittore arabo Ibn Ankal scrive: «Lungo la spiaggia, nei dintorni di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il suolo; da essa il sugo si estrae per pressione.»
Inoltre in Sicilia abbondavano il sale marino e la neve (sull'Etna, sui monti Iblei, sulle Madonie). Nell'isola di Sardegna nascevano prodotti come la carapigna, "ottenuto dalla miscela di acqua, zucchero e limone, che ha origine con l'industria del ghiaccio intorno al 1600 in epoca spagnola (monopolio di Stato per oltre 200 anni).
L'origine italiana del gelato viene riconosciuta in gran parte del mondo (non è inusuale, nelle gelaterie estere, vedere indicazioni come "vero gelato italiano"), ma fu la sua introduzione in Francia a renderlo famoso in tutta Europa.
Notizie certe riguardo al gelato come "impresa" si hanno su Francesco Procopio dei Coltelli, un cuoco siciliano, che nel 1686 riuscì a preparare la miscela che tutti noi conosciamo oggi.
Arrivò, dopo tanti insuccessi e successivi perfezionamenti, fino a Parigi. Scoprendo l'uso dello zucchero al posto del miele, e il sale mischiato con il ghiaccio (eutettico) per farlo durare di più, fece un salto di qualità e venne accolto dai parigini come geniale inventore: aprì nel 1686 a Parigi un locale, il Café Procope, dove veniva servita una grande varietà di gelati. In seguito, dato l'enorme successo ottenuto, si spostò in una nuova e più grande sede (oggi in rue de l'Ancienne Comédie), di fronte alla "Comédie Française" (il teatro, fondato nel 1680, si sarebbe poi spostato nella sede attuale nel 1799).
Quel "Café" offriva: "acque gelate" (granite), gelati di frutta, "fiori d'anice", "fiori di cannella", "frangipane", "gelato al succo di limone", "gelato al succo d'arancio", "sorbetto di fragola", in una "patente reale" (una concessione) con cui Luigi XIV aveva dato a Procopio l'esclusiva di quei dolci. La fama di "più celebre Caffè letterario d'Europa" deriva dal fatto che i suoi clienti non erano soltanto gli attori, le attrici e gli altri componenti della Comédie Française, ma anche e soprattutto intellettuali, filosofi, letterati, Voltaire, George Sand, Balzac, Victor Hugo, Diderot, D'Alembert, De Musset, il Dottor Guillotin che diede la ghigliottina alla Francia, il tenente Napoleone che una sera lasciò in pegno il suo Bicorno per non avere avuto il denaro necessario a pagare le consumazioni offerte ai suoi amici.
Il "Café Procope" esiste ancora, anche se non più esercente la brillante attività che lo rese famoso in tutta Europa. La diffusione su scala "industriale" del gelato nel mondo partì dunque dalla Sicilia, e più precisamente da Catania. Nel 1773 lo scozzese Patrick Brydone scriveva: "L'Etna fornisce neve e ghiaccio non solo a tutta la Sicilia, ma anche a Malta e a gran parte dell'Italia, creando così un commercio molto considerevole".
Risale circa al 1884 una delle maggiormente note rivendite commerciali di gelato italiane, realizzato tramite raffreddamento di gelato, zucchero e grossi mastelli di "salamoia", che cominciò la propria attività a Torino. Era l'inizio della gelateria Pepino che ancora oggi produce gelati nel capoluogo piemontese. Tale rivendita fu certamente la prima nel nord Italia a portare il gelato a un livello popolare e l'unica a potersi fregiare dei Brevetti di Fornitore di Casa Reale.
Tra le varie scuole che si sono distinte nel tempo nella fabbricazione ed esportazione all'estero della cultura italiana del gelato merita citazione quella veneta, in particolare quella della Val di Zoldo, del Cadore della provincia di Belluno, che ha saputo farsi apprezzare in tutto il mondo. In particolare un gelataio cadorino Italo Marchioni nel 1903 inventò il cono gelato, ovvero un contenitore fatto di cialda con la parte aperta verso l'alto da riempire con il gelato (a palline o con una spatola), contribuendo con questa innovazione ad incrementare la popolarità e la diffusione del gelato italiano.
Dal punto di vista produttivo e della lavorazione, esistono due varietà ben distinte di gelato: il gelato artigianale e il gelato industriale.
Questo tipo di gelato è caratterizzato dall'uso di materie prime fresche. Rispetto a quello industriale può presentare le seguenti differenze:
  • il prodotto è solitamente fresco e prodotto dallo stesso rivenditore
  • minor quantità di grassi (6-10% in quello prodotto artigianalmente 8-12% in quello industriale)
  • minor quantità d'aria (max 35% negli artigianali, min 70% in quelli industriali)
Nel gelato artigianale propriamente detto, l'ingrediente presente in maggiore quantità è il latte (almeno il 60 per cento) seguito dagli zuccheri (14~24 per cento) e dalla panna (5~20 per cento). Spesso è presente anche una certa quantità di latte magro in polvere per garantire un adeguato apporto di proteine e solidi del latte, di vitale importanza per il mantenimento della struttura: il lattosio presente in circa 50% serve per assorbire l'acqua libera mentre le proteine per dare corpo e stabilità.
La ricetta di un buon gelato artigianale, oltre alla selezione di ingredienti di alta qualità, dovrà presentare un corretto bilanciamento dei componenti solidi dei vari ingredienti. Tali componenti sono il grasso vaccino, unito talvolta a quello del tuorlo d'uovo di gallina, gli zuccheri, i solidi magri del latte. Si trovano anche altri ingredienti solidi, quali stabilizzanti dell'emulsione acqua-grasso, addensanti di legame per l'acqua, solidi diversi da grassi, zuccheri e magri del latte e presenti nella ricetta per effetto di determinati ingredienti, come per esempio i prodotti derivati dal cacao, semi a guscio (nocciola, pistacchio, mandorla, noce, pinoli).
