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Graffe napoletane

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Le graffe napoletane sono ciambelle fritte ricoperte di zucchero con una base di farina e patate. Tipiche della cucina campana, vengono preparate nel periodo del carnevale anche se reperibili durante tutto l'anno.

Storia
L’arrivo di questi dolci in Campania si fa risalire al periodo della dominazione austriaca, in seguito al trattato di Utrecht, nel corso del XVIII secolo. Le graffe, infatti, sono una rielaborazione dei Krapfen austriaci, piccoli impasti fritti ripieni di confettura.

Etimologia
Da non confondere con il krapfen austro-tedesco, i due dolci hanno comunque una parentela etimologica. Secondo dizionari quali DELI e Gradit, il termine graffa (o grappa) deriva infatti dal longobardo krapfo (krappa in gotico) ovvero uncino. Termine che, precedentemente a un mutamento fonetico, in tedesco antico era utilizzato per indicare l'aspetto che la frittella di pasta dolce assumeva in origine.

Lievitazione
La lievitazione dell'impasto delle graffe napoletane è scomposta in quattro momenti diversi, di due ore circa ciascuno. Il rispetto di questi tempi è fondamentale per ottenere la consistenza soffice finale delle ciambelle.





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Grano cotto

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Il grano cotto (u grane cuutt in dialetto) è un dolce tipico della città di Foggia, e Canosa di Puglia che viene preparato mescolando assieme grano bollito, vin cotto, chicchi di melograno, noci, cannella. Alcune ricette prevedono anche l'aggiunta di cioccolato.
Il dolce è il simbolo culinario cittadino della Commemorazione dei defunti, tant'è che ve viene anche chiamato Grano dei morti.


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Come si fa la torta barozzi?

Per esercizio di stile specifico che non si può fare in casa la torta barozzi ma solo la torta tipo barozzi, in quanto si tratta di un marchio registrato e la ricetta "segreta" è custodita dalla Pasticceria Gollini di Vignola.

La vera torta barozzi si trova solo in pochissime pasticcerie/negozi di gastronomia e costa più o meno come il platino.
L'ho sentita in un paio di occasioni e posso dichiarare apertamente che alcune "copie" reggono il confronto tranquillamente (e non è necessario accendere un mutuo prima di mangiarle).

Tornando alla domanda, ci sono moltissime ricette su internet da cui si può attingere, francamente non mi sono mai cimentato.

Stiamo comunque parlando di un dolce a base di arachidi, mandorle, cioccolata fondente e caffè.
Il tutto ben amalgamato con uova, zucchero burro e grappa (ebbene si, la grappa si mette nei dolci).

La barozzi ha il peso specifico del piombo e una quantità di calorie tali da uccidere un ippopotamo però è buonissima.




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Grattachecca

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La grattachecca è un alimento rinfrescante tipico e molto comune della città di Roma.
È preparato con ghiaccio grattato a neve al quale vengono aggiunti uno o più sciroppi (amarena, tamarindo, menta, orzata, cocco, limone...) o succhi di frutta. Molti lo gradiscono durante le giornate estive e le calde serate romane.
Deriva il suo nome dal verbo grattare e da checca, termine con il quale un tempo si identificava il grosso blocco di ghiaccio utilizzato per refrigerare gli alimenti quando ancora non esistevano i frigoriferi.
A differenza della granita che viene prodotta con acqua mescolata a sciroppi o succhi e messa a congelare, la grattachecca è composta da ghiaccio grattato da un singolo blocco di grandi dimensioni, anche fino a un metro di lunghezza (si suole dire che più è lungo il blocco di ghiaccio più viene buona), con un apposito raschietto provvisto di una camera vuota posteriore che consente di accumulare il ghiaccio grattato così ottenuto. Il contenuto della camera è generalmente sufficiente per riempire un bicchiere e una volta riempito il bicchiere con il ghiaccio così ottenuto viene aggiunto succo di frutta o sciroppo.
Un tempo alimento molto comune nelle giornate estive in Roma, negli anni è stato sostituito da più semplici granite, realizzate con macchinari che prendono acqua mescolata a sciroppi e la congelano mescolando continuativamente e impedendo all'acqua di formare un blocco unico o da una versione moderna della grattachecca consistente in cubetti di ghiaccio tritati con un tritaghiaccio elettrico ai quali viene aggiunto poi succo di frutta o sciroppo. A Roma solo pochi chioschi oramai preparano la grattachecca con ghiaccio grattato da un singolo blocco e non con cubetti di ghiaccio tritati.
Resta d'uso comune su molte spiagge d'estate, dove è possibile acquistarla da venditori ambulanti muniti di carretto.
Quest'alimento un tempo era molto diffuso in tutta la penisola, il nome corretto in italiano è "ghiacciata", a volte è chiamato impropriamente granatina, a Napoli è chiamato con il nome di "'rattata", a Palermo come "grattatella" e a Bari come "grattamarianna", mentre in Calabria è presente la "scilupetta", molto simile, che però usa neve fresca e succo di fichi.




