Lo Sfratto di Pitigliano non è soltanto un dolce della tradizione maremmana, ma un vero e proprio documento gastronomico che racchiude memoria, identità e resilienza culturale. Si tratta di una preparazione che nasce dall’incontro di popoli e religioni, che si è tramandata nei secoli come simbolo della comunità ebraica toscana e che ancora oggi racconta, attraverso il suo gusto intenso, una storia di dolore trasformata in speranza e condivisione. A prima vista appare come un cilindro dorato di pasta fragrante che cela al suo interno un ripieno avvolgente di noci, miele, scorze di agrumi e spezie, ma dietro quella semplicità si nasconde un universo di significati storici e sociali.
Il nome curioso di questo dolce ha origini lontane e non casuali. La parola “sfratto” evoca infatti un atto doloroso: il trasferimento forzato degli ebrei nei ghetti. Nel 1622, il Granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici emanò un editto che obbligava gli ebrei residenti nei borghi di Pitigliano, Sovana e Sorano ad abbandonare le proprie case per essere confinati nel ghetto di Pitigliano. Per intimare l’ordine, i messi battevano alle porte con un bastone, simbolo della coercizione e della perdita di libertà.
Un secolo più tardi, la comunità ebraica di Pitigliano decise di trasformare quel ricordo doloroso in un gesto di memoria e identità culturale. Nacque così il dolce chiamato Sfratto, dalla forma allungata che ricorda proprio un bastone, ma riempito con un cuore dolce e profumato: un modo per sublimare l’umiliazione in un prodotto che potesse unire tradizione e resilienza. Questa scelta è emblematica della capacità di trasformare il dolore in creatività, un tema ricorrente nella storia gastronomica ebraica.
La ricetta dello Sfratto di Pitigliano è profondamente legata alla terra di Maremma e alle abitudini alimentari dell’epoca. Il guscio esterno è realizzato con un impasto semplice a base di farina, uova, zucchero, olio o strutto e vino bianco, che viene steso e arrotolato attorno a un ripieno ricchissimo.
Il cuore del dolce è un insieme di ingredienti che simboleggiano l’abbondanza e la prosperità:
Miele, alimento sacro e ancestrale, dolcezza che avvolge e conserva.
Noci, simbolo di forza e fertilità, presenti in molte ricette contadine e festive.
Scorze di arancia e limone, che aggiungono freschezza e profumo.
Spezie come anice e noce moscata, richiami ai commerci mediterranei e alla tradizione ebraica.
La miscela, una volta amalgamata e racchiusa nel guscio dorato, sprigiona un profumo che invade le cucine e le feste tradizionali, diventando una presenza immancabile durante le celebrazioni del Capodanno ebraico (Rosh Hashanah) e delle ricorrenze locali.
La preparazione dello Sfratto di Pitigliano richiede cura e pazienza, ma restituisce un risultato che conquista chiunque lo assaggi.
Ingredienti per circa 4 dolci
500 g di farina 00
2 uova
150 g di zucchero
100 ml di vino bianco secco
80 ml di olio extravergine d’oliva (o strutto, nella versione più antica)
un pizzico di sale
Per il ripieno:
400 g di miele
300 g di noci sgusciate
50 g di scorze d’arancia candite
1 cucchiaino di semi d’anice
una grattugiata di noce moscata
scorza grattugiata di un limone
Procedimento
Preparare l’impasto: in una ciotola capiente setacciare la farina, unire le uova, lo zucchero, il vino bianco, l’olio e un pizzico di sale. Lavorare fino a ottenere un impasto liscio ed elastico, da far riposare coperto per circa 30 minuti.
Preparare il ripieno: scaldare il miele a fuoco basso, unire le noci tritate grossolanamente, le scorze candite, i semi d’anice, la noce moscata e la scorza di limone. Mescolare finché il composto non diventa denso e aromatico, quindi lasciare raffreddare.
Formare i cilindri: stendere l’impasto in rettangoli sottili, disporre al centro una parte del ripieno e arrotolare bene sigillando i bordi. Il risultato deve ricordare un bastone allungato.
Cottura: disporre i cilindri su una teglia rivestita di carta forno e cuocere a 180 °C per circa 30-35 minuti, finché la superficie non appare dorata.
Riposo: lo sfratto migliora se consumato il giorno successivo, quando i sapori si amalgamano perfettamente.
Il risultato finale è un dolce dal guscio friabile e un ripieno denso, profumato, che unisce dolcezza e speziatura in un equilibrio unico.
Lo Sfratto di Pitigliano è un dolce che si presta a degustazioni accompagnate da vini da dessert tipici della Toscana. Le sue note di miele e spezie trovano un’armonia perfetta con il Vin Santo o con l’Aleatico dell’Elba Passito, vini dolci e strutturati che ne esaltano la ricchezza aromatica. Per chi preferisce i rossi da meditazione, può essere abbinato a un Morellino di Scansano Riserva con qualche anno di affinamento, capace di bilanciare la dolcezza con una leggera tannicità.
In chiave moderna, lo sfratto può essere servito anche a fine pasto con un bicchierino di grappa morbida o di rum agricolo, che valorizzano la componente speziata e agrumata del ripieno. Interessante anche la possibilità di abbinarlo a un caffè espresso intenso, che ne pulisce il palato e ne esalta la persistenza.
Oggi lo Sfratto di Pitigliano è inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) della Toscana e continua a essere preparato sia nelle case delle famiglie ebraiche che nelle pasticcerie locali. A Pitigliano, soprannominata la “piccola Gerusalemme” per la storica presenza della comunità ebraica, il dolce rappresenta una testimonianza viva di integrazione e memoria. Nonostante la ricetta originale sia stata reinterpretata nel tempo, l’essenza resta invariata: raccontare attraverso il cibo una vicenda storica complessa, trasformandola in un messaggio di continuità e condivisione.
Ogni morso dello sfratto è dunque un viaggio nel passato, una celebrazione della memoria collettiva e della capacità di una comunità di reagire alle avversità con dignità e creatività.
Lo Sfratto di Pitigliano non è solo un dolce da gustare, ma un atto culturale da tramandare. Un dolce che parla di identità, resilienza e dialogo, capace di raccontare la storia di una comunità attraverso un involucro fragrante e un ripieno che profuma di miele, noci e spezie. Prepararlo e assaggiarlo significa non solo entrare in contatto con la tradizione gastronomica della Maremma, ma anche rendere omaggio alla memoria storica di Pitigliano e della sua comunità ebraica.
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