La miscela base per i gusti deve essere sottoposta a pastorizzazione al fine di renderla igienicamente sicura e di ottenere un miglior legame tra componenti solidi e acqua, risultante in una struttura più stabile e una tessitura più cremosa nel prodotto finale. Nel gelato artigianale di frutta all'acqua, noto popolarmente come sorbetto, sono tipicamente assenti ingredienti quali latte e suoi derivati (laddove presenti il prodotto perde le sue caratteristiche di dessert freddo privo di grassi e di lattosio); taluni operatori ne fanno comunque uso in base a usi alimentari locali o per sopperire all'incapacità tecnica di ottenere un prodotto ugualmente cremoso. I rimanenti ingredienti sono la frutta (dal 25 al 60 per cento in peso sul totale) e gli zuccheri aggiunti (intorno al 25 per cento). Dal momento che il sorbetto è in media meno cremoso del gelato, alcuni gelatieri aggiungono comunque grassi o latte per migliorarne la consistenza e rendere così il prodotto finito apprezzabile da una più vasta gamma di consumatori.
I gelatieri che invece prediligono un più rigoroso rispetto della tradizionale formula del sorbetto non ne fanno uso, riuscendo, in taluni casi e in virtù di conoscenze tecniche più spinte o più semplicemente grazie alla disponibilità di migliori materie prime (frutta di migliore qualità, di stagione e matura) e all'utilizzo di tre o quattro tipi di zuccheri semplici invece del solo saccarosio (con peso molecolare più alto dando più compattezza al gelato finito e con potere dolcificante più basso ottenendo un gelato più delicato), a ottenere un prodotto dalle caratteristiche simili a quello con la presenza di grassi aggiunti.
La preparazione del gelato avviene mediante l'uso di macchine che consentono la gestione delle varie fasi. L'Italia è l'unica nazione al mondo dove il gelato artigianale copre il 55% del mercato, grazie alla copertura capillare, la storia, la tradizione, l'abitudine del gelato da passeggio e la professionalità degli addetti. Negli ultimi anni, l'aumento di allergie, intolleranze alimentari e celiachia, ha favorito la diffusione di gusti vegetali senza glutine e soprattutto senza lattosio (usando latte di riso o di soia), o a base d'acqua (frutta).
Nei gelati artigianali possono essere impiegati ingredienti composti, altrimenti detti semilavorati: una miscela di componenti del gelato preparata con modalità industriali. Questo è dato dal fatto che negli ultimi anni è aumentato notevolmente il numero dei gusti esposti e si è cercato di semplificare il processo produttivo partendo da un gusto bianco (fiordilatte) di base a cui aggiungere le paste. Fino a oggi, la maggioranza delle gelaterie italiane, storiche e non, fanno uso di basi per gelato, senza che questo costituisca di per sé un elemento distintivo del prodotto finale, la cui qualità viene invece influenzata dai singoli ingredienti così come dai processi produttivo e conservativo. L'aromatizzazione viene fatta con prodotti naturali (vaniglia in bacche, buccia di limone, liquori) o con aromi artificiali.
È consentito per legge usare nel gelato artigianale emulsionanti allo scopo di dare sofficità al composto anziché usare le uova pastorizzate.
Questo tipo di gelato è caratterizzato dal fatto di essere prodotto molti mesi prima del consumo, con l'impiego preparati e di materie prime come latte in polvere, succhi di frutta concentrati, e di additivi come coloranti, emulsionanti, stabilizzanti ed aromatizzanti. I gelati industriali vengono detti anche soffiati, perché prodotti con l'introduzione di aria, durante la fase di gelatura, fino al 100-130 per cento, per cui diventano molto soffici e leggeri.
Poiché vengono distribuiti anche in zone lontane dal luogo di produzione, i gelati industriali necessitano il supporto di una efficace catena del freddo. La mantecazione consente la trasformazione di una miscela liquida in gelato tramite l'azione del freddo, l'inclusione di aria, e la continua agitazione. I gelati "mantecati" vengono proposti al consumatore nel classico cono, in coppette o in coppe, e i principali tipi sono alla frutta (incluso il sorbetto), alle creme, allo zabaione e allo yogurt.
A seconda degli ingredienti impiegati, i gelati si dividono in: Gelato artigianale: con un overrun massimo del 40% stabile, Ice cream (o gelato industriale): con un overrun medio dell'80% sulla miscela totale
  • gelati al latte contenenti il 32% di sostanza secca totale;
  • gelati di frutta se composti da almeno il 15% di frutta (10% per gli agrumi), il 18% di zuccheri, il 28-31% di residuo secco totale.
Gli ingredienti principali del gelato sono: latte, panna, zucchero, uova, frutta, frutta secca, cacao o cioccolato, caffè, ecc. Tra i gusti più noti ricordiamo la crema, il fiordilatte, il cioccolato e il cioccolato con nocciole (spesso detto Bacio che in effetti è la gianduia), la stracciatella, il torrone e la nocciola. Nei gusti alla frutta il limone e la fragola, oltre alle infinite possibilità offerte dall'avvicendarsi delle stagioni: mela, pera, arancia, ribes, lampone, mirtillo, pesca e frutti tropicali. Spesso (a discapito della qualità) per praticità si usa frutta surgelata all'origine, solo polpa già pulita e commercializzata da ditte specializzate.
Una famosa leggenda metropolitana è legata a un certo Ruggeri di Firenze, pollivendolo e appassionato di cucina, che grazie a un preparato che comprendeva panna, zabaione e frutta divenne ben presto famoso, tanto che fece fortuna a Parigi. Egli avrebbe preparato il gelato in occasione delle nozze di Caterina de' Medici ed Enrico d'Orleans. Tuttavia, oltre la leggenda, non esiste traccia di questo avvenimento, presumibilmente inventato dalla storiografia contemporanea.  