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Kiachln

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I Kiachln sono un dolce della tradizione culinaria trentina, poco diffuso nel resto dell'Italia, preparato e consumato generalmente in occasione del periodo natalizio.
I Kiachln sono una sorta di ciambelle fatte di pasta lievitata e fritta in olio bollente; (una variante presenta una forma di frittella tonda con una conca al centro da riempire con marmellata) Anche se gli ingredienti e la preparazione sono molto semplici, ci sono enormi differenze di gusto e qualità a seconda del cuoco. Di solito sono fatto solo in occasioni speciali, ma nel periodo di Natale sono sempre di stagione.

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Lacabòn

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Il lacabòn (o lecabòn) è un dolce artigianale tradizionale di Alessandria.
È fatto a forma di bastoncino impastando il miele insieme allo zucchero.
Si vende a Sant'Antonio (17 gennaio), e specialmente a Santa Lucia (13 dicembre) nell'omonima piazzetta.
Facendo un breve viaggio nella storia di questo dolce non si può non ricordare "il decano dei fabbricanti di lacabòn", Leonardo Fortino, scomparso nel 2004, che imparò l'arte dal nonno e dal padre, custode in casa del calderone in cui bollire l'impasto e del chiodo su cui tirarlo e stirarlo.

Riconoscimenti
Il lacabon (chiamato anche leccabon) ha ricevuto la Denominazione comunale d'origine dal comune di Alessandria.

Abbinamenti consigliati
  • L'Alta Langa spumante rosato
  • Monferrato Chiaretto (o Ciaret)
  • Vini da dessert.



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Perché il panettone si chiama così?

Perché il panettone si chiama così?



Lo spiega una leggenda, praticamente deriva dalla frase Pan di Toni.

Il panettone è uno dei dolci tipici del Natale, ma pochi conoscono la sua vera storia. In realtà le origini di questa delizia si perdono nel tempo e la nascita del panettone è legata a numerose leggende. La più famosa narra che il panettone sarebbe nato alla corte di Ludovico il Moro, signore di Milano nel lontano XV secolo. Era la Vigiliaa di natale quando, in occasione del banchetto, il cuoco ufficiale della famiglia Sforza bruciò inavvertitamente un dolce. Per recuperare la situazione Toni, lo sguattero che lavorava in cucina, decise di utilizzare un panetto di lievito che aveva tenuto da parte per Natale. Lo lavorò aggiungendo farina, uova, uvetta, canditi e zucchero, ottenendo un impasto particolarmente lievitato e soffice.

Il dolce venne apprezzato così tanto che la famiglia Sforza decise di chiamarlo 'pan di Toni" da cui deriverà nei secoli a venire il termine “panettone”. Questa però non è l’unica leggenda legata a tale dolce natalizio, perché secondo altre storie ad inventarlo sarebbe stata suor Ughetta oppure Ughetto degli Atellani.

L’unica certezza è che il panettone è nato nel medioevo ed è legato alla tradizione, che vigeva all’epoca, di preparare in occasione del Natale dei pani molto ricchi, che venivano serviti dal capofamiglia ai commensali.
Per gli storici le prime prove documentali sull’esistenza del panettone risalgono al 1606. In quel periodo infatti il Dizionario milanese-italiano parla del “panaton de danedaa”. A quell’epoca era molto basso e non lievitato, simile al pandolce di Genova. Nell’Ottocento la ricetta venne perfezionata e il dolce prese il nome di “panattón o panatton de Natal”.

La forma attuale del panettone venne infine ideata negli anni Venti, quando Angelo Motta, prendendo ispirazione dal kulic, un dolce ortodosso che si mangia a Pasqua, decise di aggiungere nella ricetta anche il burro e di avvolgere il dolce nella carta paglia rendendolo come lo vediamo oggi.


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Cos'è la cottura alla cieca o cottura in bianco e come si fa?

È una cottura in due fasi che si usa per certe torte salate o crostate, ad esempio quelle con crema pasticcera da forno o altre creme a base di uova.

Nella prima fase si porta la cottura del guscio di frolla a metà, e per evitare che la base si deformi si riempie con riso o fagioli… per questo motivo si chiama "alla cieca" perché non vedi il fondo.

Nella seconda fase la base si porta a cottura completa con la crema dentro. La crema deve essere ancora abbastanza liquida, perché la sua cottura si completerà in forno.

A cosa serve spezzare il processo in due fasi? Nella prima fase ci assicuriamo la cottura completa della frolla, che è più lunga e necessita un ambiente più "arieggiato". Nella seconda fase completiamo la cottura della crema a base di uovo (versata liquida si stende meglio) ma senza avere quel retrogusto di frittata tipico delle creme troppo cotte.

Ecco qui la foto di uno dei miei cavalli di battaglia, la tarte aux pommes alla francese, un tipo di crostata che richiede la cottura alla cieca… perché sotto le mele c'è uno strato di crema pasticcera!!




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Laciada

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La laciada è una ricetta tipica lombarda, diffusa in tutto il territorio comasco. Sebbene sia propriamente una merenda, può essere anche considerata un dolce. È una frittella composta da latte, farina bianca, sale, olio (solitamente di semi), zucchero. Si tratta di una variante povera di un'altra ricetta tipica, la cutizza, in cui all'impasto si aggiungono uova e scorza di limone.



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Lingue di gatto

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Le lingue di gatto sono biscotti della tradizione europea che accompagnano spesso creme, macedonie e gelati.
La loro forma stretta ed allungata ricorda la lingua di un gatto. In Italia si trovano comunemente nelle pasticcerie e nei forni. A differenza di altri paesi, come Germania e Austria, la ricetta italiana non prevede l'uso di cioccolato. Esiste una variante chiamata "Lingue feline arrotolate", sono lingue di gatto arrotolate appena uscite dal forno (quando sono ancora morbide) e riempite di crema di cioccolato.

Ricetta
Ingredienti
  • 100 g di burro
  • 100 g di farina 00
  • 100 g di albumi
  • 100 g di zucchero

Procedimento
Lasciare ammorbidire il burro un paio d'ore fuori dal frigorifero e montare 2 albumi a neve. Lavorare con un cucchiaio di legno il burro, lo zucchero e la vaniglina fino ad ottenere un impasto omogeneo e cremoso, aggiungere l'albume rimasto, mescolare e versare la farina a setaccio. Per ultimo incorporare gli albumi montati a neve. Con l'aiuto di una siringa da pasticcere formare delle striscette di 5 o 6 cm su una placca ricoperta di carta forno. Cuocere a 200 °C per pochi minuti (i bordi devono colorarsi).