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La truffa delle colombe pasquali: multa al pasticciere Cova

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Ah, le famose colombe di Cova! Costose, indubbiamente. Ma la qualità, si sa, ha il suo prezzo. Il tradizionale dolce della Pasqua milanese, prodotto nel laboratorio della celebre pasticceria di via Montenapoleone, ha indubbiamente tutt’altro sapore. E giustifica un esborso pari alla notorietà del marchio. Peccato che la Procura della Repubblica abbia scoperto che i dolci venduti nel locale con il marchio Cova non erano affatto prodotti nel glorioso laboratorio, ma in un qualunque forno esterno, e venivano poi semplicemente marchiati e impacchettati con la storica griffe. Peccato veniale? Mica tanto, soprattutto visto il pesante ricarico effettuato su ogni confezione di colomba. Così i vertici del locale sono finiti sotto inchiesta da parte del sesto dipartimento della Procura della Repubblica, coordinato dal procuratore aggiunto Nicola Cerrato. Ipotesi di reato, truffa in commercio. E, a fronte della evidenza della prova, il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto l’emissione di un decreto penale di condanna a carico del rappresentante legale di Cova. Ammenda di quindicimila euro: una stangata, se si pensa che i dolci «farlocchi » individuati dall’indagine erano solo ventiquattro. Ma la Procura è convinta che il metodo fosse abbastanza radicato. La disavventura di Cova conferma la mancanza di rispetto reverenziale da parte della magistratura milanese nei confronti dei nomi eccellenti della ristorazione milanese: molti dei quali sono finiti sotto inchiesta per violazione delle leggi che regolano la salute e i diritti dei clienti. Anche per loro vale la regola che la Procura si è data: alla prima infrazione scattano l’incriminazione e il decreto di condanna, in caso di recidiva si passa al sequestro del locale.



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Pisanka




Pisanka è il termine polacco che indica un uovo decorato utilizzando una delle tante tecniche di decorazione dell'uovo comuni in est Europa, in particolare tra le popolazioni slave. Queste tradizioni hanno avuto origine nei tempi pagani, e furono trasformate dal processo del sincretismo religioso nelle uova della Pasqua cristiana. Altre culture slave producono uova decorate con dei nomi simili.  

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Pasticcerie storiche siciliane

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Non c'è dubbio che la pasticceria siciliana rispecchia la storia e la cultura di questa regione. Il gradevole sapore dei famosi cannoli, cassate, frutta Martorana, torte al pistacchio ecc., non è possibile spiegarlo a parole se non avete mai avuto l'occasione di poterli assaggiare. Diciamo pure che ogni provincia della Sicilia conserva le proprie tradizioni in fatto di dolci, così come per ogni festa popolare, religiosa e familiare. Un dolce di origine araba è la cassata, a base di ricotta e pasta reale, decorata con frutta candita. È un dolce molto gustoso, diventato nel tempo un dolce pasquale, anche se oggi lo si trova tutto l'anno. Tuttavia ci sono tante pasticcerie, sparse in tutta la Sicilia dove è possibile trovare buonissimi dolci. Leggendo questo post scoprirete quali sono le più importanti pasticcerie storiche siciliane, famose per l'ottima qualità dei loro prodotti.
A Marsala (Tp) troviamo l'Antica pasticceria De Gaetano. Nasce nei primi anni del 900 ad opera di Benedetto De Gaetano, esploratore del gelato artigianale e dell'arte dolciaria siciliana. L'attività decanta una lunga tradizione familiare in questo settore. Esperti nella formazione di frutta martorana, cassate siciliane, dolci di fico, dolci di mandorla, torta paradiso, taralli, biscotti regina e dei monacali (antica ricetta marsalese), sono stati inclusi in diverse pubblicazioni nazionali.
Potete facilmente trovarli in pieno centro della città e nella piazza Mameli.
Nel centro storico di Palermo vicino a La Rinascente abbiamo l' Antica pasticceria Mazzara. Famosi da oltre cent'anni, il locale vanta una grande produzione di prima qualità di prodotti tipici della regione, di gelato artigianale ed inoltre fornisce anche tavola calda.
Conosciuta in tutta Italia e nel mondo, realizza la più buona cassata siciliana della regione.
La Pasticceria Cappello è famosa in tutta Palermo per la qualità del loro cioccolato artigianale.  Nata negli anni '40 inizialmente come bar, riesce a contraddistinguersi per la bontà dei suoi prodotti.
Famosi sopratutto per la realizzazione di cannoli siciliani, bignè, profitterol, cassate e torte gelato, i maestri del Cappello danno continuamente un tocco di creatività ad ogni alimento.  L'attività caratterizzata da un ambiente accogliente ed elegante è situata nel centro storico del capoluogo siciliano in via Colonna Rotta.
Nella parte orientale della regione (Catania, via Cosmo Mollica Alagona) troverete la Pasticceria Siciliana Falanga, fondata nel 1948 da Don Luigi e ad oggi guidata dal nipote. Noti per la realizzazione di prodotti con ingredienti naturali coltivati nelle proprie campagne, si sono evoluti nel tempo portando la loro qualità in tutta Italia. La Pasticceria Falanga è richiesta sopratutto per i cannoli, le cassatelle, la crema di ricotta e croccante al pistacchio.