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Lonzino di fico



Il lonzino di fico anche chiamato lonza di fico, lonzetta di fico o salame di fico è un dolce tipico marchigiano, prodotto principalmente nella provincia di Ancona.
Il lonzino di fico è riconosciuto prodotto agroalimentare tradizionale delle campagne marchigiane dove un tempo si coltivavano fichi in grande abbondanza e che erano divenuti una vera rarità: per salvaguardare e rilanciare questa produzione tradizionale nel 1999, Slow food ha deciso di costituire un Presidio.


Caratteristiche

Di forma cilindrica con una lunghezza tra 15 e 20 centimetri e circa 6 di diametro, si presenta avvolto da foglie di fico legate con fili proprio come una lonza. Al taglio il prodotto mostra un colore bruno-dorato con inserti chiari di frutta a guscio disseminati nella pasta. Il sapore è gradevole e dolce, si percepisce nettamente il gusto del fico essiccato, con un forte sentore di frutta a guscio.


Metodo di ottenimento

Si ottiene macinando insieme fichi "dottati" oppure "brogiotti", seccati, con piccoli pezzi di noce, mandorle, semi di anice stellato e spesso anche pezzetti di cedro. Talvolta può essere aggiunta della sapa o del mistrà. L'impasto così ottenuto viene modellato finché non assume la forma di una lonza e viene poi avvolto nelle foglie.
Il lonzino va degustato a fine pasto, tagliato a fettine o accompagnato con un formaggio abbastanza stagionato e abbinandolo a un vino passito.



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Baxin d'Albenga

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Il Baxin d'Albenga è un dolce tipico della zona albenganese, in Liguria. Sono dei dolci fatti con farina e zucchero e aromatizzati da chiodi di garofano, cannella, e scorza di limone.
È un dolce molto antico, già in epoca settecentesca veniva prodotto e venduto dai frati benedettini liguri. L'origine dei Baxin si perde nel passato. Sono nati da un errore di ricetta di un altro dolce simile, attorno appunto alla fine del Settecento.
I Baxin sono composti da pochi ingredienti. Non contengono burro, uova, conservanti. La loro semplicità li ha resi abbastanza famosi. Il loro aroma risulta di zucchero, miele, limone, con un accento marcato di finocchio selvatico.
I Baxin possono essere accompagnati con vino bianco, rosso oppure marsalato.

Vengono comunemente scambiati coi Baci di Alassio, cui differiscono in tante caratteristiche. I Baci di Alassio sono costituiti infatti da farina di nocciole e cioccolato, e hanno un colore nero, a differenza dei Baxin che sono bianco-giallognoli.


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Perché molti detestano il periodo natalizio?

 




Perchè è una pagliacciata di convenzione sociale in cui tutti diventano frenetici e isterici che sembra debba finire il mondo… una recita in cui tutti fanno finta di fare qualcosa animati da uno spirito positivo mentre invece lo fanno solo perchè devono… una cosa che ormai ha perso qualunque significato… personalmente poi, io ho sempre lavorato durante il periodo natalizio e ho sempre avuto a che fare con una marea di gente che (essendo a casa) veniva in preda all'isterismo, quindi arrivavo al 2 gennaio completamente distrutto e immediatamente ricominciava tutto da capo… inoltre si sono chiuse 2 relazioni importanti durante il periodo natalizio, dunque ragione in più per avere solo ricordi negativi legati a questo periodo… per non parlare del freddo e del buio alle 4 del pomeriggio, io che adoro l'estate e vivrei al mare con 30° tutto l'anno… veramente detesto questo periodo.


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Lu serpe

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La Serpe, anche chiamata Lu serpe o il serpe è un dolce natalizio tipico marchigiano, noto in particolare nel fermano e nel maceratese, composto da una frolla esterna ed un ripieno di cioccolato, estesi in modo da ricordare la forma di un serpente.
Questo dolce è preparato in modo del tutto artigianale seguendo due varianti principali: nella prima è di colore bianco (versione tipica del paese di Monte San Pietrangeli e dintorni), nella seconda è di colore scuro (versione tipica del paese di Falerone e dintorni). È tipico anche della cittadina di Cingoli.

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