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Pancake





Il pancake è un dolce tradizionale per la prima colazione nell'America settentrionale e, con molte varianti, in altre parti del mondo.
Si tratta di frittelle simili alle crêpe, ma spesse circa 3,0-5,00 mm. La ricetta prevede l'impiego di burro, farina, latte, vanillina, sale, zucchero e uova. Esistono tuttavia alcune varianti, che vedono anche l'aggiunta di cannella o miele o l'uso dello yogurt al posto del latte. Lo spessore è dovuto alla consistenza dell'impasto e alla presenza del bicarbonato di sodio o di un altro lievito chimico. Generalmente sono dolci, accompagnate da sciroppo d'acero, confettura o burro d'arachidi. Possono essere anche salate, con del burro fuso sul pancake caldo, uova o bacon.
Negli Stati Uniti, i pancake sono anche chiamati hotcake, griddlecake o flapjack; britannici e irlandesi li mangiano tradizionalmente durante il Martedì Grasso, Pancake Tuesday.
Pancake simili a quelli nordamericani, ma più piccoli, sono infatti consumati nelle isole britanniche e vengono chiamati Scotch pancake. In Australia e Nuova Zelanda si chiamano pikelet. Vengono serviti con panna e marmellata o solo col burro. Negli States questo tipo viene chiamato silver dollar pancake. In Scozia vengono raramente serviti a colazione, mentre vengono invece considerati dolci o dessert. I pancake inglesi sono simili alle crêpe francesi, ma la ricetta tradizionale viene accompagnata da zucchero e limone.
Nei Paesi Bassi la parola pannenkoek è traduzione letterale di pancake. Gli ingredienti sono gli stessi delle crêpe francesi, ma si cucinano meno sottili. Vengono consumati come seconda colazione e in genere i ristoranti che vendono pannenkoeken separano la lista di quelli salati (con formaggio, prosciutto, cipolle, zenzero) da quelli dolci (con marmellata, uvetta, frutta). Per il pannenkoek semplice sono sempre a disposizione sul tavolo sciroppo di zucchero e zucchero a velo.
Anche in Argentina, Cile ed Uruguay sono molto diffusi e si riempiono con dolce di latte o manjar e vengono chiamati panqueque.


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Clafoutis





Il clafoutis, o clafouti, è un dolce cotto al forno composto da ciliegie nere annegate in una pasta simile a quella delle crêpes. È un dessert originario del Limosino. Il clafoutis si è diffuso nel XIX secolo. Il nome deriva dall'occitano clafotis, dal verbo "clafir" che significa riempire, sottinteso "di ciliegie". Secondo Alain Rey il nome del clafoutis proviene dall'incrocio del verbo latino "clavum figere" che significa "conficcare un chiodo" nel senso di riempire, e di un derivato in "eiz" del verbo "foutre", "mettere, ficcare".
Esistono molte varianti, con diversi tipi di frutta, quali pere, mele, albicocche, pesche, prugne e altri, anche con aggiunta di frutta secca, le quali prendono il nome più specifico di flaugnarde. Esistono anche varianti salate, in cui al posto dello zucchero si mette formaggio grattugiato, ed al posto della frutta verdura cotta (funghi, spinaci, bietole, cavolfiori, ortiche). Un'ulteriore variante è di utilizzare, al posto della farina pane raffermo senza crosta bagnato di latte o succo di frutta. È un modo elegante di riciclare avanzi. Le signore che cucinano spesso clafoutis, pietanza piuttosto facile, vengono chiamate "clafouteuses".

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Gaufre

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La gaufre, altrimenti nota come wafel e waffle, è un dolce a cialda (che ne è la traduzione esatta), croccante fuori e morbido dentro, cotto su doppie piastre roventi che gli conferiscono il caratteristico aspetto goffrato (vale a dire, una superficie a grata).
Ne esistono diverse varianti, tipiche del Belgio, della Francia, della Germania, della Scandinavia e dei Paesi Bassi. In Italia esiste un dolce pressoché identico nella tradizione abruzzese e molisana, chiamato ferratella, nella Alta Val Chisone e nella Alta Val di Susa esistono dei dolci simili chiamati gofri ed in Canavese una preparazione assimilabile prende il nome di "ofela" o "canestrel".
Suo "parente prossimo" è il pancake e della stessa famiglia fanno parte le crespelle e i biscotti croccanti, come le tegole dolci.
Si ritiene che le gaufre abbiano origine nell'antica Grecia, dove sono state identificate con le cialde chiamate ὀβελίας obelías. Nel Medioevo i cuochi cucinavano frequentemente tortine chiamate gaufre, che in francese antico significa "nido d'ape", e le fonti suggeriscono che venissero consumate con il formaggio o con il miele.
Anche a Malta e Gozo nel XII secolo si preparavano waffle che venivano venduti fuori dalle chiese, specialmente durante le feste. Venivano cotti con ferri per waffle, due piatti metallici circolari fissati assieme con braccia di circa 80 cm per poterli posizionare direttamente sul fuoco.
Nel dizionario tedesco dei fratelli Grimm, edito nella prima metà del 1800, si cita l'esistenza del dolce e si tratta in modo dettagliato della sua composizione. In diverse testimonianze dell'epoca ne viene riportata la diffusione a partire dalle regioni del Reno confinanti con la Francia. Secondo i Grimm, la parola wafel in olandese si diffonde a partire dal XV secolo, e si consolida in Germania come Waffel dal XVII secolo, probabilmente con un etimo legato alla tessitura. Il sostantivo in inglese americano, waffle, giunge attraverso il termine olandese nel XVIII secolo.
Le gaufre, come altre preparazioni simili, erano un augurio di buona fortuna e buona salute e venivano preparate tradizionalmente per la festa della Candelora e per il Martedì Grasso, ultimo giorno di Carnevale prima della Quaresima. Le piastre per gaufre comparivano in molte doti familiari come dono e augurio di nozze felici.
Successivamente, i Padri Pellegrini soggiornarono brevemente nei Paesi Bassi prima di fare rotta verso le colonie d'America, e qui appresero come preparare ciò che loro chiamarono wafel, cioè le tortine a nido d'ape con i ferri roventi detti poffer. Portarono questa ricetta in America e lì le gaufre si diffusero con il nome di waffel e poi più comunemente waffle. Lo stesso Thomas Jefferson, secondo la Monticello Historical Society, portò con sé i ferri da gaufre dalla Francia. Non è noto quando esattamente si sia iniziato ad aggiungere il lievito all'impasto o se questo sia sempre stato presente, ma si presuppone che il lievito chimico sia stato inserito nella ricetta non prima di due secoli fa, poiché venne messo a punto solo nel 1800.
Esistono numerosi tipi di piastre che cuociono gaufre a forma di cuore, di fiore, di cerchio, o di pupazzetto e nuove versioni si diffondono sempre più.
Le gaufre del Belgio sono di due tipi diversi: quelle di Bruxelles hanno un contorno perfettamente rettangolare e un impasto a base di latte, acqua, burro, uova, farina, zucchero, lievito di birra e aromi (vaniglia). Sono delle gaufre poco dolci, solitamente spolverate con zucchero a velo o servite con della panna montata (e/o frutto e gelato). Le gaufre di Liegi hanno contorno smussato, a nido d'ape, e impasto a base di farina, poche uova, latte, burro (o margarina), lievito di birra, un pizzico di sale, zucchero vanigliato e zucchero in grani (sucre perlé), un tipo particolare di zucchero, a forma di perle appunto, che non si scioglie nell'impasto. Sono gaufre decisamente più dolci di quelle di Bruxelles e si mangiano solitamente senza accompagnamento.
In Belgio sono particolarmente gradite come doni in occasione del Sint Maartens Dag, cioè del giorno di San Martino (11 novembre). Si accompagnano a zucchero a velo, sciroppi, panna, marmellata, frutta, noci, nocciole, mandorle, cioccolata, burro, ma anche al salato (pesce, formaggio, carne).
I waffle sono la versione nordeuropea (scandinava) e statunitense delle gaufre. Inizialmente venivano preparate senza lievito naturale perché produrlo e conservarlo era difficile e richiedeva cure che non sempre i coloni potevano dedicare.
Venne aggiunto successivamente il lievito chimico ed è per questo che i waffle sono più bassi e meno soffici delle Gaufre, ma più facili e veloci da preparare: il lievito chimico non richiede attesa per la fermentazione, come invece il lievito di birra.
A differenza di quello delle gaufre che è quasi solido, l'impasto dei waffle è quasi liquido e richiede dei mestoli per essere portato sulla piastra calda.
Si accompagnano di solito a panna acida e marmellata, ma è possibile gustarle anche con sciroppo d'acero, melassa, panna, frutta, cioccolata, burro, noci, nocciole, mandorle, decorazione alla fragola.
Il gòfri (scritto anche gôfre, gaufre o gofri) è una cialda simile al waffle, specialità dell'Alta Val Chisone e Alta Val di Susa in provincia di Torino. L'impasto di queste cialde veniva fatto cuocere in inverno e mangiato in sostituzione del pane, in quanto le popolazioni montane avevano difficoltà a scendere a valle per panificare. L'impasto è composto da acqua, farina, lievito e sale a cui possono essere aggiunti latte e uova. Nel frattempo si preparano i ferri (goufrìe o fer à gaufre), due piastre di ghisa incise con il caratteristico reticolo e sovrapposte, simili a quelle che nella tradizione cattolica, erano utilizzate per la produzione delle ostie. Le piastre vengono prima riscaldate sulla stufa, poi unte con un grosso pezzo di lardo non salato infilato in un forchettone.
La versione più rustica e povera prevede l'uso della cipolla. L'impasto, una volta lievitato, viene posto all'interno dei ferri che vengono chiusi e girati in modo regolare sul piano riscaldato in modo da ottenere una doratura uniforme. I gòfri iniziarono ad essere prodotti alla metà dell'XIX secolo, importati dalla Francia. Un tempo erano utilizzati per accompagnare il pasto o anche da soli, come il pane; oggi sono più spesso abbinati a prodotti dolci (confetture e marmellate, miele, cioccolato) o salati (salumi e formaggi).

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Plăcintă



La Placinta è un dolce che fa parte della pasticceria tradizionale romena, moldava e ucraina simile ad un sottile, piccola torta rotonda o di forma quadrata, di solito piena di mele o di un morbido formaggio come l'Urda.

La parola plăcintă deriva dal latino placenta, che significa "torta", dal greco πλακοῦς plakoûs, πλακουντ- plakount- "torta piatta".

Come si evince dall'etimologia della parola, la plăcintă ha le sue origini nell'Antica Roma, e risale a quando la Romania faceva parte dell'Impero Romano, vedi Torta alla placenta.

Gli antichi fornai greci preparavano il loro pane con olio d'oliva, erbe aromatiche e formaggio. Il segreto per fare i dolci fu dato ai romani durante l'invasione. All'inizio c'erano solo due varietà di torte, chiamate il libum e la placenta. Il libum era una piccola torta, usata come offerta agli dei. Per quanto riguarda la placenta, i romani svilupparono la ricetta come un dolce a base di farina fine ricoperta di formaggio, miele e profumate foglie di alloro. I fornai romani antichi usavano preparare una grande placenta che veniva tagliata in quadrati per essere messa in vendita.Questo è il modo in cui i rumeni continuano a preparare la loro plăcinta.

  • plăcintă cu mere è pieno di mela.

  • plăcintă cu brânză è ripieno di formaggio di pecora o di mucca, come il telemea .

  • plăcintă cu cartofi è ripieno di patate.

  • plăcintă cu urdă è ripieno di ricotta e aneto, o uvetta.

  • plăcintă cu ciocolată è ripieno di cioccolato .

  • plăcintă clătită (letteralmente "torta sciacquata"), oggi chiamata semplicemente clătită , è lavarietà di frittellerumenesimile alla crêpe , conosciuta anche in altri paesi dell'Europa orientale e centrale come palatschinke.


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Torta di Kiev

 


Una torta di Kyiv (in ucraino: торт "Київський") è una marca di torta da dessert, prodotta a Kiev, Ucraina, URSS dal 6 dicembre 1956 dalla fabbrica di dolciumi Karl Marx (ora sussidiaria della società Roshen). Divenne presto popolare in tutta l'Unione Sovietica.

La torta è diventata uno dei simboli di Kiev, in particolare per il nome del marchio e la confezione, raffigurante la foglia di ippocastano, lo stemma informale di Kiev.

La torta ha due strati ariosi di meringa con nocciole, glassa al cioccolato e un ripieno simile alla crema al burro.

Una volta i pasticceri si sono dimenticati di mettere un po' di albume per il biscotto in una cella frigorifera. La mattina dopo lo chef Kostyantyn Petrenko, con l'aiuto dell'assistente diciassettenne Nadia Chornohor, per nascondere l'errore dei suoi colleghi, ha spalmato torte ghiacciate con crema al burro, cosparse di polvere, decorate con ornamenti floreali.

La ricetta della torta di Kiev è cambiata nel tempo: negli anni '70, i fornai hanno perfezionato il processo di preparazione della miscela di albumi e noci, quindi hanno iniziato ad aggiungere la nocciola nella torta e hanno iniziato a sperimentare con arachidi e anacardi. Tuttavia, queste costose noci hanno aumentato il costo della torta, quindi la fabbrica è tornata a utilizzare le nocciole.

Le noci vengono fritte, tritate finemente e mescolate con la farina. Montare gli albumi, aggiungendo gradualmente lo zucchero e la polvere di vaniglia. Entrambe le miscele sono combinate. L'impasto risultante viene steso su carta in uno strato uniforme di 0,6-0,7 cm di spessore e cotto a 150-160 ° C. Le torte cotte vengono essiccate per 12 ore a 25-30 ° C, quindi la carta viene separata da esse inumidendola con acqua. Le torte vengono spalmate con crema al burro al cioccolato e assemblate. Anche i lati sono ricoperti di crema e vengono applicate briciole dai resti delle torte. La parte superiore è rifinita con crema al burro colorata (immagine di un castagno in fiore) e decorata con frutta e canditi.











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